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L'intervista

Alessia Lorenzi e Womest, il laboratorio di futuro per le ragazze

Alessia è una wayouther, ed è la co-fondatrice di Womest, laboratorio per le studentesse del secondo ciclo sulle STEM (Scienza, Tecnologica, Ingegneria e Matematica) e sulle città del futuro.

Alessia Lorenzi è una 19enne bergamasca che attualmente studia Biotecnologie all’Università di Milano-Bicocca. Da grande vorrebbe diventare una ricercatrice nell’ambito medico, vorrebbe essere felice e poter, grazie al suo lavoro, aiutare il prossimo. È una Wayouther, ed è la co-fondatrice di Womest, laboratorio per le studentesse del secondo ciclo sulle STEM (Scienza, Tecnologica, Ingegneria e Matematica) e sulle città del futuro. Tutto questo grazie a una maratona progettuale che la vide impegnata alla giovane età di 17 anni, conosciuta ai più come Hackathon.

Spiegaci sinteticamente cosa sono gli Hackathon e raccontaci della tua vittoria

Gli Hackathon sono maratone digitali progettuali che coinvolgono persone di diversa provenienza, età, sesso, percorso di studi e così via, che divise in team rispondono ad una sfida del presente. Come? Elaborando in 24 ore un progetto innovativo e sostenibile che possa, in qualche modo, risolvere un problema legato alla sfida assegnata.

Ho vinto il mio primo hackathon a 17 anni, quando io ed altri miei compagni di scuola ci siamo recati fino a Siena per partecipare al “Food Innovation Hack”, il primo hackathon della scuola italiana promosso dal MIUR le cui sfide si riferivano al rapporto cibo – salute, cibo – territorio e cibo – acqua. Eravamo più di 150 studenti e studentesse da scuole superiori di tutta Italia, nei diversi team nessuno si conosceva e all’inizio è stato strano, ma una volta entrati nella competizione non ci fermava più nessuno. Provavo sensazioni nuove, che in una normale lezione in classe non si possono sperimentare, in un’esperienza unica e completamente nuova che mi ha fatto dire: “Bene, ora diamo il massimo!”. Sfortunatamente il nostro non fu il progetto vincente, ma a fine della premiazione il presentatore iniziò a chiamare le persone che più si erano distinte e che più avevano assimilato la metodologia di svolgimento dell’hackathon, una per gruppo. Sedici persone che sarebbero partite l’estate successiva alla volta dell’arcipelago maltese partecipando ad una Summer School. Appena ho sentito il mio nome ero un misto fra incredula, emozionata, basita e felice, sentivo i miei compagni festeggiare con me e ho pensato che forse, in quel momento, la mia piccola vittoria sarebbe potuta essere un nuovo punto di partenza per me.

alessia lorenzi womest

Cos’è WAYouth? Come ti trovi all’interno di questo gruppo?

WAYouth è la prima community nazionale di giovani della scuola italiana che aggrega al proprio interno le vincitrici e i vincitori degli hackathon, delle simulazioni e delle principali competizioni promosse dal MIUR negli ultimi anni. Si occupa di Peer Mentoring nell’ambito di eventi con attività di challenge based learning, di accelerare progetti e formare individui e gruppi, di ingaggio locale di cittadini stimolando il protagonismo individuale e collettivo a livello scolastico e territoriale, permettendo di contaminare e di crescere insieme. Ha un ampio raggio di azione, e si concentra soprattutto sui ragazzi e le ragazze delle scuole superiori del nostro Paese, ma da quando ne faccio parte (un mese dopo la mia vittoria) ho imparato che è molto, molto di più. È la forza di ogni componente che viene messa a disposizione degli altri, è la fiducia che c’è tra ognuno di noi, è la condivisione di esperienze, obiettivi, storie, ma soprattutto è qualcosa che non si comprende al massimo finché non ci si entra a contatto. Anche se, in realtà, non sono passati che due anni e mezzo da quando sono stata coinvolta in questo “uragano”, mi ricordo benissimo come mi sentissi spaesata e un pochino impaurita all’inizio. Vedevo miei coetanei entusiasti, coinvolti, già fare gruppo, mentre io e la mia timidezza osservavamo più distaccate quella sessantina di giovani così consapevoli attorno a noi. Sono cresciuta, sono cambiata, ho abbandonato la timidezza ed ora mi sento parte integrante di questa community. Siamo tutti coetanei, condividiamo situazioni simili anche se proveniamo da realtà apparentemente molto diverse, quindi è facile sentirsi come a casa ormai.

Gli Hackathon ti hanno cambiato la vita? Se sì, come?

Più che la mia vita, hanno cambiato il mio modo di vedere le cose e di affrontare situazioni nuove e diverse. Non sono più diffidente, intimidita, quasi repulsiva nei confronti del cambiamento, anzi. Ora analizzo, pianifico, collaboro, mi attivo maggiormente, non mi faccio spaventare da cambiamenti di programma improvvisi ma lavoro in maniera differente, cerco insomma di avere una strategia con cui affrontare il mio futuro e le varie tappe del mio percorso, ma sempre con una mentalità aperta e con la voglia di imparare tanto dagli altri, cercando di assorbire il più possibile come una spugna. Mi hanno aiutata a sviluppare capacità di team working, di problem solving, di future thinking e di public speaking, che mi sono sicuramente utili e lo saranno senza dubbio anche in futuro, contribuendo al miglioramento della mia persona e delle mie soft skills.

