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On the road

Quando a Grumello del Piano c’era un campo di concentramento

Grumello del Piano è l’ultimo quartiere bergamasco verso sud: è Brea, l’ultima casa accogliente, l’ultimo lembo di Bergamo in una pianura così grande che, istintivamente, cerchi le montagne all’orizzonte

Grumello del Piano è l’ultimo quartiere bergamasco verso sud: è Brea, l’ultima casa accogliente, l’ultimo lembo di Bergamo in una pianura così grande che, istintivamente, cerchi le montagne all’orizzonte, per non perdere la birionda.

Grumello del Piano non ha a che fare con Grumello del Monte, se non nella toponomastica e, in qualche modo, nell’origine del nome: quel grimulus che, come tanti latinismi medievali, non si sa esattamente cosa voglia dire. Azzardiamo la nostra ipotesi, di modestissimi medievisti: il termine, derivante da un predialettale gröm, grömel, che indicava, per solito, un’elevazione isolata del terreno e dotata di difese in muratura, starebbe, in questo caso, per agglomerato fortificato.

Comunque, stiano le cose, il nostro Grumello ha origini molto antiche: già in epoca romana, il piccolo borgo rappresentava l’ultimo propugnacolo di Bergamo lungo la strada che la collegava a Mediolanum.

Il territorio, nel Medioevo, era caratterizzato da una diffusa infeudazione ecclesiastica, il che significa molti contratti di livello, ovvero affitti a lunghissimo termine, che, spesso, alla fine, si trasformavano in allodii, in cui gli affituari divenivano piccoli proprietari. Terre coltivate, dunque, strappate alla palude e all’aquitrino, che, ancora oggi, tenta di tornare, dalle falde sotterranee.

Proprio il terreno aquitrinoso rappresentò, nel basso Medioevo, la fortuna di Grumello e dei territori circonvicini, per la produzione del guado: una tintura azzurra usata per colorare la lana. Poi, vennero le bonifiche e il territorio cominciò ad assumere l’aspetto odierno: fu allora che vi sorsero numerose strutture militari, che oggi, qua e là, ancora segnano la campagna. Erano l’impronta delle lotte fra guelfi e ghibellini, Rivola e Suardi, di cui abbiamo già detto: torri e case fortificate.

Anche Grumello, dopo il 1428, venne accorpato alla città di Bergamo dalla Serenissima, condividendo la sorte di Colognola, con cui confinava. La storia si ripetè: arrivarono i Francesi e Grumello, con Lallio e Sabbio, formò un nuovo comune: poi, Sabbio andò per conto suo e, nel 1805, Napoleone istituì il nuovo borgo di “Lallio con Grumello al Piano”, salvo ripensarci e, nel 1809, ricongiungere Grumello col capoluogo.

Il picinella andò a gambe all’aria e tornarono gli Austriaci, dapprima ripristinando l’unione con Lallio: la Santa Alleanza non era ancora sfumata, che i due comuni avevano divorziato, tornando separati.

Il fascismo, nella sua riforma territoriale del 1927, pose termine alle dispute, decidendo che Grumello era un quartiere di Bergamo: e così rimase fino ad oggi. Per la verità, non fu la sola cosa che il regime fece a Grumello, dato che, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, vi piazzò un grosso campo di concentramento, che, nel corso degli anni, ospitò prigionieri di guerra, internati militari e oppositori.

Il quartiere, oggi, è caratterizzato da uno sviluppo e da un espansione relativamente recenti, soprattutto di edilizia popolare, con una forte percentuale di immigrati e di anziani: insomma, case popolari costruite intorno agli anni Ottanta, pochi servizi e poco commercio.

Un quartiere periferico che non ha mai avuto un centro aggregante e che appare poco coeso e un tantino dimenticato, come abbiamo già detto per altri siti periferici della nostra città. E questo è un peccato, perché la campagna è molto bella e caratteristica, con le sue rogge e le chiesette campestri, anche se alquanto lasciata a sé stessa: speriamo che la recente creazione di un parco agricolo ecologico la possa riportare all’originario fascino e preservare dall’incuria dell’uomo. Intanto, sopra, trascorre il cielo di Lombardia, che è tanto bello, quando è bello…

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