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L'intervista

Roberta Villa: “Il miglior alleato del Coronavirus? La paura”

Con l'emergenza Coronavirus si è diffuso un forte allarmismo: abbiamo chiesto un parere alla giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca Roberta Villa

“Dobbiamo stare attenti a evitare i rischi di contagio ma non bisogna lasciarsi prendere dalla paura perchè questa è la miglior alleata del virus”. Così la giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca Roberta Villa, laureata in medicina e chirurgia, invita a non cedere agli allarmismi di fronte all’emergenza Coronavirus.

La situazione è delicata e non va sottovalutata, ma la psicosi facilita gesti irrazionali che possono rivelarsi controproducenti: abbiamo chiesto il suo parere per saperne di più.

È corretto parlare di epidemia o si tratta di pandemia?
Attualmente abbiamo un’ampia e importante epidemia in Cina e in altri Paesi asiatici e dei focolai epidemici in Italia. Normalmente si parla di epidemia quando una malattia ha un certo numero di casi che si possono riscontrare casualmente e in un momento successivo se ne rileva un quantitativo molto superiore alla norma. Nella fattispecie, i casi prima erano zero perchè il Coronavirus è una malattia nuova, quindi si tratta di un’epidemia. Anche in Italia ci sono focolai epidemici: ad ora abbiamo focolai perchè, se vogliamo, la diffusione è ancora piuttosto limitata.

Quindi non si tratta di pandemia?
Al momento no. La pandemia viene dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità quando in diverse regioni dell’OMS (almeno due o tre) c’è una diffusione incontrollata del virus, ma in Italia ancora abbiamo la speranza di riuscire a controllarne la diffusione anche se è sempre più difficile. È certo, però, che se perdessimo il controllo della situazione, se si dimostrasse che il Coronavirus si stesse diffondendo anche in altri Paesi e dovessero emergere casi non isolati ma una trasmissione continuativa e fuori controllo in America o in Africa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarerebbe la pandemia. Ma va precisato un aspetto.

Ci spieghi
Quando sentiamo parlare di pandemia solitamente tendiamo a pensare a qualcosa di apocalittico perchè ci è sempre stata rappresentata in questo modo. È importante, però, ricordare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità utilizza questa definizione soprattutto in relazione all’estensione, cioè al numero di casi diffusi nel mondo e ai Paesi interessati dalla malattia, non tanto basandosi sulla gravità. Per esempio l’influenza AH1N1, la cosiddetta suina del 2009, è stata una pandemia perchè si è estesa a tutto il mondo, ha colpito tantissime persone e, per fortuna non aveva una letalità altissima per cui ha totalizzato un numero di morti paragonabile a quello di un’influenza stagionale. Colpiva, però, soprattutto i giovani, mentre il Coronavirus in prevalenza gli anziani.

Quanto è probabile che diventi pandemia?
È un rischio molto concreto e aumenta di giorno in giorno, però speriamo ancora che si riesca a contenere. Dal punto di vista numerico, l’Italia è al terzo/quarto posto su scala mondiale per numero di casi, preceduta dalla Cina, dalla Corea del Sud e dal Giappone se si considerano i casi della nave di cui hanno parlato giornali e telegiornali. Per quanto riguarda la gravità, i prossimi giorni saranno fondamentali: tutto dipenderà dal contenimento delle infezioni che si riuscirà ad attuare. Sempre in termini di gravità, è importante sottolineare la differenza tra il rischio individuale e quello legato alla salute pubblica.

Qual è?
Il rischio individuale, che ciascuno di noi corre, esiste ma non è apocalittico: anche se si contraesse l’infezione, nella stragrande maggioranza dei casi si avrebbe un raffreddore o un’influenza più o meno forte, solo due casi su dieci una polmonite non necessariamente grave e soltanto il 4 o il 5% avranno bisogno di cure in terapia intensiva. Quello che preoccupa maggiormente, ed è la ragione principale per cui si stanno facendo gli sforzi straordinari di questi giorni, senza precedenti, è l’impatto che un forte aumento del numero di persone colpite avrebbe sul sistema sanitario.

Cosa comporterebbe?
I posti in terapia intensiva sono limitati: se ne può aggiungere qualcuno ma fino a un certo punto. Se il reparto fosse pieno, eventuali altri gravi casi di Coronavirus e gli altri pazienti che per altre problematiche dovessero essere ricoverati lì, non avrebbero più possibilità di essere curati. Considerazioni analoghe valgono per tutto il servizio sanitario, le visite dal medico, la fruibilità degli ambulatori, l’attività dei laboratori di analisi, le lastre ecc… Si genererebbe un sovraccarico che determinerebbe un effetto a catena molto preoccupante. Quindi, è per ragioni di salute pubblica che vengono prese misure straordinarie come quelle che stiamo vedendo in questi giorni.

Per concludere, cosa si sente di dire a tutti i lettori allarmati dal virus?
Che la paura è la miglior alleata del virus. Se vogliamo aiutare la pandemia ad arrivare e il virus a uccidere più persone, dobbiamo avere paura perchè questa ci fa compiere gesti irrazionali come ammucchiarci nei supermercati dove rischiamo di contagiarci l’un l’altro per fare scorte di cose assolutamente inutili. E sempre la paura ci fa telefonare al 112 se abbiamo uno starnuto: in questo modo il numero d’emergenza rimane occupato e non risponde alle chiamate urgenti di chi ha veramente bisogno di assistenza. Inoltre, non riusciamo a tollerare la paura a lungo: dopo un paio di settimane terrorizzati e chiusi in casa come se fossimo in un bunker, finiremmo col pensare che di qualcosa dobbiamo pur morire e non staremmo più attenti alle precauzioni che dobbiamo avere. È importante, invece, prendere delle sane abitudini come lavarsi le mani, stare in casa quando si sta male, usare i fazzoletti di carta e gettarli via, tossire e starnutire spostando il viso vicino al gomito… Tutti questi comportamenti ci proteggono sempre, oggi e in queste settimane dal Coronavirus come fra due anni dall’influenza stagionale.

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