Si produce latte come sempre, ma si vende quasi nulla. È il mondo lattiero-caseario della Val Taleggio ai tempi del Covid-19, un settore rientrato in quella fetta di attività ritenute – a giusto motivo – indispensabili per il normale prosieguo della vita anche in tempo di lock down del Paese, ma non per questo esente da crisi.
Sui monti orobici la vita scorre – più o meno – come sempre. Le vacche pascolano, le stalle producono latte e i casari formaggi. Ma manca il passaggio finale: “Non vendiamo quasi niente e i magazzini si riempiono di prodotti che hanno una conservazione limitata – ci spiega Fabio Arrigoni, presidente della Cooperativa Agricola Sant’Antonio in Val Taleggio -. È un enorme problema: non posso commercializzare uno Strachítunt di 150 giorni, ma al tempo stesso doverlo buttare rappresenta per noi una perdita difficile da recuperare”.
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“Per noi questa emergenza sanitaria è stata una grana doppia – continua Arrigoni -: le mucche non sono macchine che si possono spegnere, come in fabbrica, quindi il latte è stato prodotto come sempre. Al tempo stesso, però, non possiamo vendere quindi il nostro lavoro è diventato un circolo senza sbocchi. Noi lavoriamo col turismo e con la gente che viene da fuori. Abbiamo perso il periodo pasquale che, con un meteo bello come quello di quest’anno, ci avrebbe regalato un introito importante. Le nostre Dop, Taleggio e Strachítunt, in questo momento sono completamente bloccate. I grossisti sono fermi, la gente non può venire a comprare: non abbiamo sbocchi”.
La soluzione più logica è il delivery, la consegna a domicilio: “Da quindici giorni lo stiamo facendo, ma è un business che non può bastare – spiega Flaminio Locatelli della Società Agricola Guglielmo Locatelli -. Per i prodotti di nicchia come i nostri sarà durissima, rischiamo di perdere un intero anno di lavoro con conseguenze molto pesanti”.
Tra le preoccupazioni più grandi c’è “la paura che la gente cambi le proprie abitudini, che smetta di rivolgersi a noi anche dopo la fine di questa emergenza – spiega Locatelli -. Sono contro l’assistenzialismo, spero di uscire con le mie forze da questa crisi. Ma dal Governo, ora come non mai, mi aspetto la promozione del prodotto italiano di qualità: alimentarsi in modo corretto deve essere sempre una priorità, pubblicizziamo questo messaggio”.
“Abbiamo chiuso il 2019 con un bilancio ottimo, eravamo più che positivi prima dell’arrivo di questo virus – racconta Arrigoni -. Negli ultimi anni abbiamo lavorato tanto per portare la gente sul nostro territorio e per far scoprire i nostri prodotti. Ora, invece, è cambiato tutto: toccherà a noi andare da loro. Anche la Cooperativa Agricola Sant’Antonio si sta organizzando per la consegna a domicilio, cercando di sfruttare l’online per la vendita e il pagamento. Non abbiamo alternativa: ci sono i magazzini pieni, in qualche modo dovremo strutturarci per consegnare ai nostri clienti”.
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Il nostro…Pubblicato da Cooperativa Agricola Sant’Antonio su Giovedì 16 aprile 2020
Il comparto caseario in Val Taleggio impegna quasi 80 persone. Ci sono mille forme di Strachítunt pronte per essere commercializzate, ferme in magazzino: “Due terzi di queste rischiano di andare buttate – ammette Alvaro Ravasio, presidente del Consorzio di Tutela dello Strachítunt -. Ci eravamo preparati per la Pasqua e per la primavera, avevamo i magazzini pieni e contavamo di vendere la totalità dei prodotti. Invece, si è fermato tutto”.
“Il 90% del fatturato lo facevamo con i ristoratori che oggi hanno la saracinesca abbassata – continua Ravasio -. E anche i negozi specializzati non riescono a garantire una vendita proficua: il nostro è un prodotto slow, che ha bisogno di una certa educazione. Non è immediato come una mozzarella o un taleggio, lo Strachítunt va spiegato e raccontato e questo cozza con il meccanismo di vendita in vigore oggi, che impone al cliente di stare pochi minuti all’interno di un negozio per lasciar spazio a chi era in fila dietro di lui”.
Ma tra ansie e preoccupazioni, da Ravasio arriva anche una ventata di ottimismo: “Dobbiamo puntare tutto sull’estate e sulla voglia della gente di tornare a vivere le montagne bergamasche – spiega -. Resistiamo oggi e facciamoci trovare pronti quanto ripartiremo. Capisco che sia davvero molto dura, ma non abbiamo scelta”.
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