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Lettere

La testimonianza

“A Genova con la figlia malata: trattati come untori perchè siamo di Bergamo”

La signora Andreea racconta la brutta situazione che stanno vivendo nel capoluogo ligure perchè tacciati di trasmettere il Coronavirus

“Mia figlia è malata e mi trovo a Genova con lei perchè ha bisogno di cure: la gente ci dà degli untori di Bergamo e ci sentiamo discriminati”. Così la signora Andreea racconta la brutta situazione che stanno vivendo nel capoluogo ligure perchè tacciati di trasmettere il Coronavirus.

Oltre ad affrontare i problemi di salute stanno facendo i conti con i vicini che le osteggiano. Con la voce rotta dalle lacrime, Andreea afferma: “A fine gennaio mia figlia Irene, di 12 anni, si è accorta di non vedere dall’occhio sinistro: dopo aver effettuato una visita oculistica e diversi esami, purtroppo, abbiamo scoperto che si trattava di un tumore alla testa. Dopo aver ricevuto la diagnosi abbiamo cominciato a informarci per individuare la struttura maggiormente specializzata per questo tipo di patologia e ci siamo rivolti all’ospedale Gaslini di Genova. Dopo aver fissato un appuntamento con i professori del reparto di neurochirurgia, che sono persone e professionisti splendidi, lo scorso 4 febbraio è stata ricoverata e il 12 febbraio è stata sottoposta all’intervento per rimuovere l’80% del tumore. È durato 13 ore, che abbiamo trascorso con tanta ansia e preoccupazione: avevamo il cuore in gola e il tempo sembrava essersi fermato. L’operazione tecnicamente è ben riuscita ma, dopo averla trasportata in terapia intensiva, all’1 di notte ci hanno avvisato che nostra figlia aveva subito 3 ictus. Era rimasta paralizzata per metà del corpo, non muoveva il braccio e la gamba destra e si temeva che avesse un’emorragia. Effettuando gli accertamenti quest’ultima è stata scongiurata ma sono stati rilevati i tre ictus. Ora va meglio: con la riabilitazione ha recuperato l’utilizzo del braccio e della gamba lesionata, parla e sorride. Successivamente dovrà effettuare un intervento per rimuovere la parte rimanente del tumore, mentre ora deve svolgere dai 12 ai 18 mesi di chemioterapia e abbiamo dovuto restare qui. Sono rimasta a Genova con lei e, per starmi vicino, mi ha raggiunto mia sorella con sua figlia e la mia secondogenita, Veronica, di 9 anni, che è a casa da scuola per la pandemia e mio marito, che ha una macelleria salumeria, in questo periodo sta lavorando 13 ore al giorno”.

Andreea e Irene

“Abito in affitto a Genova Nervi – prosegue Andreea – in una casa vicina all’ospedale per poter raggiungere facilmente Irene, ma oltre alle preoccupazioni per i suoi problemi di salute sto subendo l’atteggiamento avverso dei vicini che ci additano come untori di Bergamo a causa della pandemia del Coronavirus. Hanno inviato a casa i carabinieri e la polizia, ci dicono che facciamo schifo e che dobbiamo andarcene, che faranno di tutto per farci lasciare la città e farci sanzionare. Una signora ha aggiunto che non le interessa nulla dei problemi di salute di mia figlia e due poliziotti ci hanno detto che ‘cercheranno’ di non multarmi e di metterci nei panni dei residenti pensando a come vivremmo l’arrivo a Bergamo di una famiglia di genovesi infetti, ma noi non lo siamo: eravamo qui prima dell’introduzione delle restrizioni anti-contagio e non sono scappata per andare in una casa vacanza quando è stata decisa la quarantena”.

Amareggiata, Andreea osserva: “Tornerei volentieri a Bergamo perchè la amo e mi manca come l’aria: sono di origine rumena ma ci vivo da 15 anni, sono sposata con un bergamasco e abbiamo una bella famiglia. Il trattamento che stiamo ricevendo a Genova mi fa molto male: non ho mai chiesto nulla a nessuno, pago 800 euro di affitto ogni mese e vorrei solamente non essere discriminata. Penso che sia necessario sollevare il problema: tacere è sbagliato”.

