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I test

“Medici e infermieri, 21-38% positivi agli anticorpi: ora non si ripetano gli stessi errori”

Roberto Rossi, Fp Cgil Bergamo: "Dai dati Ats emerge quanto denunciavamo da fine febbraio, gli ospedali non devono essere veicolo del virus”

In merito ai dati dell’Ats che tracciano una prima, parziale mappa della sieropositività da Sars-cov-2 degli operatori sanitari nelle strutture ospedaliere del territorio provinciale, interviene Roberto Rossi, segretario generale della Fp-Cgil di Bergamo. Questa categoria sindacale ha denunciato da subito, da fine febbraio, e ripetutamente nei due mesi successivi, un approccio carente e inadeguato al tema della sicurezza del personale medico e sanitario negli ospedali della provincia.

Il 28 febbraio, ad esempio, in un comunicato si scriveva: “Stiamo purtroppo ricevendo informazioni di un numero in incremento di medici, infermieri e altro personale sanitario che risultano positivi ai tamponi e che vengono ricoverati per problemi legati al contagio. (…) Abbiamo la netta percezione che non tutto quanto necessario sia stato messo in campo, sia per quanto riguarda la fornitura di Dpi che di applicazione delle disposizioni regionali: scarsità di mascherine idonee e di tamponi per verificare l’eventuale positività, procedure inviate tardivamente e rinvio delle attività non urgenti decisa tardivamente”.

“Oggi si riportano i dati Ats sull’accertamento della sieropositività da Sars-cov-2 degli operatori sanitari nelle strutture sanitarie del territorio bergamasco: pare che tra il 21% e fino a oltre il 38% di medici, infermieri, tecnici e Oss abbia avuto un esito positivo – commenta Rossi -. La percentuale più elevata è stata riscontrata nell’Asst Bergamo Est, cioè fra i lavoratori sanitari degli ospedali di Seriate, Alzano, Piario, Gazzaniga, Lovere, Sarnico (in partecipazione con Habilita), Trescore (in partecipazione con Ferb e il Pot di Calcinate) dove su 951 dipendenti sottoposti a test sierologici 364 sono risultati positivi. Ci fa male leggere queste cifre, perché se tempestivamente, come avevamo chiesto, fossero stati distribuiti Dispositivi di Protezione Individuale nelle quantità e nella qualità corretta avremmo registrato sicuramente un numero inferiore di contagi. Se si fosse dato ascolto ai lavoratori che richiedevano protezioni idonee, gli ospedali non sarebbero stati i luoghi di contagio che poi si sono rivelati”.

La scorsa settimana, all’avvio della cosiddetta Fase 2, Rossi esprimeva una rinnovata preoccupazione di fronte a segnali che – diceva – “non ci lasciano tranquilli”. Faceva riferimento in particolare all’organizzazione dei percorsi interni agli ospedali che faticavano a concretizzarsi, malgrado l’attività ambulatoriale stesse (e stia) decollando comunque.

Oggi, dopo la Delibera Regionale del 7 maggio sugli “Indirizzi per l’organizzazione delle attività sanitarie in relazione all’andamento dell’epidemia da Covid-19”, il sindacalista aggiunge: “Pur tardive, forse fuori tempo massimo, le indicazioni regionali sulla gestione dei percorsi interni ‘puliti e sporchi’ sono arrivate: ora gli ospedali applichino quella delibera. Terremo alta l’attenzione, perché non si ripetano gli errori iniziali e perché le strutture ospedaliere non siano più veicolo utile alla diffusione del virus”.

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