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L'intervista

Coronavirus, Roberta Villa: “Un test del sangue aiuterà a capire se si è diventati immuni”

Abbiamo chiesto alla giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca Roberta Villa, laureata in medicina e chirurgia, un parere sulla difficoltà nel sapere quando chi ha contratto il Covid-19 non è più contagioso

“Ancora non ci sono certezze su quando le persone diventano immuni: un test del sangue potrà aiutare a capirlo”. Così la giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca Roberta Villa, laureata in medicina e chirurgia, illustra uno dei problemi cruciali della pandemia del Coronavirus, cioè la difficoltà nel sapere quando chi ha contratto il Covid-19 non è più contagioso.
L’abbiamo intervistata per saperne di più.

Se una persona ha avuto il virus, con sintomi o meno, passati 20 giorni è immune?

Su questo non c’è ancora nulla di documentato. Dopo venti giorni dalla scomparsa dei sintomi tendenzialmente lo è diventato, ma dipende molto da quanto è stata grave la malattia. Ogni situazione è diversa dalle altre e molte persone che hanno contratto il Coronavirus non sono andate in ospedale, spesso non hanno effettuato il tampone nemmeno all’inizio, quindi non hanno ricevuto la diagnosi, non possono sapere con certezza quando non sono più contagiose e questo è un grande interrogativo per il controllo dell’epidemia. Chi è stato ricoverato in ospedale ha eseguito un primo tampone, quindi ha una diagnosi confermata: se l’esito è positivo ma si sente abbastanza bene viene lasciato comunque in quarantena finchè non risulterà negativo a due tamponi a distanza di 24 ore.

Da cosa dipende il tempo di guarigione?

Alcune persone si ammalano in forma lieve, per pochi giorni e con pochissimi sintomi, altre dopo una settimana di forma influenzale peggiorano molto sia in termini di febbre sia di respiro perchè sviluppano la polmonite che può portarli anche a un’insufficienza respiratoria e in questi casi servono anche diverse settimane. La durata della malattia dipende dalla gravità della condizione, da come viene curata e da come reagisce l’organismo anche in ospedale e in terapia intensiva.

I tamponi, dunque, sono fondamentali

Oggi più che svolgere tanti tamponi per la diagnosi, che è importante dal punto di vista epidemiologico per avere informazioni su come sta andando l’epidemia, si stanno effettuando soprattutto per capire chi non è più contagioso e alla fine della malattia può tornare a una vita tendenzialmente normale. Nella Bergamasca come in generale nella Lombardia, infatti, la diffusione del Coronavirus ormai è estesa e i sintomi sono chiaramente riconoscibili dal medico, così piuttosto che eseguire il tampone è importante fornire un’assistenza domiciliare adeguata.

Bisognerebbe fare i tamponi a tutti?

È impossibile pensare di effettuarli a tutti. Secondo me non sarebbe nemmeno il caso perchè il tampone dà soltanto una “fotografia” del momento: una persona può essere negativa e successivamente risultare positiva perchè anche se è già stata contagiata sono necessari almeno un paio di giorni prima che il virus sia rilevabile. Ci aspettiamo di ricavare informazioni più utili nel prossimo futuro dai test sirologici: si tratta di un esame del sangue che misurerà gli anticorpi e speriamo che ci permetta di capire se una persona ha avuto la malattia e quindi sarà immune. Allo stato attuale, però, non sappiamo se questi anticorpi danno una protezione permanente e soprattutto questo tipo di test al momento non è ancora convalidato. E sconsiglio quelli fai-da-te.

Ci spieghi

Su internet e in farmacia si possono acquistare test (simili a quelli della gravidanza) per il dosaggio degli anticorpi contro il Coronavirus che non sono stati convalidati: possono dare informazioni non corrette che possono portare a comportamenti controproducenti perchè, per esempio, se penso di avere gli anticorpi e non li ho mi espongo a rischi e viceversa. Bisogna aspettare la ricerca che sta lavorando intensamente: tanti laboratori sia pubblici sia privati sono impegnati per giungere a test più rapidi per esaminare i tamponi, cioè per appurare la presenza del virus, e moltissimi anche per mettere a punto test che misurino gli anticorpi nel sangue dimostrando se la persona ha avuto la malattia ed è protetta.

