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Vendette e minori

Su Telegram ampissimo gruppo di revenge porn

Nel gruppo Telegram le foto dei corpi di centinaia di ragazze che hanno commesso il “reato” di lasciare un fidanzato o di averlo tradito o, magari, di essersi fidanzate con un’altra persona.

89.247. Questo è il numero totale degli utenti che fanno parte del gruppo Telegram di revenge porn che ha fatto molto scalpore negli ultimi giorni.

89.247 sono anche le persone che sono perseguibili per i reati di pedopornografia, violazione della privacy e trattamento dei dati personali di terzi (questo è un illecito che si commette anche quando si inviano gli screen di una conversazione su Whatsapp senza il consenso della persona con cui si sta chattando) e calunnia.

È necessario procedere per gradi.

La pedopornografia è la diffusione di materiali di stampo pornografico che hanno come soggetto minorenni. È doveroso ricordare che fino al compimento del diciottesimo anno di età si parla di pedopornografia, quindi anche le foto di un’adolescente in atteggiamenti intimi o di nudo appartengono a questo campo.

La violazione della privacy è il trattamento (diffusione, scoperta, ricerca) dei dati di una persona la quale ha scelto non di condividerli. Ad esempio, se un’amica o un amico ci mandano un proprio selfie innocente, anche senza allusioni pornografiche e noi decidiamo di metterlo in rete o di condividerlo con un gruppo di amici, sia in maniera virtuale che nella vita reale, stiamo violando la sua privacy.

La calunnia è l’offesa recata ad una persona, durante la sua assenza, basata sulla diffusione di false informazioni o di insulti circa i modi di essere e di fare di quest’ultima. Quindi, tutti gli insulti alle donne o alle ragazze presenti nelle foto inviate non sono solo parole, ma calunnie e, quindi, reato.

Arriviamo quindi al revenge porn vero e proprio, ovvero, la diffusione di materiale pornografico di un individuo con lo scopo di “vendicarsi” su di questo per un torto presunto (o meno) subìto.

È facile che nel gruppo Telegram ci siano le foto dei corpi di centinaia di ragazze che hanno commesso il “reato” di lasciare un fidanzato o di averlo tradito o, magari, di essersi fidanzate con un’altra persona.

In questo malato scambio di figurine virtuali, in cui al posto dei calciatori si trovano ragazze giovanissime e una marea di insulti, l’unica domanda corretta da porsi è: “Sono davvero le donne che chiedono di essere stuprate se indossano una gonna più corta, come delle menti illuminate troppo spesso ipotizzano o, molto più probabilmente, ci si trova davanti a una moltitudine di uomini che non sa minimamente come comportarsi con una donna?”.

Sicuramente la dieta mediale imposta da alcune reti televisive, spesso, non aiuta.

A “DomenicaLive – non è la D’Urso”, non più tardi di una settimana fa, viene discusso il caso di una donna che è stata per quattro anni con un uomo sposato. La sentenza degli ospiti? La colpevole è lei perchè non doveva provarci con un uomo sposato. E l’uomo? Quest’uomo era sposato e aveva una figlia, ma questo non è stato importante perché, indipendentemente da questo lui ha ceduto alle avance di un’altra donna.

Nessuno si scandalizzò quando Taylor Mega venne insultata da Antonella Elia al “Chiambretti Night Show” con appellativi sicuramente di poco gusto, per usare un eufemismo, in merito alle foto della Mega su Instagram.

Nessuno si scandalizza se a “Ciao Darwin” una platea di uomini si alza in piedi con fare animalesco e con un binocolo guardando il seno e il lato B di una ragazza.

Nessuno si scandalizza se siamo continuamente inondati di programmi in cui è lecito insultare una donna se vuole posare nuda, se vuole flirtare con un uomo o se vuole sfilare in intimo.

Nessuno si scandalizza mai per queste cose, ma quando poi vengono esasperate in situazioni tragiche come questa, allora lì, ci si arrabbia e si grida tutti allo scandalo.

Ci sono delle differenze, certo, ma il dato più importante è che questa volta non sono stati presi di mira dei personaggi televisivi ,ma della gente comune e tra queste ragazze potrebbe esserci chiunque, anche tua sorella, tua madre o tua figlia.

A distanza di poco, gli iscritti alla pagina sono calati e mi pare una dimostrazione più che valida del fatto che quando un comportamento viene denunciato e viene contrastato, inevitabilmente si inverte la rotta.

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