È scomparso, a 82 anni, il sassofonista Lee Konitz, uno dei massimi protagonisti della storia del jazz. Anche lui colpito da Coronavirus, ha detto il figlio.
Il suo nome, ricorda il Bergamo Jazz festival, “è iscritto indelebilmente anche negli annali del nostro festival. Nel 1976 suonò al Palazzetto dello Sport insieme al suo antico sodale Warne Marsh e poi calcò il palcoscenico del Teatro Donizetti diverse volte: nel 1995, nel fortunato progetto Broadway Music di Paul Motian, nel 1998 con il supergruppo Angel Song di Kenny Wheeler, nel 2001 con un quintetto diretto insieme a Enrico Rava, nel 2004 in duo con la pianista Geri Allen“.
Lee Konitz era uno degli ultimi colossi del jazz, stile al quale si era avvicinato quando era appena un bambino.
Nato a Chicago il 13 ottobre 1927 iniziò infatti a incidere agli inizi degli anni Quaranta, prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, e durante la prolifica e lunghissima carriera – oltre settant’anni di storia – aveva suonato con altri giganti come Miles Davis (nel 1949-50 nelle session che si sarebbero poi trasformate, anni dopo, nel capolavoro Birth of the Cool), Michel Petrucciani (in Toot Sweet), e poi insieme a Charles Mingus e Bill Evans, e ancora Ornette Coleman, Dave Brubeck, Gerry Mulligan, Max Roach e Bill Frisell, solo per citarne alcuni. In particolare, Konitz era rimasto l’unico sopravvissuto ad aver lavorato con Davis in quel disco-pietra miliare.
Comincia con il clarinetto e, ad appena 11 anni, passa al sassofono, lo strumento della vita. Konitz era musicalmente quello che si può definire un onnivoro: per lui la musica era universale, passava da nomi importanti a progetti di seconda scelta, dalle big band ai duetti, sempre e solo per il gusto e il piacere di suonare. Infatti, non è mai diventato ricco con la musica. A quanto sembra, non ha mai avuto un ufficio stampa che promuovesse il suo lavoro, non aveva né un manager e neppure un indirizzo email dove contattarlo. Viveva di jazz perché bastava il jazz a dargli la vita.
In Italia, passava spesso, soprattutto a Umbria Jazz ma anche al Barga Jazz (e appunto al Bergamo Jazz), suonando con nomi della nostra scena come Enrico Rava, Glauco Venier, Enrico Pieranunzi e Ornella Vanoni. Nel 2001, insieme a Franco D’Andrea incide l’album Inside Rodgers, con Stefano Bollani, nel 2003, Suite for Paolo e, infine, The Soprano Sax Albums nel 2007 con il pianista Riccardo Arrighini.
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