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Emergenza coronavirus

“Possiamo sopravvivere senza e-commerce, in Bergamasca ancora attivi 3mila facchini”

Fit Cisl: "Non hanno mascherine e fanno consegne per 80 pacchi al giorno. Oltre 40% degli addetti in malattia, posti di lavoro non sicuri"

“Siamo in gran parte cresciuti con il pane doppio nella giornata del sabato, si può sopravvivere momentaneamente anche senza l’e-commerce. Adesso più che mai”. Fit Cisl di Bergamo chiede a gran voce la chiusura delle realtà di e-commerce in provincia, della logistica e dei magazzini collegati, nei quali lavorano oltre 3000 persone, soprattutto personale “stanziale” (cioè facchini non viaggianti), costrette come i lavoratori di ospedali e supermercati a turni massacranti per la contemporanea assenza del 40/50% di colleghi in malattia.

In provincia operano leader del mercato come Sda, Brt, Gls, Dhl, Lynx, Ceva Logistics, Tnt, Ups, Kuene Nagel. In queste realtà, nella grande maggioranza dei casi, il personale è appaltato a cooperative, che a loro volta utilizzano spesso lavoratori somministrati.

“Di vestiti, videogiochi, e cianfrusaglie varie si può fare a meno – dicono Antonio Scaini e Pasquale Salvatore della segreteria provinciale Fit Cisl -, della tutela della salute dei lavoratori certamente meno. In questi giorni, le principali aziende di distribuzione hanno deciso di interrompere l’attività: per Bartolini , Sda e Gls blocco totale. Amazon, ad esempio, no. I sindacati hanno anche indetto lo sciopero dei corrieri per mancata applicazione del protocollo per il contrasto e il contenimento del Covid-19 negli ambienti di lavoro, ma l’azienda di Casirate ha annunciato che non sospenderà le consegne”.

È indubbio che lo sviluppo del digitale nel commercio abbia portato, anche nella nostra provincia, benefici dal punto di vista occupazionale e opportunità per chi acquista prodotti scontati senza la necessità di recarsi presso i punti vendita. Ciononostante, in piena emergenza sanitaria, serve maggiore conoscenza del settore e quindi maggiore consapevolezza rispetto a quello che comporta questa nuova modalità di fare shopping.

“Le condizioni di lavoro all’interno dei magazzini di smistamento e spedizione non garantiscono il contrasto e il contenimento della diffusione del virus, prova ne è che alcune note aziende del settore anche in provincia di Bergamo hanno deciso di chiudere i battenti – affermano ancora i sindacalisti della Cisl -. Ci sono aziende che fermano la movimentazione delle merci consapevoli dei rischi e dei propri limiti nell’adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei propri dipendenti. Troviamo magazzini con il 40-50% dei lavoratori in malattia, chi per evento patologico, chi per una giustificata paura nel praticare gli spazi aziendali dopo aver appreso di un collega ricoverato per coronavirus”.

I rappresentanti sindacali denunciano quotidianamente la mancata dotazione dei dispositivi di protezione individuale, evidenziano spazi di lavoro che non permettono di mantenere la distanza di sicurezza, così come una promiscuità derivata dalla presenza di personale esterno (camionisti, drivers ecc.) che utilizza spazi in comune, non sanificati, come uffici, bagni, area ristoro e quindi potenzialmente veicolanti per il contagio.

“Siamo stanchi ormai di ripeterlo – continuano Scaini e Salvatore -: fermate la consegna a domicilio di tutto quanto non è definito di prima necessità. Ci sono magazzini che lavorano a ritmo serrato come fossimo in pieno periodo
natalizio e questo riporta alla cecità di chi ha pensato nei giorni scorsi che bastasse chiudere solamente i negozi: si ordina il superfluo, ci sono magazzini stracolmi e, conseguentemente, camion e furgoni sulle strade (con autisti che si relazionano con una moltitudine di clienti) che consegnano scarpe, occhiali da sole, giochi di società, prodotti di cosmetica, bigiotteria, capi di abbigliamento. È questo l’essenziale? – si domandano -. Che senso e che utilità può assumere il protocollo del 14 marzo scorso, quando un lavoratore sta utilizzando da 10 giorni la stessa mascherina? Che risposte può dare quel documento ad un driver che consegna fino a 80 pacchi al giorno e viene a contatto con altrettante persone in ogni angolo della provincia più colpita d’Italia? Per queste e molte altre ragioni riteniamo sia arrivato il momento di fermarci e a quelli che in questi giorni decantano l’orgoglio e lo spirito bergamasco ricordiamo che siamo in gran parte cresciuti con il pane doppio nella giornata del sabato, si può sopravvivere momentaneamente anche senza l’e-commerce”.

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