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L'intervista

Gli infermieri: “Pochi tamponi e niente indennità per malattie infettive. Poi ci chiamano eroi”

Il presidente dell'Ordine di Bergamo, Gianluca Solitro: "Giusto venerdì ho pianto un altro collega, nelle Rsa fino a 30 in malattia"

Da più di un mese combattono contro il virus. Soldati spesso senza armi, impegnati sui fronti più caldi del contagio: chi negli ospedali, chi nelle case di riposo o nell’assistenza domiciliare. L’epidemia solo ora inizia a rallentare, ma l’emergenza è tutt’altro che terminata. Lo sa bene Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Bergamo.

Come e quanto è cambiata la situazione dall’inizio dell’emergenza? 

La situazione è sempre pesante, abbiamo dati che indicano 7.030 operatori sanitari positivi di cui il 61,57 % in Lombardia e di questi il 52% sono infermieri. Logicamente questi dati sono approssimativi di contagio perché al personale infermieristico non viene fatto il tampone a tappeto ma solo sui casi sintomatici, in alcune realtà nemmeno su quelli. Significa che, alla data odierna, non è escluso il pericolo di mandare in corsia colleghi positivi. Personalmente, essendo la Lombardia tra le regioni indicate come più virtuose nel comparto sanitario, a più di un mese dall’inizio della pandemia non è accettabile dover essere in questa situazione.

A Bergamo sono scomparsi 26 medici, ma anche gli infermieri hanno pianto diversi colleghi.

Proprio ieri abbiamo ricevuto la tristissima notizia della morte del nostro caro collega nonché mio amico Giancarlo Roggerini. A lui si aggiungono le morti degli operatori sociosanitari ed infermieri generici. Pietro Fasanotti era uno storico pilastro del gruppo operatorio dell’ospedale Papa Giovanni. Angelo Vescovi, ausiliario presso l’ospedale di Romano, era da poco andato in pensione. Ma anche Luciano Mazza, infermiere generico a Zingonia, e l’operatore del 118 Diego Bianco. In Italia a oggi risultano scomparsi 28 infermieri a causa del Covid-19 da aggiungere agli impressionanti numeri, sottostimati, di infetti.

Dove si registrano le criticità maggiori?

In questi giorni ricevo molte chiamate dai dirigenti infermieristici nelle Rsa. In alcune realtà del territorio mi segnalano venti o addirittura trenta infermieri in malattia che non riescono a rientrare a lavoro, con tutti i disagi che ne possono conseguire. A queste realtà va certamente aggiunta l’assistenza domiciliare, sia per la difficoltà a ricevere indicazioni certe sui riferimenti per i pazienti e le famiglie che per i materiali, saturimetri e bombole di ossigeno. Dopo la prima grave ondata avuta in ospedali e terapie intensive, ora abbiamo bisogno che il territorio venga sostenuto e organizzato per garantire una risposta a lungo termine.

Nelle Rsa gli infermieri non rientrano a lavoro proprio per la scarsezza di tamponi.

Nel rispetto delle indicazioni regionali previste dalla DGR XI/3018 del 30 Marzo 2020 il personale per rientrare in servizio deve avere il doppio tampone negativo, e su questo siamo pienamente d’accordo, anche perché cosi evitiamo di continuare a lasciare personale positivo in corsia, ma tutto questo deve avere un percorso fluido e soprattutto ci devono essere i tamponi a disposizione. Nel territorio extraospedaliero non è ancora a regime un monitoraggio degli infermieri che non hanno la possibilità di fare alcun tampone e questo è ancora più grave. In questi giorni si sta muovendo qualcosa e l’Ats sta dando informazioni per procedere. Con tutte le difficoltà del  caso per una procedure nuova e per il reperimento del tampone stesso.

Un bel paradosso.

Se facessimo i tamponi a tutto il personale sanitario probabilmente l’80% risulterebbe positivo. Capisco che questo metterebbe a dura prova la tenuta del sistema, e capirei le difficoltà delle strutture a coprire i turni. Ma capisco anche i colleghi, stanchi di vedere che il tampone viene effettuato subito al calciatore o al politico di turno, mentre loro non hanno lo stesso trattamento. Il rischio della positività degli infermieri con sintomatologia lieve o addirittura assente è molto elevata. Questi colleghi continuano a mettere in pericolo la propria salute, quella dei cittadini e delle proprie famiglie. Arrivati a questo punto sarebbero perfino disposti a pagarlo di tasca propria il tampone.

Insomma, non proprio un trattamento da “eroi”.

Ormai direi che tutto il paese è consapevole che l’infermiere di oggi è un professionista laureato, spesso con 5-7 anni di università, specializzato con competenze tecnico professionali avanzate e uniche. Se però lo rapportiamo al nostro stipendio base di 1.450 euro, direi che qualcosa non quadra, anzi quello stipendio in questa fase emergenziale non è stato sempre incrementato dalle indennità di rischio infettivo. In alcuni casi gli infermieri hanno perso anche l’indennità di turno, perché facendo mattino e pomeriggio nella stessa giornata il sistema non riconosce l’indennità dei tre turni, quindi oltre il danno la beffa. Ad oggi il sistema non riconosce nemmeno l’indennità di rischio infettivo previsto solo per i reparti di malattie infettive, ma oggi ospedali interi sono Covid positivi e anche le Rsa e i domicili devono essere considerati tali.

Vi aspettate dei cambiamenti dopo l’emergenza?

Oggi gli infermieri chiedono semplicemente che vengano riconosciute le competenze, che venga valorizzato il percorso formativo post-laurea, ed in un futuro breve rivisto il contratto della sanità pubblica e anche privata, che da più di dieci anni è fermo. Gli infermieri sono l’asse portante del sistema salute e senza gli infermieri non c’è futuro. Serve un ragionamento a lungo termine che finalmente, anche con uno sguardo su realtà estere, investa su nuovi modelli assistenziali e su professionisti che vedano riconosciute le capacità che da sempre mettono al servizio del sistema salute italiano. Insomma, non abbiamo bisogno del vestito di super eroe, ma vogliamo il giusto riconoscimento professionale per essere considerati professionisti con la ‘P’ maiuscola, al servizio del cittadino. In questa fase continueremo a rispondere al massimo delle nostre possibilità e anche oltre, ma verrà il tempo di non dimenticare e imparare da ciò che è stato per rialzarci più forti e preparati di prima.

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