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L'intervista

Gusmini, Ubi Banca: “L’offerta di Intesa? Ai soci dico: fate bene i conti”

Alfredo Gusmini, vice presidente della Fondazione Ubi Banca Popolare di Bergamo, rompe il proverbiale silenzio del banchiere per rispondere a tanti piccoli azionisti che vogliono capire l'offerta di pubblico scambio avanzata da Intesa Sanpaolo.

Sarà che la prudenza è una caratteristica che lo ha accompagnato per tutta la vita e che di consigli ne ha dispensati a migliaia, ora Alfredo Gusmini classe 1944 e una vastissima esperienza bancaria si permette di affermare: “Se dovessi parlare a un socio di Ubi Banca direi solamente: valutate bene l’offerta di Intesa”. La voce si sospende un attimo quasi a mettere in guardia. Come una partitura musicale, Gusmini sa che anche le pause hanno un ruolo fondamentale in una sinfonia.

Dottor Gusmini lei in Banca Popolare di Bergamo è entrato nel 1963, nel 1983 diventa Dirigente e nel 1991 vicedirettore generale. Dal 2003 al 2007 è direttore generale di Bpu, l’embrione di Ubi Banca e quindi di fusioni ne sa qualcosa, se così possiamo dire. Nel 2017 viene nominato componente della Fondazione Banca Popolare di Bergamo e poche settimane fa ne è diventato vicepresidente. Possiamo affrontare questa pausa?

Ubi Banca non può parlare in questo momento. La normativa prevista dalla Consob prevede che quando c’è un’offerta pubblica di scambio, come quella lanciata da Intesa Sanpaolo a Ubi Banca, scatta un’asimmetria informativa nella quale Ubi Banca che è oggetto dell’offerta non può parlare per il passivity rule, mentre Banca Intesa che l’offerente può avanzare azioni e informative. È bene premetterlo. Ecco perché Ubi Banca non può parlare in attesa dei pareri della Banca centrale europea, dell’Ivas e dell’Antitrust. Molti soci e azionisti mi sollecitano ad esprimere la mia opinione su questa offerta…

E qual è?

Personalmente rispondo a tutti coloro che me lo chiedono. E a tutti dico di osservare e valutare bene.

Insomma, lontano dai patti, anche tanti piccoli azionisti contano e sono fondamentali. E messi insieme…

Messi insieme decidono il destino della propria banca. Perché è bene dirlo: nessuno è costretto a scambiare le proprie azioni.

Eppure si scambiano 17 azioni di Intesa Sanpaolo contro le 10 di Ubi Banca.

Sì, però bisogna fare i conti.

Facciamoli dottor Gusmini.

Quando il 17 febbraio scorso Intesa Sanpaolo lanciò l’offerta di pubblico scambio, si disse agli azionisti di Ubi Banca che nel concambio ci sarebbe stato un premio del 28% (alle quotazioni di allora). Ma così ora non è: da qualche settimana il mercato è cambiato e l’offerta di pubblico scambio presenta uno svantaggio –  tecnicamente definito sconto – del 5-6%. Mettendo invece a confronto il valore complessivo delle azioni in concambio con il patrimonio Ubi, l’offerta di Intesa risulta ancor più sproporzionata a danno degli azionisti Ubi. Infatti, quest’ultima ha un patrimonio contabile di 10 miliardi (al 31 marzo) e un patrimonio tangibile di 7,9 miliardi. Quindi bisogna rileggere la proposta: 17 azioni Intesa per un valore attuale di 2,9 miliardi, se posto a confronto con il patrimonio tangibile di Ubi fa emergere una differenza di ben 5 miliardi.

E dove va questo patrimonio?

Gli azionisti di Ubi conferiscono 5 miliardi del loro patrimonio a Intesa Sanpaolo che lo acquisisce a…”buon mercato”.

Ma se Intesa migliorasse la sua offerta?

