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Nel settore metalmeccanico

Coronavirus e lavoro, la Cisl: “Firmati protocolli solo in 110 aziende su 5.000”

La denuncia della Fim Cisl, che aggiunge: "Le ripartenze avrebbero dovuto essere effettuate non solo sulla logica di una deroga richiesta al prefetto o sulla base di un codice ATECO, ma su verifica effettiva che le condizione di sicurezza in quella azienda fossero certe".

“Tutti vogliono ripartire, ma su cinquemila aziende metalmeccaniche ad oggi abbiamo sottoscritto protocolli in 110”: Luca Nieri, segretario della Fim Cisl di Bergamo, analizza così le intese firmate nelle aziende della Provincia, chiedendosi se si intenda adottare un “fai da te” per affrontare la fase 2 dell’emergenza.

“Anche in provincia di Bergamo – sottolinea – nonostante il Protocollo provinciale abbia trovato la firma di tutte le centrale datoriali, emergono casi, purtroppo non isolati, di procedure raffazzonate e non concordate; lavoratori spaventati che chiamano le categorie sindacali per lamentare provvedimenti non conformi a quanto abbiano letto sui giornali”.

Nel settore metalmeccanico, si legge nella denuncia Cisl, le aziende sono oltre 5mila con quasi 90mila addetti, e ad oggi la Fim ha sottoscritto protocollo in circa 110 dove sono occupati 24mila lavoratori.

Sono state gestite e sottoscritte, tra cassa ordinaria, in deroga e fondo di integrazione salariale, oltre 2.100 domande, “contribuendo in modo significativo a dare un aiuto agli oltre 62.000 lavoratori coinvolti, abbiamo garantito una tenuta reddituale a buona parte della nostra provincia – continua Nieri – , trovando una buona disponibilità a definire accordi in moltissime aziende”.

Quelli già sottoscritti vengono definiti “protocolli importanti, nei quali non solo abbiamo curato aspetti legati ai DPI, alle distanze minime, all’utilizzo degli spazi comuni (mensa e spogliatoi per esempio), alla misurazione della temperatura, alle sanificazione e pulizie quotidiane, ma soprattutto abbiamo cercato di rivedere l’organizzazione del lavoro, ricostruendo una dimensione e condizione lavorativa sulla persona, una dimensione dove la salute e la sicurezza devono essere al primo posto, rimodulando gli orari (per garantire una ripartenza graduale) e consolidando finalmente uno strumento fondamentale come lo smart working”.

Il lato negativo, continua la denuncia Fim Cisl, è invece quello delle aziende dove hanno vinto “il fai date, che rifiuta la proposizione e condivisione con il sindacato, e una gestione unilaterale della fase 2, con protocolli che si sono limitati nel fare copia e incolla dei documenti nazionali, tralasciando interventi specifici che questo momento prevedrebbe, un comportamento superficiale, dove il senso di responsabilità è stato applicato ai minimi termini, che non tiene conto dalla salute dei dipendenti e del particolare rischio di ‘ritorno’ del contagio, situazione che riscontriamo nelle tante telefonate spaventate che riceviamo dove molti lavoratori, distanze di sicurezza non rispettate, pulizie fatte saltuariamente, DPI non sempre adatti ecc”.

Dubbi e perplessità anche per le realtà che si sono rimesse in moto basandosi solamente sui codici Ateco o grazie a una deroga concessa dal Prefetto: “Ci saremmo auspicati di non vedere fughe in avanti, però cosi è stato: le ripartenze avrebbero dovuto essere effettuate non solo sulla logica di una deroga richiesta al prefetto o sulla base di un codice ATECO, ma su verifica effettiva che le condizione di sicurezza in quella azienda fossero certe. Non credo sia il ‘quando’ si ripartirà la priorità per il nostro territorio, ma capire il ‘come’. Il protocollo sicurezza definito dalle organizzazioni sindacali e Confidustria è un importante strumento ‘di partenza’ grazie al quale, con la condivisione delle RSU/RLS e organizzazioni sindacali, vogliamo costruire gli specifici interventi di messa in sicurezza su ogni singola realtà aziendale, calzandolo sulle peculiarità di ogni contesto lavorativo. Un vestito su misura. È da apprezzare per la valenza politica e per il messaggio lanciato dal protocollo territoriale sulla sicurezza, perché solo assieme, lavoratori, aziende e sindacato, si può uscire da questa pandemia con una responsabilità comune e collaborando responsabilmente”.

Da ultimo, ma non in ordine di importanza, anche il problema legato alla genitorialità: “Scuole chiuse e congedi già utilizzati metteranno in difficoltà non poche famiglie al momento della ripartenza. Per cui auspichiamo un intervento a largo respiro per i genitori da qui alla fine dell’emergenza scolastica, con congedi finanziati dal governo e iniziative delle aziende legate allo smart working”.

“Nella tragedia di quanto accaduto a tutti noi – conclude Nieri -, abbiamo confidato che si potesse costruire una società diversa, con valori più forti, con la persona al centro, con nuove tutele, soprattutto sulla salute, recuperando un senso di collettività basato sulla solidarietà. Speriamo di non aver riposto male la nostra fiducia”.

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