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La lettera

“Vuota, silenziosa: dovrò raccontare al mio bimbo che Bergamo è stata anche così”

È qualcosa che fa male, agli occhi e al cuore, che non può lasciare indifferente chi ha sempre visto la sua città in altri abiti

Un’ultima uscita per i bisogni del cane, in un centro di Bergamo desolatamente deserto: una visione insolita, impossibile da immaginare prima dell’emergenza legata alla diffusione del Coronavirus in città e provincia, la più colpita in Italia.

È qualcosa che fa male, agli occhi e al cuore, che non può lasciare indifferente chi ha sempre visto la sua città in altri abiti: e che ora si troverà a dover raccontare tutto questo a proprio figlio, nato 14 mesi fa.

La riflessione che vi proponiamo è di Andrea Zanchi, un bergamasco cittadino.

“Ho quasi 40 anni, sono nato e cresciuto tra queste vie che per me sono come il giardino di casa, la propria cameretta, il famoso piccolo mondo antico.

Non se sia la malinconia che proprio stasera ha deciso di venirmi a trovare ma è davvero impressionante, soprattutto spiegarlo a chi non è di qui, cosa voglia dire per un Bergamasco vedere la sua città così.

Forse (ma si potrebbe pure togliere) nemmeno i nostri nonni che hanno visto le guerre e le loro brutture l’hanno mai vista così, vuota e silenziosa.

bergamo deserta

Per un turista o un fotografo il panorama perfetto, ma è il silenzio che ti entra dentro, un silenzio quasi rispettoso, che si nasconde dietro ogni portone o finestra con le luci accese, come se si vergognasse a farsi vedere.

Un po’ come noi Bergamaschi.

In questi giorni tanti di noi hanno scritto ‘Bergamaschi di poche parole, scontrosi, burberi ma grandi lottatori e soprattutto grandi lavoratori’.

Il silenzio anche della paura, o meglio dell’incognita di tutta questa situazione; la paura che qualche disgraziato ancora non ha sentito sfiorare la propria pelle o famiglia e gli fa pensare che sia solo una lunga vacanza e quindi si debba andare a correre o a passeggio visto il tempo clemente.

La paura del tempo che passa senza dare risposte, il tempo che passa facendo aumentare i dati macabri che urlano ai tg.

In tutta Italia si è lanciata la riunione tramite flashmob: nella mia via (non so altrove ma non credo tanto differentemente) solo domenica alle 18 si è fatto un po’ di ‘casino’ da qualche balcone; mi sono beccato pure degli ‘insulti’ da Valeria perché non c’è niente da festeggiare, nulla da esorcizzare…ma come mi ha detto lei e subito dopo ho capito, c’è bisogno di rispettare il dolore, la paura e soprattutto la morte di chi da tutto questo ne è uscito in una bara.

Questo è il significato del silenzio della mia Bergamo: e fa ancora più effetto perché così non l’ho mai vista e dovrò forse raccontarla a mio figlio Riccardo che si è affacciato sul terrazzo alla scoperta di un mondo nuovo.

Dovrò dirgli che la sua Bergamo è stata anche così: ma non siamo ‘Berghem de Sass’ a caso”.

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