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Dopo la liberazione

Lettera a Silvia, una semplice ragazza a cui sono stati rubati 18 mesi

Sabato 9 maggio sarà ricordato come il giorno in cui lo Stato italiano ha vinto una sfida lunga ben 18 mesi. Questa giornata resterà incisa nel cuore dell'Italia.

Ciao Silvia,

Sei una semplice ragazza di 25 anni a cui sono stati strappati via 18 mesi di vita. Una ragazza che si è donata per portare il sorriso ai bambini orfani in Kenya. Una ragazza la cui esistenza è stata dilaniata dal terrorismo. Sei stata venduta come fossi un oggetto, come se una donna potesse essere una merce da contrabbandare.

Sabato 9 maggio sarà ricordato come il giorno in cui lo Stato italiano ha vinto una sfida lunga ben 18 mesi. Questa giornata resterà incisa nel tuo cuore, nel cuore dell’Italia. Proprio il 9 maggio, il giorno in cui Aldo Moro, fondatore della Democrazia cristiana, è stato trovato morto nel portabagagli di una Renault 4 rossa. Il giorno in cui il giornalista Peppino Impastato, ricordato per il suo attivismo contro la mafia e Cosa Nostra, fu assassinato. Forse tra qualche anno quest’episodio verrà annoverato tra i libri di storia, ricordato ai più come il giorno in cui la democrazia ha fatto il suo corso, il giorno in cui sei tornata a casa, sana e salva.

E, forse, sei una luce di speranza. Una giovane donna rapita per 18 mesi che torna nella sua terra natìa, è uno spiraglio di luce in un periodo tetro come il nostro. E per te, l’arcobaleno che stiamo tanto disegnando è finalmente giunto, sei finalmente libera. Ma tutto questo è straziante, estremamente doloroso. Perché una ragazza dovrebbe subire una simile tortura? Lontana dai genitori, dai parenti, dagli amici. Rinchiusa chissà dove, forse senza cibo, senza l’abbraccio di una mamma, senza il calore di un sorriso.

Ma sei stata forte, hai superato l’agonia e la sofferenza. Ebbene sì, ora sei libera. Magari potevi vedere il cielo stellato ed esprimere un desiderio al passare di una stella cadente. La tua speranza ha mai vacillato?

Ti vorrei chiedere questo. Ti vorrei porre questa semplice domanda, a cui io stesso non saprei dare una risposta. Se mai mi avessero teso un agguato con fucili e macheti, alla ricerca di un uomo bianco da vendere a chissà chi, non avrei avuto la tua forza, né fisica né mentale.

Ti hanno schiaffeggiata finché non sei caduta, ti hanno legata e portata via. Non oso immaginare cosa sia potuto succedere dopo, cosa quegli spregevoli uomini ti abbiano fatto. Non oso immaginare come tu ti sia sentita. Forse umiliata? Forse delusa? Forse stanca di vivere?

Ma non vorrei neanche mai immedesimarmi nei tuoi genitori. Posso solo immaginare il loro dolore, le giornate passate a guardare il tuo stesso cielo sperando un giorno di poterti rivedere, abbracciare, stringere, baciare. Poterti vedere viva, al sicuro.

Silvia, non so quanto ti possa importare, ma io nutro una grande stima nei tuoi confronti. Hai lottato per quello in cui credi come se fosse la tua unica ragione di vita. Grazie, non basta però. Non basta ringraziarti, dovremmo anche scusarci. Chiedere scusa per averti trovata solo adesso, chiederti scusa per averti inviato in una zona pericolosa, chiederti scusa per tutto quello che hai passato, per tutto ciò che ti hanno tolto. Dovremmo scusarci per i 18 mesi di vita che non torneranno più. Dovremmo scusarci per le cicatrici che porterai per il resto della tua vita.

Gli italiani che tutt’ora ti stanno insultando nei social dovrebbero scusarsi, oh meglio… vergognarsi. Ma non badare a loro, hai subito cose decisamente peggiori. Mi scuso personalmente per ciò che questi “cittadini” hanno avuto il coraggio di scrivere.

“Quanto ci è costato? Da italiano pretendo di saperlo.”

“La famiglia dovrebbe rimborsare i soldi versati per la sua liberazione.”

“Quanto vorrei sapere quanto ci è costata”.

Perché bisogna strumentalizzare e trovare il marcio anche in notizie colme di gioia come queste?

Perché il tuo stesso popolo dovrebbe insultarti? Perché neanche dinnanzi alla tua liberazione riescono a provare empatia e gioia? Vorrei tanto saperlo.

Non ritengo neanche che siano “haters”, bensì persone frustrate che non sanno tacere neanche di fronte a un padre e una madre che, col cuore infranto, non hanno potuto vedere la figlia per quasi due anni.

Scusaci, Silvia. Scusaci per cotanta ignoranza.

E lo so, starai male, forse non dormirai per qualche mese a causa degli incubi, forse sarai terrorizzata, ma posso dirti che adesso sei sana e salva, adesso potrai accoccolarti alle braccia di tuo papà Enzo. Potrai ricominciare a sognare, potrai ricominciare a sperare. Potrai finalmente scrollarti di dosso il passato e andare avanti, raggiungere i meandri più intimi del tuo cuore e ricominciare ad amare.

“In molti abbiamo pensato, o ci siamo illusi, che certe parole, certe conquiste, potessero essere per sempre, imperiture, scolpite dai padri sulla pietra della nostra storia più gloriosa. Una di queste, la più importante, l’abbiamo addirittura data per scontata: libertà” scrisse Paolo Crepet.

Buona fortuna Silvia, adesso sei finalmente libera.

Sii orgogliosa di chi sei.

Grazie Silvia,

Bentornata in Italia.

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