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L'opinione

Tutti pronti al commento, ma non è meglio aspettare i fatti?

Dov’è la realtà dei fatti? Silenziamo gli insulti social per far emergere la verità nella storia di un rapimento durato 18 mesi.

Non credo sia necessario calarsi nel merito della vicenda che ha coinvolto – e travolto – Silvia Romano in questi anni per poter comunque osservare quello che è scattato nella testa degli italiani quando hanno commentato i post circa la liberazione della ragazza. Prima di tutto è necessario ammettere, ancora una volta, che non si è capito niente.

Da una parte vediamo schierati il popolo dei buonisti, quelli che qualsiasi cosa accada va bene, senza porsi due domande sull’avvenimento, va tutto bene, va sempre tutto bene. Loro si sono sentiti parte integrante di questa liberazione e quindi sui social hanno festeggiato. Purtroppo, non si sono fermati ai festeggiamenti, ma hanno anche insultato con appellativi come “fascisti” “xenofobi” o “razzisti” tutti coloro che non la pensano al loro stesso modo. Non sono mancate le prese in giro a Salvini in merito alla richiesta dell’ex ministro di sapere quanti soldi siano stati spesi per il riscatto che ha avuto come risposta “49 milioni”. D’altra parte era una risposta prevedibile, dato il polverone sollevato attorno ai soldi (non si sa quanti effettivamente siano) usati illecitamente da Bossi. Altri commenti, invece, sono solo insulti gratuiti in cui l’ex ministro è stato preso di mira senza alcun collegamento personale alla faccenda dei 49 milioni. Dall’altra parte del ring troviamo loro, quelli che commentano ogni post con frasi dall’alta levatura culturale, come ad esempio “Se stavi così bene potevi rimanere là”, “Abbiamo salvato un’islamica” e un’altra serie di insulti e di minacce rivolte a Silvia.

Ed ecco allora apparire nei commenti i tuttologhi, quelli che fino a ieri erano virologhi e conoscevano ogni dettaglio del Covid19, oggi sono psicologi. “Si è convertita peché è vittima della Sindrome di Stoccolma” e in allegato al commento c’è anche il copia-incolla della descrizione del disturbo descritto da un grande manuale di psicologia clinica, Wikipedia. Lasciamo fare a psicologi, come pare tra l’altro stiano già facendo, un’analisi della situazione psicologica di Silvia, non professiamoci sempre esperti di ciò che non conosciamo.

Insomma, cosa ci ha insegnato questa vicenda? Ci ha insegnato che pur non sapendo nulla, perché i punti che non conosciamo di questa vicenda sono davvero tanti (Come mai Silvia si è recata in un luogo che anche la sua ONG le aveva caldamente consigliato di evitare? Cosa è successo veramente in quei sei appartamenti? Davvero non ha subìto violenze di nessun tipo?) tutti si sono sentiti in dovere di dire la propria opinione, come se conoscessero minuto per minuto quello che è successo in questi diciotto mesi, o, come minimo, come se conoscessero Silvia di persona. Insomma, sia i buonisti sia chi l’ha crocifissa per il velo ha sbagliato, perché non si possono giudicare diciotto mesi e una vita solo con mezza dichiarazione.

Ci auguriamo, però, che vengano rese note al più presto tutte le ombre di questa storia, così da poter permettere anche a Silvia stessa di tornare a godere della sua libertà

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