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La consultazione

Taglio dei parlamentari, il referendum verrà rinviato? Tutte le informazioni

La consultazione popolare è prevista domenica 29 marzo: si tratta di un referendum confermativo non è previsto il raggiungimento di nessun quorum particolare

Il referendum sul taglio dei parlamentari si terrà regolarmente il prossimo 29 marzo? Nei giorni scorsi l’ipotesi di un rinvio sta prendendo piede considerando l’emergenza Coronavirus e le misure attuate per ridurre i rischi di contagio. In questa prospettiva, compatibilmente all’evoluzione degli eventi, potrebbe essere accorpato a varie elezioni regionali a maggio.

L’interrogativo nasce dal fatto che le restrizioni volte a evitare gli assembramenti nelle regioni a rischio di diffusione del virus inciderebbero sullo svolgimento della campagna referendaria, in modo particolare sull’impossibilità di organizzare gli incontri e le iniziative pubbliche sul territorio per informare la cittadinanza. A questo proposito, i promotori della consultazione hanno scritto al governo per chiedere un tavolo di confronto sulla questione. Tra le personalità che hanno sostenuto che dovrebbe essere posticipato ci sono alcuni costituzionalisti come Massimo Villone, presidente dell’associazione No al taglio del parlamento, ma anche il segretario di PiùEuropa, Benedetto Della Vedova.

Intervenendo sull’argomento, nei giorni scorsi, la posizione espressa da Palazzo Chigi è che al momento “non si ritiene di dover intervenire sulla data del referendum. Vediamo l’evoluzione che ci sarà nella prossima settimana. Se non è necessario è meglio non creare altro panico nella popolazione”.

Calendario alla mano, dal 30esimo giorno precedente la data della votazione, e quindi da ieri (venerdì 28 febbraio) ha preso il via la campagna referendaria: facciamo il punto sul referendum.

Come è nato

L’8 ottobre la camera dei deputati ha approvato con 553 voti a favore, 12 contrari e due astenuti la riforma del taglio dei parlamentari che ha l’obiettivo di ridurre il numero degli eletti passando da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Si tratta, quindi, di una riduzione di un terzo del totale. Vengono ridotti anche gli eletti all’estero: i deputati scendono da 12 a 8, i senatori da 6 a 4. L’istituto dei senatori a vita, invece, è conservato fissandone a 5 il numero massimo (finora 5 era il numero massimo che ciascun presidente poteva nominare).

La riforma sarebbe dovuta entrare in vigore entro tre mesi, ma ha subito uno stop quando, a dicembre, sono state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie per chiedere il referendum. La Costituzione, infatti, prevede che un quinto dell’aula possa sospendere l’entrata in vigore di una legge entro i tempi stabiliti proprio per chiedere una consultazione popolare. La Corte di Cassazione, che ha ricevuto le firme come da procedura, ha dato il via libera al referendum lo scorso 24 gennaio e il Consiglio dei Ministri ha proposto domenica 29 marzo. Infine, l’ufficio per il referendum della Cassazione ha dichiarato che: “La richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale recante ‘modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, sorretta dalla firma di 71 Senatori, è conforme all’art. 138 Cost. ed ha accertato la legittimità del quesito referendario dalla stessa proposto”.

Cosa prevede la riforma

La cosiddetta “riforma Fraccaro”, dal nome dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro (Movimento 5 stelle), taglia 345 parlamentari. Se il referendum confermasse la legge approvata, dalla prossima legislatura ci saranno 115 senatori in meno e 230 deputati in meno.
La legge cambia il rapporto numerico di rappresentanza sia alla Camera dei Deputati sia al Senato: si passa da 1 deputato ogni 96.006 abitanti a 1 deputato ogni 151.210 abitanti; e da 1 senatore ogni 188.424 abitanti a 1 senatore ogni 302.420 abitanti. Se il referendum confermasse il taglio dei parlamentari il nuovo Parlamento sarà composto 200 senatori e 400 deputati.

