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Il commento

Scuole chiuse a lungo: bel problema… che forse ci porterà nell’era moderna

Il pensiero di Marco Cimmino, docente di Italiano e Storia al Quarenghi di Bergamo: "Proprio come si esce, di solito, da una qualunque influenza: più sani di prima".

Quali saranno le conseguenze della chiusura delle scuole per altre due settimane? Lo abbiamo chiesto al “nostro” prof Marco Cimmino, docente di italiano e storia all’Istituto Tecnico Statale Giacomo Quarenghi di Bergamo.

“Tra un palleggio e l’altro, una smorzata e uno smash, tra decreti e smentite, le scuole di tutta Italia chiuderanno fino a metà Marzo: due settimane che, per Bergamo e provincia, diventerebbero tre, dato che le nostre scuole sono chiuse già dal 24 febbraio.

È una bella fetta di anno scolastico!

Calcolate che, per avere validità, un anno scolastico deve superare i duecento giorni, al netto di ferie, scioperi e ponti vari: la calamità naturale, per la verità, non era contemplata, ma tant’è.

Da un punto di vista formale, credo non ci sia da preoccuparsi eccessivamente: in un modo o nell’altro le cose si sistemeranno, come sempre si sono sistemate.

Il punto critico è, piuttosto, quello sostanziale: gli studenti, dopo tanto tempo a casa, faticheranno ad ingranare e gli insegnanti dovranno fare i salti mortali, tra verifiche, interrogazioni e spiegazioni, per rimettersi in pari.

E fosse solo quello: oltre al fattore psicologico e a quello operativo, ci troviamo di fronte anche a un serio problema di calendarizzazione.

Perché ci sono gli esami, i corsi di recupero, i debiti: la coperta da una parte o dall’altra risulterà, per forza di cose, un po’ corta.

Insomma, questo coronavirus sta procurando alla scuola italiana dei begli impicci: come se non bastasse il dramma sanitario ed economico.

Però, va detto che, da un danno, alla fine, potrebbe derivare anche qualche beneficio: ad esempio, una brusca accelerata nel processo di digitalizzazione.

In questi giorni, tutti gli istituti, per necessità, si stanno dotando di strumenti per la didattica a distanza e per le aule virtuali: è una cosa che alcune scuole hanno già avviato e in cui i docenti e gli studenti si stanno impratichendo, ma anche i plessi che erano praticamente a zero, di riffa o di raffa, adesso si stanno dando una bella mossa.

Il coronavirus è un generoso aiuto alla scuola digitale, dunque.

In definitiva, perciò, anche se la situazione è seria, non dobbiamo vedere il futuro completamente nero: abbiamo certamente un problema primario tale da porre tutti gli altri in secondo piano, che è quello del contenimento e del regresso del contagio.

Inutile, al momento, polemizzare sul latte versato: questa è la situazione.

Di qui, derivano mille altri problemi, importanti ma secondari, tra cui quello scolastico. Con lezioni in streaming, compiti a distanza, materiali didattici in aule virtuali, si potrà limitare il danno: va da sé che non sarà la stessa cosa, ma, perlomeno, manterremo viva la scuola.

Infine, ne usciremo un po’ ammaccati, ma più forti e più attrezzati, più moderni e, si spera, un po’ meno fumacchiosi nella didattica.

Proprio come si esce, di solito, da una qualunque influenza: più sani di prima”.

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