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Centro Salesiano DON BOSCO

La testimonianza

“Dopo l’ecstasy e un trapianto di fegato, mi dedico alla prevenzione”

Giorgia Benusiglio ha raccontato la sua drammatica esperienza in un incontro con tutte le classi della scuola superiore del centro Salesiano "Don Bosco di Treviglio"

Dal centro Salesiano “Don Bosco di Treviglio” ci raccontano un incontro-testimonianza di sensibilizzazione sull’uso e abuso di sostanze. Ha partecipato Giorgia Benusiglio, che ha raccontato la sua drammatica esperienza agli studenti delle superiori.

Il 30 gennaio tutte le classi della scuola superiore hanno avuto l’opportunità, e aggiungerei il piacere, di dedicare una giornata all’informazione e alla prevenzione, con un’attenzione particolare alla tematica degli stupefacenti. Nonostante ad alcuni possa essere sembrata un’iniziativa non troppo originale, forse addirittura scontata, tutti hanno avuto poi modo di ricredersi.

L’evento si è svolto al cinema di Treviglio, dove le classi hanno assistito alla visione del film “La mia seconda volta”.

Il film è ispirato alla vicenda di Giorgia Benusiglio, una ragazza che, dopo una tragica esperienza con l’ecstasy e un miracoloso trapianto di fegato, ha deciso di dedicarsi all’opera di prevenzione, portando la sua testimonianza a chiunque, tra scuole o trasmissioni televisive e radiofoniche, volesse ascoltarla.

Dopo la visione del film, è iniziata la seconda parte della giornata, ossia la diretta testimonianza di Giorgia, che era stata precedentemente presentata da un cameo alla fine del film.

Questa è stata, a opinione comune, una testimonianza di prevenzione che si è veramente rivelata utile, interessante, ha catturato l’interesse e toccato nel profondo il pubblico; non ci sono stati luoghi comuni, il solito perentorio e vago “la droga fa male”.

Ha voluto testimoniare, concretamente, candidamente e con grande coraggio, nonostante la sua (e grazie alla sua) esperienza, perché riconosce che sia nostro diritto essere consapevoli del prezzo di certe nostre azioni.

Trovare certi tipi di droga, come l’ecstasy che ha quasi tolto la vita a Giorgia nel ‘99, purtroppo non è difficile e, sebbene i giovani siano più informati di quanto non lo fossero dieci, quindici, vent’anni fa, la disinformazione resta alta, così come i rischi che accompagnano l’uso di queste sostanze.

La parte che più ha colpito il pubblico è stata la quotidianità delle scene che ci sono state raccontate: amici che si ritrovano in discoteca, uscite in spiaggia, serate passate in casa, ma che sono finite in tragedia, tutto per la disinformazione che spinge un giovane (addirittura dai 14 anni in su) a prendere una pasticca; un ragazzo che, in fin dei conti, non sa cosa effettivamente stia per prendersi, magari non ha mai provato quel tipo di sostanza e pensa sia solo la “sbandata di una sera”. Purtroppo non si rivela tale.

Il suo discorso ha affascinato, coinvolto e, perché no, turbato: le conseguenze drammatiche di una scelta sono state molto sentite, ma non è l’unico fattore che ha spinto a riflettere.

Una tematica discussa è stata quella delle amicizie, quelle che restano, quelle che hanno un fondamento solido; e poi quelle che oltre a una sbandata del sabato sera non vanno.
In molti casi, quasi in un crescendo, Giorgia ci ha parlato di quelle che sono state le peggiori reazioni dei cosiddetti amici di fronte alla tragedia che ha toccato il gruppo: ragazzi il cui malessere è stato sottovalutato, fatalmente; altri invece che venivano soccorsi e portati in ospedale mentre i compagni nemmeno si accorgevano della loro assenza; ragazzi, come noi, che venivano abbandonati da amici che non volevano responsabilità sull’accaduto.

E qui si notano le vere amicizie, diverse dalle semplici conoscenze.
Ovviamente il tono non è stato un costante climax drammatico, c’è stato spazio per le domande, per confrontare opinioni personali, dubbi, incertezze, come una chiacchierata.
L’esperienza è stata profonda, emozionante e, grazie all’apertura mentale dell’interlocutrice, alla sua capacità di interloquire con i giovani e alla sua stessa esperienza, ha lasciato qualcosa, quella che è stata la parola chiave dell’incontro: consapevolezza.

Riccardo Magatti

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