Cos’è Womest? Com’è nato e qual è il tuo ruolo?

Womest è un vero e proprio laboratorio di futuro ideato per le studentesse delle scuole superiori del nostro Paese. È nato dall’unione di “woman” e “STEM” e ha un titolo che fa molto rumore: “La mente non ha genere”. È un messaggio che è importante che venga trasmesso e recepito, e non solo dalle partecipanti.

Womest nasce ad aprile 2018, quando io ed altre 50 ragazze provenienti da 34 scuole di tutta Italia abbiamo colto l’opportunità che ci ha offerto il MIUR e ci siamo ritrovate a Firenze in occasione delle ultime Olimpiadi Europee Femminili della Matematica, per confrontarci e analizzare le cause che potessero essere all’origine del profondo gap di genere quando si parla di materie STEM, settore ICT e tecnologie abilitanti. Secondo un recente studio della London School of Economics, in Italia solo il 12.6% delle studentesse intraprende un percorso di studi universitario legato a queste discipline, il 6.4% continua nel settore ICT e sono percentuali esigue. Sono stati due giorni estremamente intensi e proficui, al termine dei quali è nato Womest come laboratorio e competizione nazionale.

Durante la serata tra i due giorni di attività io e altre ragazze di WAYouth abbiamo capito che c’era bisogno di una figura che potesse fare da referente per le attività di Peer Mentoring non solo nella nostra community, ma anche in generale durante lo svolgimento degli eventi, ed eccomi qui!

alessia lorenzi womest

Ti ritieni la “Mamma” di questo ambizioso progetto?

Sicuramente essere stata una co-ideatrice di Womest mi fa sentire molto orgogliosa, ma dire “mamma” non credo dia l’idea del grande lavoro di squadra che c’è stato per l’ideazione, la progettazione e lo svolgimento di questo laboratorio.

Quando ti è stato affidato l’incarico di guidare questo progetto? Come ti sei sentita? Cosa hai provato?

È stato al primo compleanno di Womest. Ho condiviso con chi mi seguiva le emozioni di quella sera, un anno prima, quando ho deciso di assumermi questa responsabilità. Nel corso delle due giornate di ideazione a Firenze ho avuto modo di pensare a come mi sentissi coinvolta dal progetto nascente, come le tematiche di fondo mi stessero a cuore e di come fosse il momento di assumere un ruolo definito. Se tieni veramente a qualcosa, è giusto farsi avanti e prendere posizione. È stata questa sorta di epifania che mi ha vista scendere dall’ascensore dell’hotel e dire “Lo guido io il progetto”. La solidarietà, il coinvolgimento, la collaborazione che ho trovato in quelle 50 ragazze prima e nelle partecipanti poi mi rimarrà sempre nel cuore, così come l’Alessia timida che ho lasciato dietro di me e le grandi emozioni ad ogni evento di Futura in cui si è tenuto Womest, ma anche la tensione di salire sul palco a parlare delle sfide, la meraviglia nello scoprire la grande bellezza delle città italiane che abbiamo toccato con questo laboratorio e tutte le storie che i team di ogni tappa hanno elaborato.

Perché pensi che sia così importante il progetto Womest?

In prima persona ho potuto sperimentare il cambiamento che mi ha portato questa esperienza. Ad ogni evento a cui ho potuto fare da mentor alle partecipanti di questo laboratorio ho visto ragazze sveglie, che indipendentemente dall’indirizzo scolastico di provenienza si mettevano in gioco, erano curiose, ci tenevano a elaborare una bella storia indipendentemente dalla vittoria, ho visto ragazze con grinta e spirito di squadra. Sta cambiando la concezione di “lavoro da uomo o da donna”, c’è questo senso comune di ragazze che si supportano a vicenda, di consapevolezza dei propri punti di forza, è qualcosa che va oltre la concezione di femminismo e di abbattimento degli stereotipi, è emozionante vedere come la mia generazione sia così ricca dal punto di vista del capitale umano, nutro molta fiducia nel futuro.

Credo che Womest possa portare ad un vero e proprio cambiamento di prospettiva quando si parla di “cosa farai da grande”. Non si può rispondere con un mestiere definito secondo me, una buona parte dei miei coetanei e della nostra generazione si troverà a fare lavori che molto probabilmente ancora non esistono. Ma sarà interessante vedere come ognuno si approccerà al proprio futuro e alla strada che si troverà a percorrere, così come vedere un riempimento del profondo gap di genere che c’è nel settore lavorativo scientifico.

Come si svolge un evento Womest? Ogni quanto?

