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La riflessione

Perché un premio Nobel non ha ragione a prescindere

Hanno fatto scalpore le roboanti dichiarazioni del premio Nobel Luc Montagnier a proposito di come il Covid sia stato, a suo dire, inequivocabilmente creato in laboratorio, ma siamo sicuri che sia una fonte affidabile?

“Ebbene una parte del virus, non dico il totale, è il classico e in questo caso è un modello proveniente dal pipistrello ma a questo sono state sovrapposte delle sequenze dell’HIV […] non è naturale, è un lavoro di professionisti, di biologi molecolari.”

Tali parole, tanto sconvolgenti quanto illuminanti, capaci in poco più di tre righe di provare finalmente come questo dannato virus non sia altro che un’arma batteriologica minuziosamente creata in un laboratorio non meglio specificato, arrivano da Luc Montagnier, biologo e scienziato francese.

Forse ai più questo nome dirà poco o nulla, ma nel 2008, vinse il premio Nobel per la medicina, grazie alla scoperta del virus HIV. Insomma, una ricerca non da poco.

Se poi a ciò si aggiunge anche che il dottor Montagnier è professore presso il celebre istituto di Parigi “Pasteur” e pure presidente della fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’AIDS, capiamo come mai le sue dichiarazioni abbiano fatto così tanto scalpore.

Ma siamo davvero sicuri che sia una fonte affidabile? Aver vinto un prestigiosissimo premio 12 anni fa, per ricerche tra l’altro condotte tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80, ne fa una persona infallibile?

Non sembra, e a dirlo sono più di 10 mila scienziati della Fisv (Federazione Italiana della Scienza e della Vita) che, compattamente, hanno bollato le teorie di Montagnier come “false ed infondate”, affermando con forza come esse “si fondino su una ricerca indiana pubblicata su un sito non filtrato da revisori scientifici e ritirata perché la comunità scientifica ne aveva immediatamente segnalato le falle”.

Tale studio, di fatto, è tutt’ora reperibile, ma è da sottolineare come questo sia stato ritirato dagli autori stessi poco dopo la pubblicazione, per altro rilanciata solo da una rivista “cosiddetta predatoria, di quelle che pubblicano qualsiasi cosa purché gli autori paghino laute cifre”, sempre citando la lettera della Fisv.

Tale confutazione però, come accade con frequenza, non ha fatto tanto scalpore quanto la dubbia tesi del virologo francese, che ora viene osannato da migliaia di persone come colui che per primo è stato in grado di togliere il terribile velo di Maya dagli occhi delle persone, disvelando finalmente la realtà per quello che è. O, per meglio dire, come lui e pochi altri dicono sia.

Ciò che infatti Montagnier sembra non comprendere (o peggio ancora, non voler comprendere) è che non basta formulare un’ipotesi affinché questa si trasformi in una verità assoluta, soprattutto quando si parla di scienza. E a dire il vero, non basta nemmeno aver vinto un Nobel per farne un infallibile santone. Perché di santone si parla.

A guardare bene il curriculum di Luc Montagnier emerge una figura meno attendibile di quanto si pensi, capace di mirabolanti dichiarazioni su come, giusto per citarne alcune: entro il 2035 il 50% della popolazione mondiale sarà autistica per colpa dei vaccini, il DNA possa teletrasportarsi e un estratto di papaia fermentata possa curare il Parkinson e la SARS.

Persone del genere non fanno altro che fomentare quel sentimento di odio, immotivato, che da settimane si sta covando verso un’entità non ben specificata, responsabile di aver creato un’arma batteriologica per mettere in ginocchio l’Occidente intero. Pazienza che siano stati pubblicati numerosi studi in merito a come il Covid sia un virus completamente naturale, se un premio Nobel lo dice sarà vero per forza.

Come del resto è vero che i neri sono meno intelligenti dei bianchi perché lo dice il loro DNA (come detto da James Watson, premio Nobel per la medicina nel 1962), che i fantasmi esistono (per ammissione di Charles Robert Richet, premio Nobel per la medicina nel 1913) e che l’AIDS non sia causato dal virus HIV (idea sostenuta da Kary Mullis, Nobel per la medicina nel 1993). E potrei andare avanti ancora.

O forse non è vero e sono tutte idee deliranti? O forse bisognerebbe comprendere che tutti, ma davvero tutti, possono sbagliare, anche a fronte di importanti premi ricevuti in passato.

In questi anni siamo sommersi da ogni genere d’informazione e, di giorno in giorno, diventa sempre più difficile capire a chi dare ascolto e chi ignorare, ciò che però non dovrebbe mai venir meno è la volontà di informarsi (sempre tramite canali ufficiali e non blog di pseudoscienziati o di “mamme informate”) e la vena critica del lettore che, posto di fronte ad una notizia, sia essa di cronaca, sportiva o scientifica, dovrebbe sempre approfondirla ed indagarla, evitando così inutili fomenti di odio e di discriminazioni di ogni sorta.

Solo i dati raccolti ed analizzati con metodo rigoroso possono fornire risposte, e solo la replicazione multipla di un risultato da parte di più gruppi indipendenti dà un minimo di garanzie che non si stiano cacciando farfalle.”

Enrico Bucci, Adjunct Professore presso la Temple University di Philadelphia

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