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La lanterna magica di guido

City of God: quando le alternative sono uccidere o essere uccisi

Un terribile spaccato sulla realtà delle favelas brasiliane, caratterizzate da guerre tra bande, spaccio, violenza e omicidi

Vi siete mai chiesti come sarebbe stata la vostra vita se foste nati in uno dei quartieri più violenti di una delle città più violente al mondo? Probabilmente no, nessuno sarebbe così sciocco da voler conoscere quel tipo di mondo, tanto pericoloso quanto marcio e sudicio. Si dà il caso però che Alfonso Meirelles, tornato alla ribalta qualche settimana fa per via della sua ultima fatica, “The two Popes“, nel lontano 2002 abbia diretto una delle più crude testimonianze della vita nelle favelas della storia recente del cinema.

Il tutto, come se già non bastasse il contesto, visto dagli occhi di alcuni bambini, costretti già dalla tenera età a scegliere se essere pecora o lupo, carnefice o vittima.

La trama è semplice: il racconto è ambientato nella Cidade de Deus, una favela di Rio de Janeiro, in un periodo che va dalla fine degli anni sessanta alla metà dei settanta. La favela è il palcoscenico delle storie parallele di Buscapé e Dadinho, entrambi tredicenni ma mossi da ambizioni diversissime: il primo vorrebbe diventare fotografo, il secondo il più temuto criminale della città. Se Buscapé trova molti ostacoli nella realizzazione dei propri sogni, Dadinho diventa rapidamente padrone della favela e del narcotraffico con lo pseudonimo di Zé Pequeno. Tuttavia, la morte del suo braccio destro Bené e la violenza perpetrata ai danni della fidanzata del mite Galinha, il quale si aggrega a una banda per vendicare la morte del suo fratello minore per mano di Zé Pequeno, innescheranno una guerra tra bande dall’esito tragico.

L’opera è senza dubbio uno dei capolavori della sua o di qualsiasi altra epoca.

Il film è un ritratto terribilmente inquietante della vita nei bassifondi di Rio de Janeiro e il suo obbiettivo è quello di mostrare la genesi e lo sviluppo del complesso mondo dei gangster, delle guerre tra fazioni, degli accordi che durano oltre 3 decenni tra forze dell’ordine e criminali, in un arco di tempo che va dagli anni ’60 agli anni ’80, tutti meticolosamente catturati attraverso gli occhi di un giovane fotografo di nome Buscapé che si ritrova continuamente nel mezzo di questo mondo, senza però volerne prendere parte.

city of god

A ben vedere la figura del giovane brasiliano coincide perfettamente con quella dello spettatore che, come lui, viene gettato in mezzo ad una realtà di cui spesso ha sentito parlare ma che in realtà non conosce davvero e l’unico modo che egli avrà per osservarla sarà attraverso la sua piccola macchina fotografica, come fosse la cinepresa utilizzata del regista stesso.

Basato su una storia vera, “City of God” si rivelerà, alla prova dei fatti, come un’esperienza brutalmente violenta, intensamente scioccante e assolutamente spietato che lascerà i suoi spettatori senza fiato dall’inizio alla fine, con la sua potente combinazione di narrazione frenetica, ritmo esplosivo e stile incalzante.

Il tutto sarà poi condito da una semplice domanda, che sarebbe bene che chiunque si ponesse: cresciuto in un contesto simile, da che parte avrei scelto di stare?

Consigliato? Senza dubbio uno dei più grandi film del cinema mondiale e sicuramente il più bello della storia del Brasile,tanto da aver definito un genere cinematografico arrivato anche nel nostro Paese con opere del calibro di “Romanzo Criminale” o “Gomorra”.

Battuta migliore: “Nella città di Dio, se scappi sei fatto, e se resti sei fatto lo stesso”

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