I responsabili delle Rsa di Bergamo e della provincia orobica hanno scritto una lettera alla Regione Lombardia e all’Ats per chiedere aiuto segnalando che nelle Rsa si sono registrati “oltre 600 morti in 20 giorni”.
Una situazione drammatica. Significa che sta morendo in media quasi il 10 per cento dei pazienti, dato che gli anziani ospiti in queste strutture sono circa 6.400: “Mentre scriviamo la situazione continua ad evolvere in peggio. Siamo in ginocchio anche sul versante operativo perché quasi duemila dei cinquemila operatori risultano assenti per malattia, quarantena o isolamento”, si legge nella lettera. “Abbiamo bisogno di certezze per evitare il collasso”.
“Certo, non tutti sono morti per il coronavirus, ma molto probabilmente qualcuno è morto con il coronavirus. Dico probabilmente perché dopo che il paziente è deceduto non viene più effettuato il tampone e quindi non è possibile esserne sicuri. E per persone di 90 o 95 anni qualunque polmonite può essere letale, che il Covid-19 ne sia o meno la causa”.
“Nessuna polemica, ma un grido d’aiuto. Resistiamo al Vostro fianco in queste settimane di quotidiana sofferenza nostra, dei nostri Ospiti e dei loro familiari. Abbiamo bisogno da Voi di alcune certezze per evitare il collasso di molte Rsa e CDI da sempre impegnate nella tutela e nei bisogni dei più anziani, dei più fragili e di chi resiste al proprio domicilio grazie alla nostra assistenza – scrivono il 25 Marzo i rappresentanti di Uneba Bergamo Fabrizio Ondei, dell’associazione Case di Riposo Cesare Maffei, e dell’associazione San Giuseppe Barbara Manzoni – Servono guanti, mascherine, occhiali, camici e divise”.
E serve il rientro del personale in malattia, assicurando tamponi a distanza di 24 ore per gli operatori in via di guarigione. “Stiamo combattendo questa battaglia al Vostro fianco nell’interesse dell’intera collettività ma è fondamentale per noi un vostro impegno formale che ci assicuri la prosecuzione delle attività”, si legge ancora sulla lettera.
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