L’amministratore delegato di Intesa ha dichiarato più volte che l’offerta è immodificabile. Quindi torniamo al punto di prima: se osservo l’offerta di Intesa e la metto al confronto con il patrimonio di Ubi Banca mi accorgo che c’è una differenza non irrilevante: circa 5 miliardi sul patrimonio tangibile. Una differenza cospicua che potrebbe solo essere marginalmente attenuata da eventuali condizioni migliorative. Ma la sostanza non può cambiare.

Il mercato è cambiato perché anche il mondo muta continuamente. Recuperare lo spirito della Banca Popolare di Bergamo è operazione nostalgia?

No. Ciò che interessa è che gli azionisti, non solo i grandi, abbiano tutti gli elementi utili per valutare quanto sono chiamati a decidere.

Lei ha assistito alla trasformazione della Banca Popolare di Bergamo in Ubi Banca. Che cosa ha reso grande questa banca?

Tre valori su tutti: lavoro, spirito di squadra e dedizione alla comunità. Una banca non è solamente un patrimonio contabile è anche un patrimonio di valori. Ubi è la storia di tante banche che si sono aggregate da Brescia a Pavia, da Cuneo a Bari… banche locali che si sono aggregate per realizzare un unico progetto imprenditoriale. Insieme condividevano quell’attenzione alle famiglie, lo sviluppo delle imprese, la cura verso le istituzioni e la continua vicinanza ai territori dove operavano. Se penso a Bergamo, a memoria ricordo il Matteo Rota istituito con il contributo della Banca Popolare, poi l’ospedale maggiore, l’università, la Sacbo che amministra l’aeroporto, l’autostrada Bergamo-Milano aveva come principale finanziatore la banca. Insomma, la nostra Popolare, e Ubi banca oggi, non si basano solamente sui patrimoni, che sono cospicui, ci sono anche valori e ideali.

Una grande banca, come Intesa Sanpaolo, non può essere un’opportunità per un territorio come quello bergamasco?

Una struttura appropriata del sistema bancario deve vedere accanto a grandi banche, anche aziende di medie e piccole dimensioni in grado di integrarsi tra loro, capaci di essere competitive per condizioni e qualità dei servizi, con l’obiettivo di rendere concorrenziale il mercato. L’operazione Intesa su Ubi Banca di fatto crea una banca ancor più grande; ma la dimensione non è un valore di per se stesso, l’esperienza lo dimostra. Una banca diventa efficiente ed efficace se concorrono almeno tre elementi: professionalità, tecnologia, patrimonio. Non ultima una gestione ispirata da valori e ideali che si traducono in cultura aziendale. Non pare così l’ipotesi in campo. Per esempio, è stato profilato lo smembramento di Ubi Banca con la cessione di 500 sportelli a Bper. Se andasse in porto l’offerta di Intesa, dunque, ci sarebbe una dispersione del patrimonio e delle relazioni, verrebbe liquidata quella cultura aziendale e quello spirito di squadra che sono la spina dorsale del Gruppo Ubi. Pertanto condivido le opinioni espresse da grandi imprenditori come Alberto Bombassei e Angelo Radici di non veder bene questa operazione.

Ubi Banca è solida?

Se guardiamo anche solo all’ultima ci troviamo di fronte ad una signora trimestrale che conferma solidità strutturale e redditività in crescita. A dimostrazione della sua reattività, basta osservare che il 40% dei prestiti agevolati, con garanzia statale di 25 mila euro post emergenza Covid19, è stato erogato proprio da Ubi Banca: che ha una quota di mercato del 5-6%. Non è la dimensione dunque che fa la differenza ma la capacità e l’efficienza della banca di rispondere con prontezza alle esigenze dei territori.

Dottor Gusmini, quando ha avuto le prime azioni di Ubi Banca?

“Come tanti bergamaschi le ho avute da mio nonno. Poi con il tempo ne ho prese altre e altre ancora le ho date ai miei figli e presto a mio nipote…”.

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