Il referendum

Quello sul taglio dei parlamentari è un referendum confermativo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, per il quale non è previsto il raggiungimento di nessun quorum particolare. Quindi, se i sì supereranno i no il testo verrà approvato, altrimenti si considererà respinto e la situazione rimarrà come è adesso.
Il quesito che verrà sottoposto agli elettori sarà il seguente: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?”.

Le ragioni del sì

A votare sì alla riforma costituzionale, fortemente voluta dal Movimento 5 stelle, sono state sia le forze di maggioranza (M5s, Pd, Italia Viva, Liberi e Uguali) sia le forze di opposizione (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), anche se con alcuni distinguo personali al loro interno.

La principale tesi a ragione del taglio del numero dei parlamentari è il risparmio stimato in 100milioni di euro lordi all’anno.

Attualmente con 951 eletti (considerati anche i senatori a vita) l’Italia è il secondo Paese dell’Unione Europea con il maggior numero di parlamentari, anche se l’incidenza degli eletti in rapporto alla popolazione è tra le più basse d’Europa. Se dalle urne referendarie dovesse prevalere il voto favorevole al taglio dei parlamentari la legge verrebbe definitivamente attuata e, dopo la riforma, l’Italia avrebbe un’incidenza dello 0,7 ogni 100.000 abitanti conquistando il “primato” di questa classifica.

Le ragioni del no

Le forze del Parlamento contrarie al taglio sono state +Europa e Noi con l’Italia.
La principale tesi contraria al taglio del parlamentari vede molti giuristi anteporre l’importanza del mantenimento della rappresentatività popolare a fronte di un risparmio giudicato poco rilevante rispetto alla totalità della spesa pubblica.

Il promotore del referendum è stato il vicepresidente della Fondazione Einaudi, Davide Giacalone che ha bollato come demagogica la riduzione dei parlamentari: “Per un minimo il taglio dei costi, si taglia la rappresentatività”.

Al momento il rapporto tra parlamentari eletti e abitanti in Italia è di 1 eletto ogni 64mila persone, con la prevista riforma il rapporto salirebbe ad un eletto ogni 101mila persone. A titolo di confronto, la Germania ha un rappresentante ogni 116.855 cittadini.
Quanto alla questione dei conti: il taglio dei parlamentari produrrebbe un risparmio annuo pari a 3,12 euro a famiglia, ossia 1,35 euro a cittadino.

I precedenti

Il referendum sul taglio dei parlamentari sarà il quarto referendum costituzionale confermativo della storia della Repubblica. Nei tre precedenti, due volte la legge approvata dal Parlamento senza la maggioranza dei due terzi è stata respinta dagli elettori, una sola è stata approvata ed è diventata legge costituzionale.

Il primo caso è quello del 7 ottobre 2001 quando si è tenuto il referendum per confermare o no la riforma del Titolo V della Carta, approvata dalla maggioranza dell’Unione negli anni dei governo Prodi, D’Alema e Amato: è passato con il 64,2% di voti favorevoli anche se l’affluenza si ferma poco oltre il 34%.

Il secondo caso di referendum confermativo, 25-26 giugno 2006, riguarda la riforma costituzionale varata dal governo Berlusconi (su ispirazione della Lega di Bossi e con Calderoli ministro delle Riforme): la cosiddetta ‘devolution’ è stata bocciata con il 61% mentre i votanti raggiunsero il 52%.

Il 4 dicembre 2016 è stata la volta del terzo referendum costituzionale nella storia repubblicana: la maggioranza dei votanti respinge il disegno di legge costituzionale della riforma Renzi-Boschi, approvata in via definitiva dalla Camera ad aprile 2016 e che puntava tra l’altro a superare il bicameralismo perfetto. A dire no è stato il 59,11%, contro il 40,89%, con quasi il 69% dei votanti.

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