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L'intervista

Gosens, bergamasco adottato: “Abbiamo sottovalutato il virus, ora soffro con voi”

L'esterno tedesco parla del momento terribile della città: "Abbiamo capito di cosa si trattava quando i casi erano tantissimi, ma ammiro gli italiani per come stanno vivendo la situazione"

È preoccupato Robin Gosens. È preoccupato per le notizie sul Coronavirus come tutti i bergamaschi perché, in fondo, pure lui è ormai un po’ bergamasco: “In questo momento mi sento uno dei tanti italiani che vivono questo tormento” ha spiegato l’esterno tedesco in una lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport.

“All’inizio non ho dato peso alla situazione, quando ho letto sul Welt di un nuovo virus che dalla Cina forse sarebbe arrivato in Europa. Prima cliccavo qualche notizia in Rete ogni tanto, ma non ci facevo caso. L’inizio della paura quando l’ho sentito vicino. Quando mi hanno spiegato che la Lombardia era il centro di tutto, che da nessun’altra parte d’Europa c’erano tanti casi. Quel giorno mi sono detto: ‘Ok, prima era a Wuhan, così lontano, e adesso è qui: ora siamo in pericolo’. Ho chiesto alla mia fidanzata se volesse tornare in Germania, ma ha voluto restare qua con me”.

Il primo calciatore positivo al Coronavirus è stato lo juventino Daniele Rugani: “Quel giorno abbiamo pensato tutti: e adesso chissà quando torneremo a giocare – spiega Gosens -. Pensai alla quarantena: per lui, i compagni, gli avversari. Pensai che siamo davvero tutti sulla stessa barca. E infatti ora sono in autoisolamento anche io, ma non è cambiato nulla: in pratica lo ero già da mercoledì. Sono preoccupato quanto lo sono da giorni, né più né meno”.

Gosens
Robin Gosens, 25 anni, tedesco di Emmerich am Rhein

Il tedesco ha anche parlato del match col Valencia e di quei giorni di lavoro surreali, prima dell’ottavo di ritorno, in cui l’Italia si era praticamente fermata a causa del virus: “Continuando a ripeterci che se avessimo messo tutto in campo e scritto la storia, avremmo dato almeno un sorriso alla nostra gente – commenta Gosens -. Avremmo fatto felice la città almeno per due ore. È stato il nostro chiodo fisso”.

“Il Coronavirus l’abbiamo sottovalutato tutti, io per primo – ha continuato l’esterno tedesco -. ‘Al massimo è un’influenza’, mi dicevo. E sono uscito, sono andato al ristorante, ho incontrato gli amici. Non conoscevamo questo nemico e la sua capacità di contagio, lo abbiamo capito solo quando i casi erano già tantissimi. Troppi. Quando ci hanno spiegato il significato di quelle due parole: zona rossa”.

Gosens
Per Gosens 91 partite e 13 gol con la maglia dell'Atalanta

“Gli italiani? Dopo un po’ di superficialità sono emerse le vostre cose migliori: il coraggio, la solidarietà, l’identità di popolo. E l’amore per la vita, la riconoscenza: leggere di gente che si affaccia ai balconi e applaude i medici, gli infermieri, mi ha commosso – ha spiega Gosens -. Chiuso in casa ho molto più tempo per la mia fidanzata, per studiare e preparare qualche esame di psicologia, per leggere dei libri che erano rimasti lì, in attesa di essere aperti. E poi mi alleno un po’ a casa, anche se è stranissimo. Non è strano farlo a casa: è strano farlo senza sapere quando mi servirà”.

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