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Il ricordo

“Gregotti e quel corridoio degli specchi che rifletteva la complessità del nostro tempo”

L'architetto Attilio Gobbi ricorda Vittorio Gregotti, scomparso all'età di 92 anni.

È morto a Milano Vittorio Gregotti, in seguito alle conseguenze di una polmonite causata da Coronavirus. Il grande architetto aveva 92 anni. Era nato a Novara nel 1927 e aveva esordito nel settore dell’architettura nel 1947 a Parigi nel 1947. Nel 1974 fondò con Pierluigi Cerri, Pierluigi Nicolin, Hiromichi Matsui e Bruno Viganò la Gregotti Associati. Tra i suoi edifici più noti ci sono la Chiesa di San Massimiliano Kolbe a Bergamo e la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Accademia Carrara, oltre alla Torre in via Pirelli alla Bicocca e lo Zen di Palermo, realizzato nel 1969, progetto estremamente controverso e ancora oggi dibattuto.

“Vorrei ricordare Vittorio Gregotti non solo come architetto, certamente uno dei maggiori protagonisti del dibattito architettonico italiano e internazionale, ma come un uomo di grande cultura, di grande passione, colui che ha creduto forse prima di molti altri sulla capacità del team work, del confronto con altri architetti, del lavoro associato” commenta l’architetto Attilio Gobbi.

C’è un’immagine di un lavoro di Gregotti che lo rappresenta al meglio o che ricorda per un particolare?
“Se dovessi scegliere un’immagine che rappresenti meglio di altre questa complessità, non sceglierei quindi quella di un edificio o di un quartiere, ma piuttosto quella, celebre, del “caleidoscopio”, un allestimento ideato da Vittorio Gregotti assieme a Giotto Stoppino, Lodovico Meneghetti e l’architetto ticinese Peppo Brivio, inserito nel 1964 nel Palazzo dell’Arte della 13ª Triennale a Milano: si tratta di un tunnel a sezione poligonale lungo ventiquattro metri e alto dieci – ma sembravano venti perché le pareti erano completamente rivestite di specchi. Sul pavimento erano proiettati documentari sul tempo libero e il tempo del lavoro, accompagnati da una una colonna sonora composta da Nanni Balestrini e da un collage realizzato sempre sul pavimento da Achille Perilli”.

Perché questa immagine?
“Perché mi ha sempre colpito da un lato la complessità che può nascere da un gesto tutto sommato semplice ma così coinvolgente. Ma soprattutto perché mi sembra una rappresentazione plastica quasi preveggente della multidimensionalità del percorso culturale e professionale di questo grande architetto. E se mi permettete, anche della complessità e imprevedibilità delle nostre vite, e ne sappiamo dolorosamente qualcosa in questi giorni”.

GOBBI RICORDA GREGOTTI
Vittorio Gregotti, XIII Triennale di Milano, 1964
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