Irene e Marco Santini

Il marito di Andreea, Marco Santini, aggiunge: “A causa dell’emergenza Coronavius non ho potuto seguire Andreea e Irene a Genova e dare il cambio a mia moglie e sostenerla. Le ho raggiunte in qualche occasione per portare loro il necessario poichè rimanevano in casa, non mi sono mai spostato senza avere un valido motivo: indossando la mascherina, scendevo dall’auto, scaricavo il cartone e tornavo a Bergamo. A Genova la mia famiglia ha alloggiato in tre zone diverse e in ognuna siamo stati trattati da untori perchè venivano da Bergamo. La prima sistemazione era a Quinto di Nervi e siamo rimasti lì per circa un mesetto, il proprietario dell’abitazione era un mio amico ma i vicini del piano di sopra hanno fatto di tutto per cacciarci e abbiamo dovuto andarcene. Oltre alla preoccupazione per nostra figlia, dovevamo individuare un nuovo posto in pochissimo tempo: in fretta e furia ci siamo trasferiti a Rapallo, in un ambiente molto piccolo e soprattutto troppo distante dall’ospedale. I costi erano esorbitanti – pagavamo 600 euro per 48 mq – e non era adatto per ospitare 5 persone (mia moglie e le mie due figlie insieme a mia cognata e sua figlia). Nel frattempo abbiamo cercato e trovato un’altra sistemazione, quella attuale, a Genova Nervi ed è vivibile: la mia famiglia che dovrà permanere 12-18 mesi per la chemioterapia di Irene può contare su spazi adeguati. In tutti e tre i posti abbiamo notato l’ostilità della popolazione perchè eravamo di Bergamo anche se mia moglie non vede più la nostra città dal 3 febbraio perchè è a Genova dal 4 febbraio, il giorno del ricovero”.

“Generalmente – prosegue Marco – la domenica raggiungo la mia famiglia, compilando le apposite certificazioni. Venerdì sera (17 aprile), però, la polizia mi ha chiamato per dirmi di non andare a Genova se possibile. Ho interpellato il mio avvocato: sabato mattina ha telefonato al commissario che gli ha risposto di averci consigliato di non partire. Ieri sera (sabato 18 aprile, ndr), però, una pattuglia per strada mi ha fermato e ha annunciato la sanzione: l’agente mi ha detto che mia figlia non ha bisogno di me perchè la presenza della madre è sufficiente. Non possono capire il dramma che viviamo: la mia famiglia non vede l’ora che arrivi il sabato sera per trascorrere la domenica insieme perchè incontrandole porto energia per affrontare una nuova settimana di cure e difficoltà. Mia figlia e mia moglie hanno bisogno di un sostegno: purtroppo non posso fare molto ma essere presente un giorno alla settimana nel rispetto delle misure anti-contagio è importante per loro. È stato sanzionato – con la multa di 533 euro anche mio figlio, che vive insieme a me e ieri (sabato 18 aprile) mi ha accompagnato. La mascherina che indossava si era rotta da un lato e provvisoriamente gliel’avevo legata agli occhiali, inoltre secondo gli agenti non poteva venire con me, ma io non riuscivo a stare in piedi: avevo un forte mal di schiena perchè sto lavorando 13 ore al giorno e non me la sentivo di guidare. Gli agenti, però, hanno risposto che secondo loro avrei potuto guidare. Nelle scorse settimane, invece, ho ricevuto una contravvenzione sulla strada dei Giovi e quella volta stavo portando farmaci salva-vita per mia cognata e un materasso che le serviva perchè l’appartamento di Rapallo era così piccolo da non avere un posto dove dormire: non conosco ancora l’importo della multa ma arriverà”.

Infine, Marco Santini conclude: “Non ce l’abbiamo con i genovesi ma vogliamo invitare a riflettere su quello che sta accadendo: c’è molta confusione e molti si ergono a giudici decidendo cosa si possa fare oppure no. Questo atteggiamento ci dispiace: non ci sentiamo gli untori d’Italia e siamo fieri di essere bergamaschi”.

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