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La testimonianza

Coronavirus, l’infermiera dell’ospedale di Alzano: “Cosa accadde quel 23 febbraio”

Ha colpito al cuore tutti i bergamaschi, ma più in generale tutti i telespettatori, la puntata speciale di "Bersaglio mobile" andata in onda su La7 nella serata di sabato 2 maggio

Ha colpito al cuore tutti i bergamaschi, ma più in generale tutti i telespettatori, la puntata speciale di “Bersaglio mobile” andata in onda su La7 nella serata di sabato 2 maggio.

Il direttore del TgLa7, Enrico Mentana, ha proposto “Le urla del silenzio”, uno speciale targato TgLa7 per raccontare il dramma vissuto dalla provincia di Bergamo, “epicentro dell’epicentro” della pandemia del Coronavirus, ma soprattutto cercare di capire cosa è successo tra Alzano e Nembro nei giorni in cui è scoppiata l’emergenza. Inoltre, il programma è tornato su un altro nodo da sciogliere, ossia ciò che è accaduto tra Alzano Lombardo e Nembro nei giorni in cui bisognava decretare la zona rossa e non è stato fatto. Con l’inchiesta “Il massacro nascosto” firmata da Guy Chiappaventi e Flavia Filippi, poi, ha posto l’attenzione sulle numerose morti avvenute in questo periodo nelle case di riposo.

Un punto cruciale evidenziato dal reportage è ciò che accadde domenica 23 febbraio, data simbolica dell’inizio dell’emergenza sul territorio orobico perchè è il giorno in cui sono emersi ufficialmente i primi casi positivi. Nel pomeriggio di quel giorno all’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo che venne prima chiuso e poi riaperto nel giro di poche ore. Ida, un’infermiera, ai microfoni de La7 ha dichiarato: “Il 23 febbraio ero in servizio al pronto soccorso e lì abbiamo riscontrato il primo caso sospetto di Coronavirus di un paziente per il quale il nostro medico ha deciso di chiudere le attività del pronto soccorso avvisando la direzione medica e anche Areu (Azienda Regionale Emergenza Urgenza, ndr), comunque il 118 di Bergamo che non avremmo ricevuto più pazienti. Il nostro medico stesso ha avvisato pure i parenti e i pazienti in sala d’attesa che non erano entrati in pronto soccorso dicendo che il pronto soccorso non avrebbe proseguito le attività proprio perchè c’era questo sospetto. E abbiamo proceduto alla sanificazione dei locali dove questo paziente era transitato. Nello stesso tempo, però, abbiamo scoperto che nei reparti di chirurgia e di medicina c’erano già due pazienti positivi… Abbiamo proseguito il nostro turno fino alla sera e abbiamo fermato i nostri colleghi che avrebbero dovuto prendere servizio nel pomeriggio, sono stati bloccati gli ingressi in uscita e in entrata dell’ospedale e fermato tutto il personale degli altri reparti”.

L’inchiesta prosegue spiegando che “domenica 23 febbraio in ospedale c’è una riunione: dopo la sanificazione bisogna organizzare un piano di difesa e isolamento dei malati, dei familiari e del personale sanitario ma da Milano, dal Palazzo della Regione, arriva l’ordine: riaprite. Su una chat interna il coordinatore infermieristico avvisa i suoi colleghi: ‘Pronto soccorso riaperto, si riprende la normale turnazione. Che nessuno diffonda alcun dato di pazienti, in nessun modo siete autorizzati a diffonderli, a nessuno e di chiunque. Chi non si attiene alle indicazioni se ne assumerà eventuali conseguenze'”.

chat bersaglio mobile

Rispondendo alla domanda della giornalista (“I vostri dirigenti vietano al personale di parlare con la stampa, perchè lei è qui?”), Ida risponde: “Perchè la situazione è stata molto concitata e non si sono capite le decisioni che hanno preso. Secondo il mio parere noi quel giorno non avremmo dovuto tornare a casa, non avremmo dovuto tornare a casa noi, i parenti dei pazienti e nemmeno i pazienti. Secondo le regole avrebbero dovuto tenere tutti lì in isolamento precauzionale fino al risultato se non altro di un tampone o degli esami che attestavano che non avessimo il Coronavirus perchè poi credo che da lì si sia data una buona mano al diffondersi di questa epidemia. Lunedì l’ospedale ha svolto la sua normale attività, comprese le sale operatorie e il personale che comunque era stato a contatto con pazienti dichiarati positivi. Abbiamo lavorato con medici che sapevano di essere positivi, loro dicono che hanno dovuto prendere servizio per ordini superiori ma è un ordine sbagliato, va contro tutte le etiche professionali: non puoi venire a lavorare con 40 di febbre e il Coronavirus, devi stare a casa ed evitare che si ammalino altre persone”.

