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Dal 23 febbraio

Nembro, diario di un’emergenza: quei 144 decessi e la mancata zona rossa

La relazione del sindaco Claudio Cancelli durante il Consiglio comunale ripercorre le tappe del contagio, in una sorta di lungo diario di bordo

I numeri degli ultimi dieci giorni lasciano intravedere una piccola flebile luce in fondo al tunnel. Ma quello affrontato dagli abitanti di Nembro, per usare le parole dell’amministrazione, è stato “il periodo più difficile dal dopoguerra mai affrontato dalla nostra comunità. Ciò che non avremmo mai immaginato di vivere e provare”. Lo si legge nella relazione esposta dal sindaco Claudio Cancelli durante il Consiglio comunale del 30 marzo (guarda qui), pubblicata sul sito del Comune. Una sorta di lungo diario di bordo che riassume – per quanto possibile e dal punto di vista della Giunta – l’emergenza all’interno del paese più colpito dall’epidemia.

Dal 23 febbraio 144 decessi

La relazione indaga il numero delle tante, troppe morti. “Oggettivamente un elemento rilevante per capire come siamo stati investiti da questa tragedia e cercare di comprendere cosa è successo – si riporta -. Prendendo come data di riferimento il 23/02/2020 ad oggi abbiamo registrato 144 decessi (ai quali si prevede si aggiungano circa 4-5 pratiche non ancora pervenute) rispetto ai 18 del corrispondente periodo dell’anno” precedente.

Numeri dietro i quali si celano volti e storie, sottolinea il sindaco Cancelli. “Tutti coloro che ci hanno lasciato avevano un posto”. Dagli anziani “che nella loro lunga vita hanno intrecciato la loro esistenza con la nostra storia” ai più giovani, “che sembravano poter essere più forti della malattia e invece non ce l’hanno fatta”. Quando l’emergenza sarà passata, “quando la vita ritornerà nella normalità, troveremo il modo giusto per ricordarli tutti”.

La prima vittima fu l’ex camionista Franco Orlandi, 83 anni. Di lì a poco il paese si è trasformato in una piccola Spoon River, dove le campane a morto nemmeno suonano più. Un pensiero particolare è rivolto alla casa di riposo, dove sono almeno 32 i decessi (una percentuale altissima, se si pensa ai 90 posti letto totali). “Alcuni per cause non legate al Covid-19 – si puntualizza nella relazione – ma tanti sicuramente riconducibili al virus”. Tra gli altri, anche il presidente Giuseppe Pezzotta, per tutti ‘Bepi’.

La macchina comunale da ripensare

Un intero capitolo è dedicato alla riorganizzazione della quotidianità, stravolta dall’ondata del virus: da rivedere in fretta vista l’avanzata rapida e silenziosa della malattia. Dalla consegna dei pasti e farmaci a domicilio a una rete di volontariato specifica (composta da 90 persone oltre a quelli già operanti sul territorio) per garantire l’assistenza alla popolazione. Fino alla comunicazione, fondamentale per spiegare l’evolversi della situazione e i vari provvedimenti (non sempre di immediata comprensione) emanati da Governo e Regione. “I cittadini ci hanno subito chiesto chiarezza e trasparenza” spiega il vicesindaco Massimo Pulcini. A tal proposito è stato istituto anche un numero di telefono per l’emergenza, attivato l’8 marzo tutti i giorni dal lunedì alla domenica, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 18.

È solo una parte di un lavoro enorme, reso ancor più difficile dal reperimento della bombole di ossigeno, dal mai banale trasporto dei dializzati positivi e dalla perenne scarsità di presidi sanitari (mascherine filtranti e chirurgiche, guanti, camici) anche per i medici di base, vettori inconsapevoli della malattia tra i loro assistiti e finiti in quarantena. Tanti problemi, alcuni superati dalla solidarietà laddove non arriva il sistema, sanitario o sociale che sia. Le donazioni, grandi e piccole, hanno raggiunto la cifra di 100 mila euro.

La Zona rossa

Inevitabile, infine, un riferimento alla questione più dibattuta. Secondo l’amministrazione, due elementi hanno contribuito a rendere più difficile ogni eventuale decisione sulla zona rossa. Primo: “La presenza di un tessuto produttivo costituito da numerose aziende manifatturiere con grande impiego di manodopera locale, con una forte percentuale di fatturato sull’estero. Questo non poteva non costituire una preoccupazione sul futuro del lavoro nei nostri territori. E, anche se non mi è noto direttamente – ammette Cancelli – si può immaginare che associazioni imprenditoriali abbiano posto questa questione come meritevole di attenzione ai livelli regionali e nazionali”.

Secondo: “Il fatto che, diversamente dal Lodigiano, la nostra realtà territoriale è una città lineare che si sviluppa senza soluzione di continuità a partire dalla città di Bergamo. Il tessuto urbano consolidato di un comune si collega a quello di un altro, rendendo più complicata la definizione di un contorno dell’eventuale zona e la gestione della stessa tra comuni confinanti. Anche rispetto all’ipotesi Nembro-Alzano, non si poteva non constatare che il rapporto numero di positivi rispetto alla popolazione era più alto in comuni confinanti con un minor numero di abitanti”.

Il sindaco dice di non essere mai stato consultato sul tema. La decisione, secondo lui, era “evidentemente in capo a Governo e Regione Lombardia per le competenze loro specifiche”. “Al di là di tutto – ribadisce – era necessario che in questo contesto venisse dato valore decisivo alle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, perché ogni scelta avesse un fondamento tecnico che ne giustificasse il vantaggio dal punto di vista della salute dei cittadini”.

Indietro, sicuramente, non si può tornare, anche se il tempo per spiegare quanto successo dovrà essere trovato. “Ora dobbiamo pensare a uscirne, poi a ricostruire e ripartire” commenta il vicesindaco Pulcini, che giovedì sera ha diffuso via social il puntuale messaggio dell’amministrazione. Può suonare paradossale, ma ancora ci sono “troppe persone che non rispettano le norme restrittive attive in questi giorni – fa presente il sindaco Cancelli -. Come ho detto, potremo riprenderci prima se saremo stati inflessibili ora”.

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