Womest si è svolto a partire da aprile 2018. Ha toccato quattordici città italiane in un anno e ora si sta preparando per la grande edizione internazionale che si terrà al padiglione italiano di EXPO Dubai 2020. Per ogni tappa immaginate circa 50 ragazze che si approcciano per la prima volta al mondo delle tecnologie esponenziali e delle STEM applicate al futuro. Dopo una prima giornata di formazione, il giorno successivo si dividono in squadre e scrivono una storia sulle loro città nel futuro, su come le STEM e il loro sviluppo contribuiranno al loro cambiamento e su come un cittadino medio vi si muoverà, interagendo con le novità apportate dalle innovazioni tecnologiche una volta integrate nel sistema cittadino: nell’edilizia, nei servizi sanitari, nelle abitudini alimentari e sportive, come nei più svariati aspetti sociali. I laboratori Womest si sono tenuti all’interno degli eventi di Futura Italia, una piattaforma di accelerazione verso il futuro promossa dal MIUR e dedicata alla scuola italiana che connette e promuove innovazione, cultura digitale e formazione esperienziale.

alessia lorenzi womest

Cosa pensi del progetto STEM promosso dal tuo ex istituto scolastico?

“SI FA STEM” ha visto l’ISIS Natta e l’associazione Soroptimist collaborare in maniera veramente sinergica ed efficace. Siamo riuscite a portare nel nostro auditorium diverse donne di scienza lombarde che hanno ottenuto grandi risultati nel loro settore: dalla direttrice del Museo Civico di Scienze Naturali “Enrico Caffi” Anna Paganoni, alla Segretaria Generale dell’associazione BergamoScienza Susanna Pesenti, la ricercatrice del Massachussets Institute of Technology Claire Holley, diverse figure dell’ambito ingegneristico. Insomma, tante diverse realtà che, grazie alle loro storie di protagonismo, hanno ispirato e orientato le ragazze della mia scuola così che potessero capire i loro effettivi interessi per il futuro, sentendo le testimonianze di chi anni prima era esattamente come loro. Avendo aiutato a guidare ed organizzare questo progetto ho potuto vedere compagne di scuola realmente interessate e coinvolte, all’inizio timide ma mai passive, sempre attente ed interessate ad immedesimarsi in queste storie così coinvolgenti e vicine a loro. Sono orgogliosa di queste iniziative e di questi progetti, è importante che ci sia un percorso di orientamento al futuro ricco e vario negli Istituti Superiori e il Natta in prima fila ha solo che contribuito ad abbattere diversi pregiudizi ed ostacoli. Sarebbe bello se si tenessero altre edizioni di questo percorso, anche in tante altre scuole primarie e secondarie di diversi gradi.

Ora che ne hai l’occasione, chi vorresti ringraziare?

Sicuramente la professoressa Monica Fanizzi, docente dell’ISIS “G. Natta” dove ho studiato, che è stata la prima a credere in me, ad accompagnarmi ai vari eventi a cui ho partecipato anche dall’altra parte dell’Italia, ma soprattutto a non farmi mai dubitare delle mie capacità e del mio ruolo. WAYouth, non meno importante, per il grande lavoro di crescita che mi ha permesso di migliorarmi costantemente, per le realtà con cui sono entrata a contatto in questi anni e per tutti e tutte coloro che hanno contribuito a rendere me e Womest come siamo adesso. Impactscool, l’organizzazione con cui abbiamo collaborato a stretto contatto per lo svolgimento di Womest in tante città diverse. Lorenzo Micheli, fondatore di WAYouth e project manager di Futura Italia, che non ha mai smesso di credere in me, che mi ha portata sui palchi di diverse città italiane a parlare di questo grande progetto, che mi ha insegnato a tenere sempre la testa alta e a cogliere il futuro.

Cosa consigli a tutte quelle ragazze che vorrebbero entrare nel mondo scientifico?

Consiglio di ascoltare loro stesse, i loro gusti, le loro ambizioni, senza lasciarsi influenzare da pregiudizi, volontà altrui o ostacoli che possono trovare per strada. Faccio loro i miei più sinceri auguri per il futuro, ma soprattutto do un consiglio: se pensate a tutte quelle donne di scienza di successo nel passato o nel presente, non hanno avuto niente o nessuno che le ha spinte a intraprendere determinate carriere, se non la loro inarrestabile voglia di scoprire, di sperimentare, sbagliare e riprovare, di sentirsi a proprio agio ad essere qualcuno che veramente rispecchia la propria personalità e le fa sentire libere di fare le scelte che preferiscono. Auguro a tutte loro di avere un sogno, un obiettivo, un progetto, e di costruire un percorso che permetta di raggiungerlo e realizzarlo.

Dai un messaggio ai lettori di BGY

Sia che siate impegnati a perseguire un obiettivo o alla ricerca della vostra strada, non abbiate paura di sbagliare: quando si parla del vostro futuro, non ci sono scelte giuste o sbagliate, ma solo consapevoli. Quindi siate consapevoli delle vostre capacità, di ciò che vi piace veramente fare e di che tipo di persona volete essere. Ma, soprattutto, non abbiate paura di sperimentare, di fare esperienze, non fermatevi ad un “no” e nemmeno ad una porta che si chiude. Chissà, magari si apre davvero un portone…

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