“Una delle scene più brutte che mi ricordo – conclude Ida – è quella di dover mettere i cadaveri ancora caldi nei sacchi della pastorino. C’è stato un giorno – il nostro massimo – in cui nella nostra camera mortuaria c’erano 28 cadaveri quando di solito più di 2 o 4 non ce ne sono”.

Prima delle sue parole “Bersaglio mobile” ha mostrato la testimonianza di un medico di condotta che ha affermato che il virus stava già circolando in Bergamasca da tempo, ma anche il racconto di un cittadino che ha perso entrambi i genitori e ha notato che nella notte in cui è morta sua mamma (tra il 21 e il 22 febbraio) un’infermiera presente indossava la mascherina. Il dottor Pietro Poidomani, medico di famiglia di Cividate al Piano ha dichiarato: “Mattia di Codogno non è il paziente 1, è stato il risultato del coraggio di un anestesista che ha deciso di fare il primo tampone però era sicuro che sintomatologie analoghe giravano già in Lombardia da diverso tempo. Lo so per esperienza diretta facendo il medico di famiglia in un territorio con pazienti che conosco da 35 anni. Alla fine delle vacanze natalizie, tanto per dare un punto d’inizio, dopo l’Epifania, tanti pazienti che sono venuti più spesso raccontandoci una sintomatologia febbrile, ma sopratutto una tosse persistente e un’astemia, una stanchezza marcata. Era una febbre capricciosa e soprattutto compariva un sintomo tosse e altri sintomi strani – e qualche sintomo di questi c’era già stato riferito a dicembre – che è il fatto di non sentire più i sapori e gli odori. Tante radiografie al torace evidenziavano addensamenti polmonari strani, a volte leggeri e a volte più pesanti, che facevano pensare a una forma di polmonite interstiziale. Il quadro ai nostri occhi – penso alla maggior parte, forse, dei medici di famiglia – si è chiarito nello stesso momento in cui abbiamo scoperto che il paziente numero 1 aveva sintomi identici se non uguali a quelli che noi avevamo osservato nel mese di febbraio e anche a gennaio”.

Francesco, un cittadino che ha perso entrambi i genitori per il Covid-19, ha dichiarato: “Dal 12 febbraio mia mamma era ricoverata al reparto di medicina dell’ospedale di Alzano per uno scompenso cardiaco ma dopo una settimana è subentrata una forte febbre a 39 e nella notte tra il 21 e il 22 febbraio, verso le 2, è morta all’ospedale di Alzano. La notte in cui è morta mia mamma ho notato che le infermiere giravano con le mascherine ed era una cosa che prima non si era mai vista. Nei precedenti 10 giorni in cui era stata ricoverata mia mamma non ho mai visto le infermiere con le mascherine, non erano mascherine chirurgiche ma quelle che adesso conosciamo tutti come FFP2 senza valvola. Quella notte è subito dopo il caso di Codogno e il giorno prima che scoppiasse il caos Coronavirus anche da noi, ad Alzano Lombardo: aver visto le infermiere con le mascherine mi ha fatto venire il dubbio che o qualcuna già sapesse o quantomeno avevano dei sospetti. Non si capisce perchè non abbiano diffuso l’informazione se avevano sospetti”. Proseguendo, ha aggiunto che ha perso anche suo padre: “Mio papà è morto di Coronavirus il 13 marzo. La cosa che hanno sbagliato in maniera notevole è non aver avvisato i parenti delle persone che c’erano in quel reparto quando hanno scoperto che lì in reparto c’erano 2 o 3 casi di Coronavirus. Mio papà che poi è stato scoperto positivo quella settimana tra il funerale di mia mamma e il suo ricovero ha comunque girato, ha avuto contatti, è venuto al funerale di mamma, io stesso mi sono ammalato dopo il funerale di mia mamma per cui posso essere stato un veicolo di contagio”.

chat bersaglio mobile

Subito dopo le sue parole, prima della testimonianza dell’infermiera presente al pronto soccorso il 23 febbraio, “Bersaglio mobile” ha fatto ascoltare l’audio di una chat interna dell’ospedale di Alzano che era circolata all’inizio dell’epidemia: “Ragazzi, lavoro al 118 e lavoro al pronto soccorso ad Alzano. è ora di smetterla con questa paura inutile del Coronavirus. Il Coronavirus non è nient’altro che un’influenza pari alle altre. Le persone che stanno morendo e le persone che sono adesso in ospedale sono tutte persone che hanno o problemi già polmonari da prima o sono persone anziane. È inutile questo allarmismo perchè allora dovremmo essere allarmati anche per una banale mononucleosi di cui voi tutte siete affetti, da un morbillo o da qualsiasi altra cosa. Fa più morti uno spinello con una scimmia che succede dopo che un Coronavirus”.

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