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L'intervento

La Fase 2, non sarà tornare alla normalità

Il dramma che investe il Paese va colto come opportunità di cambiamento, in grado di innestare nel nostro sistema sociale profondi elementi di giustizia e uguaglianza

Pubblichiamo un intervento di Mario Gatti, segretario Cisl Bergamo.

Vivevamo una stagione economicamente ancora difficile, ma questo virus ci ha catapultati nella tragedia della malattia e delle morti. Siamo nel mezzo di una guerra contro un nemico subdolo e invisibile, che impariamo a conoscere molto lentamente, che ci ha costretti all’isolamento fisico e non solo. La distanza forzata ha coinvolto i nostri affetti più cari e le nostre relazioni “normali”, elevando il peso della solitudine.

Un’emergenza che ha messo in chiaro l’inadeguatezza delle scelte della politica negli ultimi decenni, l’impreparazione della politica, una burocrazia autoreferenziale, un sistema di Welfare (nazionale e regionale) sofferente e incapace di cogliere con pienezza la dimensione del bisogno espresso dai cittadini.

A tutto questo si è contrapposta una grande risposta dal basso: operatori del sistema sanitario, sociale, socio-sanitario, tutti coloro che operano nel settore, le forze dell’ordine, i tanti volontari, i Sindaci e gli amministratori nei Comuni. È l’esempio di un grande Paese che si è ritrovato unito a combattere, mettendosi a disposizione.

Ancora non è finita. La strada sarà lunga e faticosa, da percorrere in un mondo tutto cambiato.

La verifica e il processo per individuare tutte le responsabilità per le cause di tanti, troppi morti, sono doverosi. Indagare dove si è omesso e non si sono attuate tutte le procedure di sicurezza è doveroso. È necessario, ora, che si apra il confronto, innanzitutto nei territori, sul come affrontare la fase 2, intesa non solo come ripresa delle attività in sicurezza, ma anche come rispetto dei presidi sanitari territoriali e degli interventi necessari in campo sociale e socio assistenziale, ripartendo da una ampia ricostruzione dei meccanismi e dei modelli di governo dello stato assistenziale e della presenza fattiva nella società civile.

In questo periodo sono emerse tutte le criticità relative alla mancanza della rete sanitaria territoriale: tutto l’intervento si è concentrato nei 3 grandi ospedali pubblici. La cura a domicilio da parte dei medici di medicina generale e il sistema di assistenza sociale dei Comuni e degli Ambiti hanno faticato a rispondere al bisogno delle persone e delle famiglie.

Questa emergenza ha rivelato il reale contesto sociale del territorio bergamasco: un sistema di governo troppo centrato su privatizzazione, sanitarizzazione e lottizzazione. Un contesto che non sa, e non ha saputo, rispondere efficacemente. È doveroso, dunque, prepararci ad una nuova normalità, “cauta e blindata”, che ci obblighi a rivedere molti aspetti della gestione delle attività economiche e che, ineluttabilmente, aprirà a nuovi modelli e condurrà a stili vita differenti di noi cittadini bergamaschi.
Le persone che hanno avuto lutti in famiglia – anche più d’uno – per le modalità con cui è accaduto, avranno bisogno di aiuto. Ci sarà chi perderà o vedrà ridursi il proprio impegno lavorativo, chi si troverà a dover ridiscutere le proprie competenze professionali per mantenere un lavoro, chi per la cura dei figli dovrà rinunciare al proprio lavoro, chi vivrà il dramma psicologico di una incerta precarietà, chi subirà la condizione di insicurezza e povertà.

Un sistema sanitario da rivedere, un sistema socio-sanitario e di welfare sociale da ricostruire, nuove povertà e nuove difficoltà da affrontare sono le sfide e i prossimi appuntamenti cui istituzioni e società civile sono chiamate a impegnarsi e a rispondere; per far questo è necessario rafforzare il sistema di intervento pubblico nella consapevolezza che un tale obiettivo non deve, e non può, essere un problema solo dei Sindaci e dei 14 Ambiti territoriali, dello Stato, del Governo, della Regione. Per questo le istituzioni devono essere consapevoli che, oltre a profondere risorse adeguate, devono urgentemente avviare un confronto reale con tutte le rappresentanze sociali della società civile per predisporre e organizzare quanto realmente utile e necessario, per rispondere ai diversi temi da assolvere oggi:

– un sistema sanitario con una rete territoriale ramificata e funzionale che garantisca risposte ai vari livelli di bisogno di cura e nella quale siano previste le specificità di fenomeni e emergenze epidemiologiche, che dia peso e spazio all’intervento pubblico, che preveda nelle regole di accreditamento per la sanità privata la garanzia dell’universalità nell’accesso alle cure;

– un sistema sociale e socio assistenziale da ripensare e rivalutare nell’ambito delle priorità politiche ed economiche, maggiormente orientato alla prevenzione (il diritto alla salute è quindi primariamente il diritto alla prevenzione, prima ancora che a quello della cura), investendo nei livelli di competenza e di strumentazione necessari e non al minimo ribasso, prevedendo anche i controlli sulle attività in appalto e non, che preveda competenze specifiche per la gestione della presa in carico dei bisogni delle persone, per individuarne la specificità ed avviarle in un corretto percorso di recupero sociale o lavorativo; un sistema che pone al centro e rafforzi (risorse, funzioni, governance) il territorio, nell’espressione amministrativa di Comuni e dei 14 Ambiti territoriali bergamaschi, in quanto rappresenta lo strumento più appropriato di vicinanza e prossimità ai cittadini e che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, bene ha saputo operare in questi difficili anni.

– un sistema socio sanitario nel quale sia previsto nelle regole la gestione in rete per l’accesso alle RSA, recuperate nella loro missione originaria.

– un sistema che metta in rete scuola – formazione – servizi al lavoro – mercato del lavoro. Mai come oggi è di estrema urgenza avere un’organizzazione che sappia mettere o rimettere in gioco le persone con un lavoro che è e sarà oggetto di continue evoluzioni nelle competenze richieste, nella logistica e nel modello organizzativo.

Sono certo che il “non c’è più tempo” è giunto al suo culmine. Il dramma che investe il nostro Paese ci rappresenta un segnale di emergenza ulteriormente importante che va colto come opportunità per un cambiamento che sia in grado di innestare nel nostro sistema sociale profondi elementi di giustizia e di uguaglianza: non bastano più i tweet o i post.
Ora bisogna fare e è molto il “da fare” che non si è mai fatto!

Mario Gatti
Segretario Cisl Bergamo

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