• Abbonati
L'intervento

“Errori e problemi: la Lombardia ha piano B in caso di nuova ondata di contagi?”

Il consigliere regionale Niccolò Carretta interroga la Giunta lombarda sull'eventuale gestione di una ricaduta a livello di contagi.

La Lombardia ha pronto un piano B in caso di una seconda ondata di contagi? È la domanda che si pone il consigliere bergamasco Niccolò Carretta che, analizzando alcuni punti critici che hanno accompagnato fin qui l’emergenza, suggerisce alla Giunta guidata da Attilio Fontana alcuni accorgimenti.

“La fase 2 è nel suo pieno svolgimento: riprese le passeggiate, alcuni contatti con i congiunti e i movimenti tra comuni della stessa regione. Risulta, per questo, auspicabile avere un piano B in caso di una seconda ondata di contagi.

L’assessore Gallera, a cui in queste ore ho consegnato una interrogazione proprio per sapere quali saranno le iniziative di Regione Lombardia per tutelarsi da un eventuale e malaugurato forte incremento di contagi, aveva promesso che prima del 4 maggio avremmo avuto a disposizione una chiara e concreta mappa dei contagi, sia ATS sia Regione hanno attivato 2 applicazioni: ‘Oggicomestai’ e ‘AllertaLom’, ma i dati raccolti probabilmente non hanno mostrato i risultati auspicati e concreti.

Oggi non abbiamo un indice chiaro di contagiosità e le mascherine, tra cui anche quelle promesse dal commissario Arcuri a 0,50 centesimi, stanno finendo, se mai qualcuno le avesse trovate.

Oltretutto con l’attivazione dei test immunologici nelle strutture private, per la verifica di individui con anticorpi, si è aggiunto un iter totalmente disincentivante per persone che hanno già dovuto sopportare 2 mesi di lockdown.

Secondo le indicazioni di Regione Lombardia, infatti, chi dovesse risultare positivo al prelievo del test chiamato ‘sierologico’ dovrebbe auto isolarsi in attesa del tampone, che potrà arrivare anche dopo 15 giorni. Tutto questo provocherà e sta provocando un disincentivo per le persone che oggi stanno meglio, ma che non ne vogliono sapere di chiudersi in casa per altre due settimane, soprattutto se essi sono commercianti, ristoratori o imprenditori.

Infine, da valutare per prevedere una nuova crescita dei contagi, dovrebbe essere il dato sulla mobilità che registra aumenti dal 15 al 20%. Persone, questo bisogna tenerlo sempre a mente, che hanno incominciato a circolare in città e in provincia e che potenzialmente potrebbero essere positivi senza saperlo poiché senza diagnosi.

Sono stati due mesi e mezzo molto lunghi, stressanti e che hanno messo alla prova chiunque, ma se dovesse arrivare, io spero con tutto il cuore di no, una seconda ondata del virus durante la fase 2.1 (18 maggio) e la 2.2 (1 giugno) Regione Lombardia sarebbe pronta? Ha analizzato gli errori fatti e, soprattutto, ha provato a risolvere i problemi che sono sorti durante la prima fase dell’emergenza sanitaria?

Auspico che la Giunta Regionale e il Presidente Fontana stiano lavorando anche in questa direzione, una strategia necessaria per poter guardare avanti, ovvero essere tutelati in caso questa fase due, con tutte le sue disfunzioni, abbia provocato più danni che altro.

Le questioni da prendere in considerazione sono moltissime, tra cui anche l’aspetto sociale e di sostegno psicologico, ma se un’emergenza dovesse ritornare il braccio operativo della nostra regione dovrebbe, a mio avviso, concentrarsi sul lato prettamente sanitario e su quello economico, due settori che non possono permettersi di tornare alla fase 1.

Per quanto riguarda la sanità occorre porre rimedio alle mancanze relative all’assistenza di prossimità; dopo annunci e comunicati stampa i cittadini lombardi hanno il diritto di sapere quante siano le USCA attive sul territorio e se queste abbiano a disposizione tutti i dispositivi di sicurezza. Se il virus dovesse tornare dobbiamo fare come Germania, Veneto e altre regioni italiane andando a casa subito, quando i sintomi sono ancora lievi.

In secondo luogo è importante capire il livello di approvvigionamento dell’ossigeno, materia prima per la cura del Coronavirus che, tra febbraio e marzo è mancato.

In ultima istanza, ma forse il tema più importante e centrale per essere pronti a reggere l’impatto è lavorare affinché l’ospedale in fiera non chiuda come quello di Milano che, dopo 21 milioni di donazioni servite per costruirlo e soli 25 pazienti presi in cura, sta per essere smantellato.

Occorrono strutture già organizzate e costruite apposta per gestire questo virus e soprattutto che lo tengano lontano dalle strutture sanitarie che devono tornare a curare e operare in una situazione di normalità; mantenere in vita l’Ospedale in fiera a Bergamo resta fondamentale e io credo, debba essere la missione sanitaria di Regione Lombardia, considerando che molti esperti ci dicono che il prossimo autunno il Covid-19 potrebbe tornare. Siano chiarite presto le intenzioni sulle garanzie per una piena funzionalità e per un completo utilizzo per la cura di pazienti Covid-19.

Sul lato economico e produttivo l’impegno che chiedo alla Giunta lombarda è quello di garantire e immagazzinare i DPI per i privati e le aziende, poiché le imprese dovranno continuare a lavorare, non è immaginabile farle chiudere nuovamente, sarebbe un colpo da K.O.

L’OMS proprio giovedì mattina ha messo in allerta i Paesi del mondo e, dopo aver sviluppato una panoramica più completa sul Coronavirus rispetto all’inizio dell’emergenza, ha dichiarato che la situazione che stiamo vivendo potrebbe prolungarsi per altri 6 mesi, un tempo lunghissimo e che non permetterà errori o sottovalutazioni”.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
test sierologici
I test
“Medici e infermieri, 21-38% positivi agli anticorpi: ora non si ripetano gli stessi errori”
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI