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Arte

L'intervista

Radio Gamec: la voce, l’arte, le storie nella Bergamo ferita nel corpo

In attesa di nuovi ospiti come Martina Caironi ed Enrico Letta al microfono di Leonardo Merlini, il direttore della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Giusti illustra l'iniziativa che sta riscuotendo un deciso successo

In questo drammatico momento storico in cui si fa tutto a distanza, la spesa, la scuola, l’amore, come possono i contenitori dell’arte, i musei, vivere senza il contenuto di chi li visita? Può la cultura colmare questo vuoto di presenza? Può l’arte prescindere dal corpo? Può una città ferita al cuore ripartire da un’agorà immateriale di pensiero, di immagini, di idee?

È in queste domande, e non solo in queste, la ragione del progetto “Radio Gamec”, la piattaforma per il live streaming della Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, che ogni giorno dalle 11.30 alle 12 propone informazione e approfondimenti tra cronaca, arte e letteratura dalla pagina instagram del museo (e in differita su tutti gli altri canali). Dalla puntata zero, andata in onda il 22 marzo, Radio Gamec fa registrare un successo straordinario di followers in tutt’Italia, grazie alla formula che abbina ogni volta una voce della città e una storia dal mondo. Il conduttore Leonardo Merlini, giornalista milanese e critico letterario, surfa con cognizione ed empatia tra citazioni d’autore e spunti d’arte visiva e non solo, tra scambi intensi con gli ospiti e intese dirette con gli ascoltatori.

Parliamo di questa iniziativa originale e di successo con il direttore della Gamec Lorenzo Giusti, anima del progetto, che segue a tempo pieno il format della trasmissione e gli altri percorsi on line che Gamec porta avanti in questo periodo di shutdown generale.

Tra le varie formule avviate dai musei per far fronte alla chiusura, perché Gamec ha scelto una radio?

Con il lockdown del 23 febbraio avevamo pensato a formule piuttosto canoniche per occupare lo spazio web, come visite virtuali o laboratori a distanza. Poi ci siamo trovati uno scenario di grande fragilità, emergenza, lutto e quindi ci siamo concentrati sull’unico progetto della radio, che aveva come fine immediato sostenere le raccolte fondi per l’ospedale Papa Giovanni, ma che ci permetteva anche di gettare ponti tra la città e l’esterno, raccontando al mondo la visione di una città assediata. La nostra comunicazione è sempre molto sobria, ma la cronaca quotidiana ci ha autorizzato a evocare l’immaginario di guerra e il ruolo dell’emittente radiofonica come quello di radio Londra durante la seconda guerra mondiale.

Il punto di forza di Radio Gamec?

Diversamente da altre realtà che hanno fatto ricorso a dirette instagram, noi abbiamo avuto l’ambizione di costruire un vero e proprio programma con i tempi della radio e gli spazi di approfondimento che la radio può avere rispetto alle altre piattaforme. E poiché ci pareva riduttivo coinvolgere solo il mondo dell’arte, abbiamo deciso di invitare intellettuali, scrittori, fotografi, artisti, personalità del cinema e dello spettacolo per definire quelle linee di progetto da cui dovremo ricostruire il nostro futuro. L’idea è anche, per non disperdere i contatti che stiamo creando, quella di trasformare il live streaming in una vera propria trasmissione radiofonica, o trovando una radio che ci ospiti per andare in fm con una trasmissione settimanale, o costruendo una web radio a tutti gli effetti. L’energia che si è generata intorno a questo spazio di relazione penso sia di buon auspicio e senz’altro presuppone uno sviluppo.

Come cambia ai tempi del coronavirus il ruolo del museo?

Riscopriamo un ruolo che abbiamo sempre avuto ma che dobbiamo potenziare. Stiamo ritrovando il valore della civicità: noi siamo un museo civico, una parola che è andata fuori moda a vantaggio di acronimi e di formule che assecondavano più un’idea di internazionalità. Si è un po’ persa l’idea dell’azione civica che un museo può e deve intraprendere e attraverso la radio come strumento abbiamo riscoperto il grande valore di un progetto culturale di questa natura. L’idea di un’azione locale di palese valore civico, di una presenza territoriale importante vuol dire assecondare delle urgenze, orientare il territorio e avere il territorio come ambito di manovra. Per usare un motto ecologista degli anni Settanta “declinare un pensiero globale attraverso un’azione locale”. Questo sarà sempre più perseguito come obiettivo da Gamec: quello che abbiamo vissuto ci ha fatto riscoprire l’importanza della comunità. La prima grande sfida, nella “fase due” di cui tanto si parla, sarà trovare nuove forme per coltivare una socialità che verrà comunque limitata – ed è una sfida che deve mantenere la territorialità, anzi tenerla molto stretta.

