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Guido marinoni

Controlli prima di rientrare al lavoro: “Necessari ma mancano i tamponi”

La Regione Lombardia chiede al governo la ripresa delle attività produttive dal 4 maggio. Prima di tornare al lavoro bisogna essere sicuri che le persone non siano più infettanti ma l'ordine dei Medici di Bergamo spiega che l'operazione è complicata

La Regione Lombardia chiede al governo la ripresa delle attività produttive a partire dal 4 maggio presentando un programma basato sulle ‘Quattro D”, cioè distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi. Prima di tornare al lavoro, però, bisogna essere sicuri che le persone non siano più infettanti, come indica lo stesso ente in una nota: l’operazione è necessaria ma – spiega l’Ordine dei Medici di Bergamo – la realizzazione è complicata e ci sono molti interrogativi da risolvere.

Il dottor Guido Marinoni, che presiede quest’organismo, afferma: “L’ultima circolare della Regione si riferisce a tutti quei pazienti che al momento sono a casa e hanno una malattia riconducibile a Covid: lieve o grave che sia poco cambia perchè rimangono comunque contagianti. Essendosi curati a casa non hanno effettuato il tampone e prima di riprendere il lavoro – scrive giustamente la Regione – devono svolgere il tampone. D’altra parte non eseguirlo significherebbe mandarli a lavorare con il rischio di essere ancora infettanti. Al momento, però, non ci sono quantitativi sufficienti di tamponi per eseguire i controlli di tutte le persone a casa malate: senza averne a disposizione abbastanza è difficile mandarli al lavoro. Sostanzialmente, quindi, la nota indica le procedure per la ripresa ma è come se dicesse ‘intanto che valutiamo come fare tenete i lavoratori a casa’”.

Per quanto riguarda la tempistica per il rientro, la circolare regionale individua tre casistiche per la conclusione della quarantena. La prima riguarda i pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, cioè che hanno effettuato un tampone nasofaringeo (risultato positivo) e dopo 14 giorni sono risultati negativi a due tamponi a distanza di 24 ore: per loro la quarantena è terminata.

La seconda attiene ai soggetti in isolamento domiciliare fiduciario che presentano sintomatologia simil-influenzale senza evidenza di contatto con un caso: è un numero elevato di pazienti che sono stati monitorati dal medico di base e per i quali non è possibile effettuare sistematicamente tampone nasofaringeo. Per loro è previsto l’allungamento del tempo di osservazione durante il quale rilevare la presenza di sintomi, “da 14 a 21 o meglio 28 giorni. Ciò al fine di attuare un comportamento prudenziale laddove non vi sia la possibilità di sottoporre tutti i soggetti in isolamento fiduciario all’esecuzione di test per la ricerca di SARS-CoV-2, e stante l’attuale indicazione di non utilizzo dei test sierologici per indicare un soggetto guarito e non più infettivo”.

La terza casistica, infine, riguarda i pazienti entrati in contatto con il virus, sintomatici, senza effettuazione del test. Conclusa la sorveglianza con sintomatologia assente per almeno 14 giorni, è previsto che il medico di base richieda all’Ats l’esecuzione di un tampone nasofaringeo; con risultato negativo si conclude l’isolamento fiduciario con ripresa dell’attività lavorativa, mentre in caso di positività si considera valevole il percorso dei 14 giorni e l’effettuazione dei tamponi.

Il decorso, però, è estremamente variegato. Il dottor Marinoni rileva: “Non c’è un termine definito entro cui una persona dopo la guarigione smette di eliminare il virus: molti lo eliminano in pochi giorni ma altri continuano a essere contagianti anche dopo 30-40 giorni. Non va dimenticato che il riferimento ai 14 giorni non c’entra con il periodo in cui un paziente è contagioso: se dopo essere stato in contatto con il virus non lo sviluppa in questo lasso di tempo con ogni probabilità non lo manifesterà successivamente”.

