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Liberazione di silvia romano

Il riscatto di una persona contro il riscatto delle coscienze

Ha creato un vero e proprio polverone il caso di Silvia Romano, la giovane ragazza rilasciata dopo 18 mesi di prigionia nel continente africano dopo il pagamento di un presunto riscatto. Non tutti hanno gioito, alcuni hanno insultato, altri hanno intimorito, altri ancora son cauti e attendono maggior chiarezza sul caso prima di esporsi. Il vero punto di dibattito non è stato tanto la bellezza del rilascio di una ragazza, la conclusione di un rapimento e il ritorno alla libertà di una donna, bensì i soldi che sarebbero stati dati al gruppo terroristico per il rilascio di Silvia Romano. Sulla cifra non ci sono certezze e in realtà nemmeno sul riscatto dato che il ministro Luigi Di Maio ha negato il pagamento per la liberazione, ciò nonostante si è parlato fin da subito di 4 milioni di euro dati al terrorismo, cifra che poi è stata rivalutata, lasciando però attorno a sé un alone di incertezza.

L’indignazione si è percepita fin da subito, fra chi diceva che i soldi spesi per la vita della ragazza devono essere restituiti dalla sua stessa famiglia, fino ad arrivare a coloro che, senza un minimo di vergogna, hanno minacciato di morte una giovane donna vittima di essere andata in territorio straniero per portare solidarietà.

Il punto cruciale è: sono davvero i soldi a divenire il peso della bilancia di questo caso? Veramente sono 4 presunti milioni di euro a diventare la lancia di giudizio con cui trafiggiamo la storia di un rapimento? Sicuramente fa paura pensare che delle ingenti somme di denaro vengano utilizzate da gruppi terroristici, eppure perché non siamo così indignati quando sentiamo che milioni di euro sono stati dati alle mafie attraverso vie poco chiare? Perché sapere che in cinque anni sono stati sottratti dalle mafie beni pari a 18 miliardi di euro, non ci rende gioiosi e tristi al contempo: felici perché quelle ricchezze sono state loro sottratte, ma cupi in quanto i soldi erano in mano a gente che uccide un paese?

Alcuni si indignano perché lo Stato ha salvato la vita di una ragazza, altri trovano ripugnante l’idea che lo Stato possa aver pagato un riscatto per liberare una donna, i più sciocchi e cattivi minacciano di morte chi è sopravvissuto.

Forse per una volta il denaro è stato usato per salvare una vita, non per troncarla. Certamente possiamo affermare che 4 milioni di euro potevano aiutare un’intera comunità, un ospedale, delle famiglie, eppure sono stati usati per salvare Silvia e non si può provare rancore per questo. Quattro milioni di euro verranno usati per finanziare il terrorismo e uccidere innocenti? Forse sì, eppure quando avviene una strage in Nigeria, Siria, Afghanistan non si sente tanta indignazione come in questo caso. Forse il problema è che se pensiamo al terrorismo ci viene in mente il Bataclan, Nizza, Charlie Hebdo, Bruxelles… sanguinosi attentati avvenuti vicino a noi e temiamo che quei 4 milioni possano colpire noi stessi, la nostra famiglia, le nostre città. Siamo però ignari che, costantemente, vengono fatti attacchi terroristici in oriente, eppure non siamo indignati per questo, non ci mobilitiamo sui social, stiamo zitti e in silenzio. A inizio marzo, a Kabul, un attacco terroristico ha ucciso quasi 30 persone: quanto clamore ha fatto questa notizia? Anche pochi giorni fa, sempre a Kabul, l’Isis ha rivendicato un attacco in un ospedale gestito da Medici Senza Frontiere che ha causato diverse vittime, fra cui due neonati. Quanta indignazione ha creato questa vicenda?

Ci concentriamo sui soldi pubblici usati per un presunto riscatto e per giustificare la nostra indignazione affermiamo che “lo Stato Italiano ha finanziato il terrorismo islamico”, ma quando lo stesso terrorismo uccide Paesi lontani da noi, popoli a noi distanti, allora abbassiamo lo sguardo. Forse il problema non è il terrorismo in generale, bensì la paura che quel terrorismo si possa avvicinare a noi, qui, in Europa, e finché rimane confinato in altri continenti allora possiamo limitarci ad ignorare la sua esistenza. Forse alcuni sentono che il popolo italiano è complice del terrorismo dopo il pagamento di un riscatto, ma non siamo altrettanto complici nel momento in cui vediamo la violenza e la morte sui popoli lontani e ciò nonostante voltiamo lo sguardo?

La domanda è: il vero problema sono i soldi usati per salvare Silvia Romano o l’incapacità di capire perché una ragazza è andata in Africa per aiutare un popolo a casa sua? Ma soprattutto, affermiamo che l’Italia ha finanziato lo stato islamico, ma siamo certi di non perpetuare noi stessi il suo avanzamento col nostro silenzio verso le stragi in Oriente?

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