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Lombardia

Niente case popolari senza la residenza: la Consulta boccia la legge della Regione

Il requisito della residenza da almeno 5 anni “non ha alcun nesso con la funzione del servizio pubblico in questione, che è quella di soddisfare l’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di effettivo bisogno”.

È stata depositata  la sentenza n. 44 della Corte Costuzionale dove si stabilisce che “è irragionevole negare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente o non abbia un lavoro nel territorio della Regione Lombardia da almeno cinque anni” e accoglie la censura già sollevata dal Tribunale di Milano contro quanto stabilito (e applicato) dalla Legga Regionale n. 16/2016.

Significativa la motivazione della bocciatura: il requisito dei 5 anni “non ha alcun nesso con la funzione del servizio pubblico in questione, che è quella di soddisfare l’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di effettivo bisogno”.

La norma cioè viola “i principi di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto fonte di una discriminazione irragionevole in danno di chi, cittadino o straniero, non possieda il requisito richiesto” e per di più “contraddice la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica”.

L’Unione Inquilini di Bergamo accoglie “con grande soddisfazione questa sentenza che dà ragione alle lotte condotte in questi anni dal movimento antirazzista e dal movimento di lotta per la casa. Il requisito dei cinque anni di residenza nella regione, per italiani e immigrati, ha escluso molti richiedenti in condizioni di bisogno, come abbiamo potuto notare all’atto della presentazione delle domande per l’assegnazione delle case popolari che ci sono stati all’autunno dello scorso anno nonché quelli precedenti. Bandi che peraltro contengono altre limitazioni ed esclusioni nei confronti delle categorie più bisognose (per esempio: i punteggi che premiano la continuità delle residenza più dei bisogni abitativi reali e addirittura l’esclusione dall’edilizia pubblica per una parte delle famiglie più povere), che contraddicono anch’esse “la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica” e contro le quali invitiamo il movimento per il diritto alla casa a proseguire la critica e la mobilitazione”.

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