Permangono diversi punti irrisolti. “I controlli previsti dalla nuova circolare della Regione sono uno dei passi necessari da compiere per ripartire – aggiunge il dottor Marinoni – ma la nota riguarda una parte limitata della popolazione, cioè i lavoratori che si trovano a casa in malattia in questo momento e non considera chi ha avuto il virus in precedenza e ora non è più in malattia eppure non ha mai fatto un tampone e si è curato rimanendo nella propria abitazione. C’è un altro aspetto da considerare: si fa riferimento a chi è in malattia Inps ma il quadro è più ampio: rimangono gli interrogativi per tutti gli artigiani, i commercianti e i liberi professionisti. Si fa presto a dire riprendiamo a maggio ma se non si risolvono questi problemi non è possibile farlo. Inoltre, diamo per scontato che non riusciremo a identificare tutti gli infetti ma il numero di malati è elevato: con stime prudenziali calcoliamo che sia almeno dai 60 ai 100mila individui e come gestiremo il rientro di tutti loro?”.

Prima di riaprire occorre anche adeguare anche i luoghi di lavoro. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo annota: “Limitare la circolazione delle persone contagianti è fondamentale, ma rimane il fatto che comunque gli uffici e le fabbriche andranno messi in sicurezza spaziando fra smartworking, distanziamento, protezioni individuali e turnazioni… C’è tutto un progetto da stilare ma reggerà se ci sono poche persone infettanti”.

Esprimendo le difficoltà vissute quotidianamente, un medico di base di Bergamo afferma: “A mio parere, per far rientrare un paziente al lavoro in sicurezza il criterio clinico – quello che ci è stato indicato finora – non è sufficiente perchè più volte pazienti magari con una sintomatologia importante ricoverati in ospedale all’atto della dimissioni risultano già negativi, mentre altri magari falsi sintomatici o con sintomatologia modesta risultano eliminatori del virus per lungo tempo. L’unico modo per essere certi che non siano infetti è effettuare il tampone. Tamponi che vengono svolti in maniera diversa a seconda delle sedi: magari a Chiari effettuano quello nasale e faringeo, magari a Seriate nasalefaringeo oltre al prelievo del sangue mentre all’Ats di Bergamo il tampone nasale che lascia un ampio margine di possibilità che il risultato sia un falso negativo. Non riesco a capire perchè ci siano queste difformità”.

“Effettuare il tampone sarebbe importante anche a livello psicologico – aggiunge il medico – per un paziente che ha avuto una sintomatologia simil-influenzale e al quale sono state ipotizzate forme di Coronavirus spesso senza visitarlo perchè non abbiamo l’accesso se non telefonico al malato in quanto non abbiamo i dispositivi, un altro punto cruciale della situazione”.

Infine, il medico conclude: “Affrontare un’emergenza come questa non è facile, sono state attuate molte iniziative importanti, ma il problema è il coordinamento: per rispondere alle tante esigenze del momento, i protocolli sono stati creati in fretta e vengono modificati nel tempo ma per noi è necessario avere direttive chiare e applicabili altrimenti ci troviamo in difficoltà. Stiamo ricevendo quotidianamente circolari di 10, 20 e 30 pagine che leggiamo la notte e l’ultima comunicazione della Regione è incomprensibile. Termina prevedendo che ‘conclusa la sorveglianza con sintomatologia assente continuativamente da almeno 14 giorni, il MMG richiede alla Ats l’esecuzione di un tampone nasofaringeo per la ricerca di SARS-CoV-2’ e tutte le volte che ne abbiamo chiesto uno ci è stato risposto che non c’era. Poi, per i pazienti che hanno avuto una sintomatologia simil-influenzale senza evidenza di contatto è previsto l’allungamento del tempo di osservazione da 14 a 21 o meglio 28 giorni: sono termini diversi e si demanda al clinico la decisione. La stessa notizia del passaggio dai 14 ai 28 giorni è stata diffusa alla tv quando gli operatori sanitari non erano ancora stati avvisati”.

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