Anche le mostre si reinventano: per esempio quella di Rovaldi inaugurata a febbraio.

Ci sono proposte che funzionano bene on line, come la scelta che abbiamo condiviso per Artist’s Film International di mettere in mostra in rete le opere di video arte selezionate dalle più importanti istituzioni museali del mondo, perché un video lo si può fruire anche attraverso lo schermo di un computer. Mentre la mostra di Rovaldi l’abbiamo chiusa a malincuore dopo pochi giorni, perché pubblicare le foto dell’artista sul sito non avrebbe restituito una visione interessante e corretta di quei materiali. Perciò con Rovaldi è nato un progetto nuovo, una corrispondenza tra lui e una serie di altri artisti-scrittori che si svolge sul web e fornisce settimanalmente nuovi contenuti di carattere testuale e visivo. Mentre siamo chiusi nelle nostre case, l’artista indaga il tema della perlustrazione, dei margini, dei vagabondaggi, che diventano viaggi della mente ribaltando così la condizione di clausura a cui siamo quotidianamente costretti.

C’è poi un altro progetto che funziona da remoto, Art Room: sono i nostri laboratori che effettuiamo tramite meet e zoom, le stesse piattaforme che utilizzano le scuole. I servizi educativi Gamec riescono così a coinvolgere i bambini ma anche gli adulti, entrando nelle case con laboratori esperienziali e con contratti diretti. Abbiamo in calendario anche degli incontri a tema e a declinazione artistica per il 25 aprile e per il primo maggio.

Qualche anticipazione del palinsesto di Radio Gamec?

A questo progetto c’è stata un’adesione spontanea immediata da parte di tante persone. Abbiamo avuto ospiti molto importanti che non era scontato coinvolgere dall’oggi al domani. C’è stata la condivisione dell’idea: hanno capito che questo era ed è il tentativo del museo di una città martoriata di esserci. Nelle prossime puntate parleremo anche di Europa, come ha fatto Claudia Ferrazzi in un intervento molto bello. In tanti abbiamo l’impressione che o l’Europa mette in campo delle politiche serie di cooperazione, ritrovando lo spirito che ha mosso i primi padri costituenti di questa comunità, oppure si può rischiare di vedere naufragare questo orizzonte. Noi come istituzione culturale siamo in rete con altre realtà internazionali e ci crediamo: vorremmo parlare proprio di questo e abbiamo la disponibilità di Enrico Letta. Per il resto, continuiamo a frequentare l’ambito da underground e overground di una certa scena musicale – avremo ospite anche Max Casacci dei Subsonica – ma anche teatrale. Siccome il tema del corpo è uno di quelli centrali che amiamo affrontare, continueremo ad avere performer e attori e naturalmente gli sportivi: tra le voci più significative avremo Martina Caironi, l’atleta campionessa paralimpica di Bergamo. Trovo bellissimo riunire tutte queste diverse voci nella stessa agorà senza dividere ambiti e comparti.

Quali sono oggi le preoccupazioni sul futuro dei musei d’arte contemporanea?

Questo è un tema vastissimo. Restringendo il ragionamento al piano strettamente economico, c’è molta preoccupazione. Recentemente abbiamo cambiato la natura del nostro appello: non chiediamo più soldi per l’ospedale ma per il Fondo di mutuo soccorso aperto pochi giorni fa dal Comune. Un fondo che ha come intento di sostenere tre categorie: gli anziani, le piccole medie imprese, l’ambito turistico culturale. Le donazioni a questo fondo dovrebbero vedere una ridistribuzione anche al comparto cultura. Il nostro museo costruisce progetti ambiziosi sostenuti di anno in anno da privati: considerata la situazione drammatica in cui siamo immersi, lavorare su bilanci preventivi sarà rischioso e difficile per il 2021 e il 2022. Per questo servono forme di contribuzione alternativa, tra cui il Fondo di mutuo soccorso può essere una valida soluzione, che non sarà comunque risolutiva. Siamo consapevoli che occorrerà uno sforzo straordinario per ripartire. Bisognerà ripartire piano, ma è importante che sul piano dell’elaborazione dei contenuti ci siamo, per poi potere ritornare a camminare sulle nostre gambe.

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