La lettera di un’operatrice di un centro diurno disabili della nostra provincia che lamenta come, in questo periodo di allerta per il Covid 19, lei e suoi colleghi continuano a lavorare senza che sia stata presa alcuna misura di sicurezza.
“In questi giorni di emergenza sanitaria, si stanno prendendo, giustamente, misure cautelative nei confronti di diverse categorie di utenza e lavoratori; la chiusura delle scuole, di alcuni luoghi di aggregazione, di bar in orari serali e notturni, misure di sicurezza e prevenzione rinforzate per ospedali, RSA e altri tipi di comunità. Alcuni uffici hanno orari ridotti.
Ci sono però dei luoghi che ritengo fondamentali per il benessere e l’assistenza dei cittadini ritenuti più fragili, che nessuno menziona mai e io, come altre migliaia di operatori tra educatori professionali, OSS, ASA, infermieri e fisioterapisti, lavoriamo proprio lì: i centri diurni disabili o CDD.
Nei nostri centri, prestiamo assistenza primaria (igiene, cura della persona, assistenza al pasto) e svolgiamo attività educative con una fascia di utenza numericamente pari a 30 che comprende la categoria dei disabili adulti (18-65 anni) medio-gravi, dalle 9 alle 16, dal lunedì al venerdì.
Dopo momenti di confusione (dove inizialmente i servizi come i nostri non erano stati nemmeno menzionati, e con questo intendo dire che sembra che nessuno si accorga che esistiamo) e poca chiarezza, apprendiamo che, in questi giorni di emergenza sanitaria, le direttive ATS prevedono che i nostri servizi debbano restare aperti, in quanto considerati servizi essenziali.
Io come operatrice, concordo nel definire essenziale il nostro intervento nell’assistenza dei nostri utenti e come sollievo alle famiglie. Ma mentre per altri luoghi di lavoro e aggregazione sono state previste misure di sicurezza rigide e supplementari, niente di tutto questo avviene da noi.
Lavoriamo e siamo a contatto quotidiano e intimo con 30 persone fragili, ma sembra che questa categoria non stia venendo minimamente presa in considerazione. Siamo una media tra i 10 e 15 operatori, raggiungiamo le 45 persone in spazi spesso non grandissimi. Le persone con cui lavoriamo sono fragili: al momento, non siamo stati dotati di dispositivi di sicurezza aggiuntivi.
Nessuna mascherina, di nessun tipo, nemmeno da usare in caso di emergenza mentre si allertano i sanitari competenti. Io sono un operatore in buona salute, giovane, non faccio parte di una categoria fragile. I miei utenti sì: eppure… Sembra che la Regione, in tutto questo gran parlare, si sia completamente dimenticata di queste persone, del rischio a cui si espongono e, non ultimo, della sicurezza degli operatori.
Esistiamo anche noi. Se ne ricordano in pochi di norma, e questa emergenza sanitaria, purtroppo, non ha fatto eccezione.
Cordiali saluti, un’operatrice di un centro diurno disabili”.
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