• Abbonati
La riflessione di una giovane

Tutto ciò che il coronavirus ha rivelato di noi

L’umanità forse un giorno morirà e vivrà la vera apocalisse, ma oggi non è quel giorno.

Lo scorso venerdì 21 febbraio l’Italia iniziava a conoscere la sua vera situazione in merito alla vicenda del coronavirus dopo che un uomo di Codogno fu identificato come il paziente 1 e da quel momento un’intera nazione ha iniziato a tremare sotto il peso della paura nei confronti di un virus invisibile che dilaga nell’aria.

I cittadini hanno iniziato a preoccuparsi vedendo che il numero di contagiati saliva di ora in ora e l’Italia non è stata più la stessa.

Il terrore è presente, la paura che la persona accanto a noi possa essere contagioso rende la quotidianità opprimente. I supermercati vengono presi d’assalto per il panico che si insidia nell’animo umano, facendo temere che l’intero Nord Italia possa essere messo in quarantena, isolato e bloccato mentre un virus fa strage di contagiati. Le strade diventano più vuote, le mascherine vanno a ruba, gli igienizzanti per le mani sono il nuovo bene primario che ogni famiglia deve avere a portata di mano.

Il coronavirus ha fatto risaltare la fragilità dell’animo umano, con tutte le conseguenze che si sono mostrate. I primi effetti sono stati quelli relativi alla paura di essere malato o circondati da malati: un solo starnuto o colpo di tosse e potresti essere additato come possibile infetto da Covid-19, saresti allontanato da gli altri o isolato, potresti ricevere domande inerenti alla tua provenienza del tipo “Sei stato recentemente nella zona rossa, in Cina o a contatto con altri ammalti?”.

Basta poco per far salire l’ansia della malattia, del virus che si moltiplica dentro di te con l’unico scopo di trasformarti nella sua incubatrice personale.

Il passo successivo è quello della mancata fiducia: se tu hai sintomi influenzali e mi assicuri che non sei stato in zone “rosse” o a contatto con altri ammalati, io non ti credo, vivo nell’incertezza e nel sano dubbio che potresti essere infetto e non saperlo, quindi mi allontano da te, mi lavo le mani e igienizzo ogni parte del mio corpo, mi purifico dalla tua presenza. Nel dubbio potrei indossare anche una mascherina, non importa se tutti dicono che non ha senso indossare mascherine se non si è ammalati in alcun modo, io la indosso perché ogni filtro fra me e l’aria di uso comune mi fa percepire il mio corpo più protetto.

I casi però aumentano, restano nel Nord Italia ma si espandono territorialmente, arrivano a Bergamo, arrivano fuori casa, vicino al luogo di lavoro o di studio.

Il primo pensiero va a Codogno e ad altri comuni che sono stati isolati, dove le persone sono segregate in casa propria, hanno messo in stand-by la loro vita per un virus. E se capitasse a me? Sopravvivrei? Ed ecco che fuggo in macchina, accendo il motore e mi fiondo al supermercato e non importa se ci sono decine di persone in negozio, non importa se potrebbero essere tutti ammalati e sono tutti attaccati a me, il mio unico scopo ora è fare scorte di cibo. Morirò di coronavirus forse, ma non di mancanza di alimenti.

Ed ecco che in poche ore i supermercati sono svuotati, che le persone sono le une attaccate agli altri in coda per pagare alla cassa. I giorni passano, i casi aumentano, i primi morti si contano e le persone hanno paura. Hanno cibo, mascherine, igienizzanti, ma sono terrorizzati. Aggiornano la bacheca di Facebook e i siti di informazioni per avere continue novità, è necessario sapere, avere informazioni per capire come muovermi, eppure i dubbi rimangono.

La sfiducia dilaga, ho sfiducia nella persona accanto a me per il suo stato di salute, ho sfiducia nelle istituzioni, nella medicina, ho sfiducia nel mondo. Paura e terrore sono il pane quotidiano e inconsapevolmente iniziamo a scannarci fra noi.

Alcuni cinesi sono stati picchiati ed insultati per le loro origini, perché il coronavirus è nato dalla Cina, perché in loro vediamo prima degli untori rispetto che delle persone, perché li incolpiamo per colpe che non hanno, perché non pensiamo che le nostre paure sono le loro paure.

In altri casi hanno picchiato delle persone di origine asiatica, non cinesi, ma persone troppo diverse dall’italiano medio, con gli occhi troppo a mandorla, la pelle poco pallida. Vengono picchiati per la paura che si prova, picchiati in nome di un virus che non vedo ma che temo, che potrebbero trasmettermi.

Anche gli italiani si sono dimostrati contro gente della propria nazione: è bastato che alcuni turisti del nord Italia andassero al sud per sentirsi urlare contro di tornarsene a casa propria. Basta una frase e si palesano centinaia di rimandi, di gente italiana che urlava queste parole contro immigrati.

Eppure il coronavirus ha mostrato anche come il razzismo sia applicato agli italiani che sono all’estero, perché è bastato un passaporto che certifica la nostra nazionalità per respingere decine di persone nel mondo. Troppa paura, se sei italiano potresti essere affetto, non ti vogliono, ti temono perché puoi trasmettere la malattia e non bastano i controlli, la quarantena la fai lo stesso perché non mi fido, oppure te ne torni a casa tua senza troppe lamentele.

Viviamo nella paura e nella sfiducia, nell’incertezza della giornata perché oggi sono sano, ma domani chissà, oppure mi sento sano ma poi vallo a sapere se non sono nel periodo di incubazione della malattia.

Alzate il viso dai vostri telefoni in cerca di cattive notizie, ascoltate le istituzioni e fate dei respiri profondi perché non è il coronavirus il colpevole di questo clima di preoccupazione, è la paura della malattia che fa vivere un’intera nazione in bilico. I supermercati saranno sempre pieni di cibo, non occorre svuotarli di colpo.

Se avete dubbi sulla salute delle persone allora state ad una distanza di circa 2 metri, ma non trattateli come untori. Se vedete persone asiatiche sappiate che non per forza sono state recentemente in Cina, che potrebbero avere le vostre stesse paure, che sono persone che non meritano insulti o pugni.

Lavatevi le mani, ma ricordate che la buona igiene dovrebbe essere presente sempre e ovunque, non solo col coronavirus. Se avete dubbi sulla vostra salute contattate al telefono il vostro medico curante oppure il numero verde 800 894545 per avere maggiori informazioni.

Il 112 non è la vostra ancora di salvezza per ogni dubbio, lasciatelo quindi ad un utilizzo strettamente necessario e legato alle emergenze, quelle vere.

Respirate e fatelo con serenità, consapevoli che i morti per coronavirus sono pochi e avevano un quadro clinico già compromesso e siate consapevoli che la maggior parte delle persone guarisce senza troppi intoppi.

L’umanità forse un giorno morirà e vivrà la vera apocalisse, ma oggi non è quel giorno.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI