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L'emergenza

Coronavirus: “Il Centro Alzheimer di Gazzaniga rivoluzionato per accogliere i pazienti”

La dottoressa Sara Fascendini, primario del Centro Alzheimer di Gazzaniga, racconta lo sforzo che la struttura sta compiendo per gestire i pazienti Covid positivi per alleggerire l'ospedale

Il Centro Alzheimer di Gazzaniga si sta trasformando in un reparto di medicina sub-acuta per gestire i pazienti Covid positivi dimessi dall’ospedale. La struttura della Ferb (Fondazione Europea di Ricerca Biomedica) si è rivoluzionata per aiutare a fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

È uno sforzo straordinario fondamentale per dare sollievo agli ospedali che, in questo modo, possono riuscire ad accogliere i malati più gravi, garantire loro le cure e salvare le vite delle persone. La dottoressa Sara Fascendini, primario del Centro Alzheimer di Gazzaniga, spiega: “In questo momento l’imperativo categorico è alleggerire gli ospedali iperacuti altrimenti non possono farcela: non ci sono più posti e non riescono a far fronte a tutte le persone che hanno bisogno delle terapie. Per questo, venerdì scorso abbiamo cominciato ad accogliere pazienti Covid provenienti in modo particolare dal Papa Giovanni. Gli arrivi sono stati rapidi: nella prima giornata ne sono stati trasferiti cinque, ora sono 18 e con ogni probabilità proseguiremo fino alla saturazione dei posti letti disponibili (la struttura ne conta 30). L’età media è attorno ai 73-74 anni, ma ci sono anche persone più giovani, di 49 anni, oltre a diversi sessantenni e settantenni: la maggior parte è costituita da uomini e con più patologie coesistenti. Sono stati trasferiti a un livello di terapie meno acuto ma hanno bisogno di cure sia mediche sia infermieristiche: hanno avuto polmoniti da Coronavirus e necessitano dell’ossigeno, stanno svolgendo la terapia antibiotica e quasi tutti anche antivirale. È la fase che precede la quarantena post-ricovero in strutture dedicate o al proprio domicilio nel rispetto delle misure anti-contagio”.

Le loro esigenze sono completamente diverse da quelle dei pazienti seguiti abitualmente dal centro, cioè le persone con demenza. La dottoressa Fascendini evidenzia: “Da centro riabilitativo siamo diventati un reparto di medicina: ci siamo ricollocati per fornire un’altra modalità di assistenza. Sentiamo di dover fare la nostra parte perchè in una tragedia come questa nessuno può tirarsi indietro, così abbiamo rivoluzionato tutto. Ci siamo messi totalmente a disposizione: era l’unica cosa da fare dal punto di vista sanitario ma anche morale e umano. Abbiamo colto con entusiasmo la possibilità di alleggerire l’ospedale: è stata una risposta molto spontanea che è venuta dal cuore, era impossibile non attivarsi per far fronte a questa necessità”.

La caposala Cosetta Sangiovanni è in prima linea: “Senza di lei – afferma la dottoressa Fascendini – tutto questo non sarebbe stato possibile. Il cambiamento che abbiamo messo in atto sta comportando una fatica organizzativa enorme: abbiamo cambiato i turni del personale, il modo di lavorare… tutto per rispondere a questo imperativo categorico. Un grande grazie va a tutti gli operatori, che stanno facendo uno sforzo sovraumano: sono veramente degli eroi che stanno dando il massimo per riuscire ad aiutare. Lavorano con uno spirito di abnegazione e responsabilità enorme, anche mettendo a rischio la loro salute perchè non sempre ci sono le mascherine e i mezzi di protezione: cerchiamo di fornirglieli ma scarseggiano, reperirli è difficile anche se ne abbiamo urgente bisogno ed è un problema. Si stanno adoperando con professionalità, coraggio e impegno ma è fondamentale garantirne la sicurezza, altrimenti diventa tutto più complicato. La metà di loro si è ammalato e, per fortuna, chi ha contratto prima la malattia sta rientrando”.

Centro Alzheimer di Gazzaniga

Unendosi al ringraziamento per gli operatori, la caposala Cosetta Sangiovanni afferma: “Il merito del servizio che stiamo svolgendo è di tutto il personale, che sin dall’inizio mi ha seguito e sta assicurando la massima dedizione. Probabilmente ho trasmesso a loro quello che avevo nel cuore: accogliere i pazienti Covid era doveroso. Ci siamo snaturati e rimessi in gioco dal punto di vista professionale, perchè improvvisamente abbiamo iniziato a occuparci di tutt’altro genere di degenti: è un percorso che siamo in grado di offrire perchè siamo professionisti, medici e infermieri. Non è facile: ci sono state giornate in cui non sapevamo il turno che avremmo svolto il giorno dopo, abbiamo perso il conto delle ore di lavoro ma l’abbiamo fatto volentieri. Abbiamo dovuto imparare anche la gestualità: siamo immersi nei materiali di protezione, i camici, la mascherina e gli occhiali, e quando sudi devi ricordarti che non puoi toccarti il naso o la fronte… bisogna imparare anche questi aspetti perchè il rischio è imminente”.

La dimensione psicologico è cruciale. Sangiovanni continua: “Questi pazienti sono persone che hanno bisogno di dimenticare ciò che hanno vissuto. I loro racconti sono drammatici, per esempio una signora ci ha raccontato che ha visto il suo vicino di letto non respirare più da un momento all’altro, c’è chi ha aspettato per ore nelle corsie degli ospedali non sapendo dove avrebbe potuto essere collocato e c’è chi ha vissuto la paura di avere la stessa malattia di tanti altri ricoverati che sono morti. Stiamo facendo di tutto per poterli coccolare: abbiamo organizzato un’iniziativa di volontariato per raccogliere televisioni e radio in modo che ognuno possa averne una per passare il tempo e svagarsi, poi sono tutti abbastanza giovani, quindi hanno il cellulare e l’i-pad, ma cerchiamo di stargli vicino anche a livello umano. Piccoli e semplici gesti di vicinanza sono importanti e vengono apprezzati”.

Dal punto di vista umano l’impatto dell’emergenza è forte. Il primario racconta: “I pazienti hanno vissuto una situazione allucinante, surreale e hanno bisogno di tutto il nostro supporto. Ognuno ha la sua storia ed è molto toccante: per esempio, una signora di Codogno ci ha riferito che tutti i suoi familiari sono ricoverati in diversi ospedali lombardi, mentre un signore residente a Gazzaniga arrivato la prima sera ci ha detto che si sentiva già più a casa. Siamo riusciti, poi, a riunire nella stessa stanza una coppia che al Papa Giovanni si trovava in reparti diversi. Hanno superato momenti terribili e anche solo il trasferimento in un regime di degenza più leggero solleva il loro morale. Guardano i telegiornali e sono consapevoli della gravità del periodo che stiamo attraversando, sono “pazienti molto pazienti”, vivono quello che sta succedendo con la speranza che passi presto: stanno lottando e si affidano a noi. Tutti i giorni chiamiamo i familiari per aggiornarli sulle loro condizioni cliniche”.

A causa dell’emergenza il Centro Alzheimer di Gazzaniga ha sospeso i progetti che aveva in corso. La dottoressa Fascendini prosegue: “Ciò che più ci spaventa è che sovvertendo il nostro lavoro abbiamo dovuto rinunciare a proseguire la realizzazione del progetto “RECage (Respectful Caring for the AGitated Elderly)” a cui crediamo profondamente e non sappiamo quando l’emergenza potrà rientrare. In questo momento le persone con demenza rimangono i più fragili tra i fragili: abbiamo notato che quelle colpite dall’infezione da Covid, che sono a domicilio, tendono a essere meno reattive, a diventare più rallentate e soporose. Stiamo facendo di tutto per gestire queste situazioni anche da lontano consigliando modifiche alle terapie e adattamenti dell’ambiente, rispondendo al telefono e alle e-mail. Stiamo lavorando su due fronti: le visite ambulatoriali, come da decreto regionale, sono sospese però cerchiamo di dare risposte a distanza perchè ci rendiamo conto che i nostri pazienti non sono spariti e hanno bisogno di noi. Non poterli assistere di persona ci rattrista e speriamo di poter riprendere il nostro lavoro appena possibile”.

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