L’esame del sangue non è molto lontano?

No, alcuni test dovrebbero essere convalidati nell’arco di giorni o poche settimane. Probabilmente non richiederanno nemmeno un prelievo vero e proprio ma solo una gocciolina di sangue. Permetterebbero di avere maggiori informazioni anche ai fini della ripresa perchè le persone che hanno già avuto la malattia e sono protette potrebbero tornare a lavorare e riprendere alcune attività.

Fermo restando il dubbio sull’immunità

Purtroppo per ora non sappiamo con certezza se c’è ma le ragioni per sperarlo sono buone.

I tamponi veloci sono attendibili?

In questo periodo di incertezza bisogna basarsi su dati certi, quindi mi riferisco alle informazioni convalidate. Bisogna fare chiarezza: i tamponi sono una sorta di cotton fioc che vengono utilizzati per raccogliere materiale presente nella gola e nel naso verificando se ci sono tracce del materiale genetico del virus. Quest’analisi viene svolta in laboratori che hanno un certo grado di specializzazione e si riferiscono ai criteri dell’istituto superiore di sanità. Svolgono un esame chiamato PCR che moltiplica le copie eventualmente presenti del virus che raggiungano una quantità tale da poter essere identificate. Diversi centri di ricerca hanno messo a punto test rapidi come quello usato a Vo’ (ex zona rossa in Veneto). Ce ne sono diversi tipi: alcuni possono dare l’esito in 3,4 ore, altri sostengono in un’ora e altri ancora più velocemente.

Sono affidabili?

Al momento è stata appurata l’attendibilità di uno di questi test, realizzato in Italia e prodotto dall’azienda DiaSorin, approvato dalla FDA (Food and Drug Administration), l’agenzia americana per gli alimenti e i medicinali. Per utilizzarlo non occorre più moltiplicare le copie del virus in un centro specializzato: un kit lo rende eseguibile in qualsiasi laboratorio di ospedale. Anche in questo caso, poi, ci sarà il problema della disponibilità: come i classici tamponi non saranno infiniti e l’azienda dovrà produrli a sufficienza… Siamo in una fase di transizione.

In che senso?

Il bicchiere mezzo vuoto è rappresentato dall’esistenza di tantissime esigenze, richieste e domande di ricerca pressanti provenienti da ogni dove ma il lato positivo è che tutto il mondo della ricerca ha cominciato una gara a chi fa meglio e a chi arriva prima. Rispetto alle epidemie che si sono verificate nei secoli scorsi abbiamo molte più possibilità di arrivare a risposte in tempi ragionevoli.

È utile dotarsi di saturimetri?

Questi strumenti, che permettono di avere una stima della quantità di ossigeno presente nel sangue, utilizzati sempre in rapporto stretto con il proprio medico, possono essere utili ma è importante che le famiglie dove non ci sono ammalati non corrano ad acquistarli altrimenti vengono a mancare a chi ne ha bisogno. Stanno scarseggiando come alcuni farmaci, per esempio l’idrossiclorochina che molti stanno assumendo a scopo preventivo senza fondamento, e si rischia che ne rimanga sprovvisto chi ne ha necessità: ci vogliono solidarietà e senso civico.

Per concludere, considerando le difficoltà nello stabilire quando non si è più contagiosi, come si riuscirà a capire quando sarà finita l’epidemia?

Il discorso è ancora molto aperto. Il fatto che gli asintomatici siano tanto contagiosi è un assunto che si sta diffondendo ma per ora ha poche basi scientifiche. Sappiamo che molte persone hanno pochissimi sintomi, per questo raccomando di non sottovalutare quelli lievi, come un leggero mal di testa, qualche lineetta di febbre e un po’ di tosse. Se in famiglia qualcuno non manifesta sintomi è meglio che vada a fare la spesa al posto di chi li ha e che quest’ultimo sia molto riguardato anche nei confronti dei familiari. Probabilmente il dosaggio degli anticorpi potrà aiutarci a superare la pandemia ma trovo realistico che in qualche modo dovremo convivere con questo problema riportandolo a un livello di circolazione inferiore e più accettabile, con un rischio minore. Per eliminarlo completamente, però, ci vorrà tempo, un vaccino e comunque non poche settimane o pochi mesi.

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