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Il ricordo

Brembilla: “Il lavoro più bello da assessore, la nuova mensa dei poveri con don Fausto” fotogallery

"Il progetto prevedeva una mensa troppo piccola: l'abbiamo modificato perché a don Resmini come a me pensare a lunghe file all'esterno faceva stringere il cuore"

Non è per niente facile scrivere in questo momento un ricordo di don Fausto Resmini, sia per il dolore che attraversa noi, la comunità del Patronato e la società civile di Bergamo, sia perché tante sarebbero le cose da scrivere.

Mi affido allora ai ricordi personali.

Don Fausto l’ho conosciuto molti anni fa quando, con l’impresa familiare abbiamo costruito un ascensore presso la Comunità don Milani da lui guidata. Si è stabilito subito un rapporto di simpatia, costruito nei vari incontri quando, come volontario, ho insegnato italiano agli stranieri al Patronato.

Vorrei però soffermarmi su un ricordo particolare che cito sempre perché, come assessore ai Lavori pubblici, ho sempre detto che è stato il lavoro più bello che ho realizzato. Poco dopo la mia nomina nel primo mandato del sindaco Giorgio Gori, ho dovuto affrontare il tema della mensa del povero, più correttamente mensa del servizio Exodus, nel nuovo stabile costruito vicino alla stazione.

La mensa era in un prefabbricato e, con don Fausto abbiamo affrontato il progetto che, secondo lui e anche per me, prevedeva una mensa troppo piccola per i bisogni. Attraverso più incontri, abbiamo modificato il progetto, aumentando sensibilmente i posti, per dare una dignità agli ultimi che lì si rivolgevano per un pasto. Pensare a lunghe file all’esterno ci faceva stringere il cuore. Non siamo riusciti a eliminarle, ma certamente il raddoppio dei posti previsti fu una conquista.

Ho ancora negli occhi la sua gioia il 5 gennaio del 2015, quando, alla presenza del vescovo Francesco Beschi e del Sindaco, ci fu l’inaugurazione. Ricordo il mio discorso interrotto più volte dall’emozione per essere riuscito, in poco tempo a ultimare l’opera, lo sguardo commosso di don Fausto e il braccio del vescovo sulla mia spalla a condivisione dell’emozione.

Ricordo anche le mitiche cene benefiche, prima di Natale, che l’indimenticabile Gina organizzava in comunità: autentici momenti di solidarietà e allegria.

Caro don Fausto, non è una frase fatta quel “sarà impossibile dimenticarti”; il bene da te compiuto resterà nella mente di tutti e nella storia della nostra Bergamo. Dovremo fare in modo di esserti, in qualche modo, eredi e continuatori, compito arduo, ma sono certo che è quello che tu vorresti.

Concludo con una frase di Enzo Bianchi, già priore della comunità di Bose, che ieri alla domanda “quando finirà questa tragedia saremo cambiati in meglio”, ha risposto: se ognuno pensa per sé, se ognuno crede di poter camminare da solo, se l’egoismo dell’autosufficienza prevalesse, insomma se ognuno si occupa della propria libertà, le prospettive saranno negative.

Ecco, caro don Fausto, nel doloroso momento dell’ Ad-Dio tu, che hai sempre lavorato per gli altri, hai combattuto a fianco degli ultimi e dei semplici, aiutaci a essere veramente migliori, che segnifica essere più umani.

Un abbraccio

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