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Parola all'esperto

Ordinanza anti-Coronavirus della Regione: “Ecco cosa rischiano i trasgressori”

L'avvocato Benedetto Maria Bonomo: "Sul punto non c'è molto chiarezza, ma è ragionevole pensare che comporti l’insorgere della fattispecie di reato prevista dall'art. 650 c.p. con arresto fino a tre mesi o ammenda fino a duecentosei euro". E non sono le sole conseguenze

La situazione è seria. Per questo, dopo i primi casi di Coronavirus, Regione Lombardia ha emanato un’ordinanza con l’obiettivo di evitare il più possibile concentrazioni di persone e assembramenti in luoghi pubblici e privati. Si tratta di una misura precauzionale, finalizzata ad arginare la diffusione del virus e consentire un miglior isolamento dei casi che dovessero essere individuati. Il documento prevede alcune restrizione a bar, esercizi e locali pubblici (leggi qui): per questo abbiamo chiesto ad un esperto, l’avvocato Benedetto Maria Bonomo, di illustrarci a quali conseguenze può andare incontro chi dovesse trasgredire gli obblighi imposti dal Pirellone.

LA SPIEGAZIONE DELL’AVVOCATO

I primi focolai sorti nel nord della penisola hanno allarmato la popolazione residente e non solo. Per far fronte a questa situazione, lo Stato ha deciso di adottare rigide precauzioni affinché la diffusione della patologia possa essere circoscritta, limitando notevolmente le libertà riconosciute all’individuo dalla Carta Costituzionale. È possibile limitare la libertà dei cittadini? Si può costringere una persona a stare nel proprio domicilio? Si può limitare il diritto d’impresa? E se si, quali sono le sanzioni previste per chi viola i divieti imposti? A chi spetta sorvegliare?

L’art. 32 della Costituzione riconosce il diritto alla salute non solo al singolo ma soprattutto alla collettività. Da ciò ne deriva che colui che risulta affetto da una patologia particolarmente contagiosa e/o pericolosa per la collettività possa essere eccezionalmente costretto dalla legge a subire un trattamento sanitario obbligatorio, ovvero un trattamento contro la sua volontà. Tutto ciò è possibile solo perché il diritto alla libertà del singolo soccombe di fronte al diritto alla salute e alla sicurezza della collettività. È proprio sulla base di questo principio costituzionale che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, le Regioni ed, in alcun casi, i Sindaci hanno il potere di emettere provvedimenti limitativi della nostra libertà, quali l’obbligo di dimora o l’obbligo di chiusura totale di alcuni esercizi commerciali e luoghi culturali nonché l’imposizione di limiti di orario di apertura/chiusura dei predetti esercizi. A controllare che tali provvedimenti vengano rispettati ci sono le forze dell’ordine e, vista l’eccezionalità del caso, l’esercito, al quale è riconosciuto un potere di pubblica sicurezza.

Bonomo
L'avvocato Benedetto Maria Bonomo

Dunque, è vero che la Costituzione riconosce a tutti il diritto di muoversi liberamente e di fare impresa, salvo le limitazioni che la legge stessa stabilisce in caso di tutela della sanità e della sicurezza pubblica. Come sta avvenendo oggi nelle aree della zona rossa, dove, per via dell’emergenza Coronavirus, le persone sono obbligate a stare chiuse in casa, salvo negli orari a cui è loro consentito uscire per soddisfare le esigenze di prima necessità, ma sempre all’interno della zona rossa. Un’area più ampia, circoscritta all’interno della zona gialla, a cui appartiene la nostra provincia, è invece soggetta ad altre limitazioni (sempre finalizzate al contenimento del virus) che comprimono il diritto di impresa o il diritto di riunione e aggregazione dei singoli, il diritto di istruzione e, parzialmente, quello di circolazione. Questa area è destinataria di un provvedimento emanato dal Ministro della salute, di intesa con il Presidente della Regione Lombardia, che prevede, tra le altre già note – quali la chiusura delle scuole o la sospensione di manifestazioni di qualsiasi natura nonché ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, la chiusura di musei e cinema – anche la chiusura dei bar, dei locali notturni e ogni altro esercizio di intrattenimento al pubblico, dalle 18 alle 6. Prevede altresì la chiusura di tutti gli esercizi commerciali presenti nei centri commerciali, ad eccezione dei punti vendita di generi alimentari, nelle giornate di sabato e domenica e lo stop di tutte le manifestazioni fieristiche.

Tale provvedimento trova la sua giustificazione nel fatto che la legge conferisce al Ministro della salute il potere di emettere ordinanze contingibili e urgenti, in materia di igiene e sanità pubblica, con efficacia estesa su tutto il territorio nazionale o circoscritto ad alcune aree del paese, come nel caso in esame. Tali provvedimenti, però, sono soggetti ad una limitazione temporale che impone, al termine della stessa, una valutazione sulla persistenza o meno delle esigenze che l’hanno generata. Laddove tali esigenze non dovessero persistere, verranno immediatamente ripristinati tutti i diritti sanciti dalla Costituzione, ed oggi limitati. Il provvedimento anzi richiamato ha una durata prevista di giorni quattordici, ovvero fino all’1 marzo 2020, fatte salve ulteriori successive disposizioni. Quindi, cosa succede a chi viola la disposizione anzidetta? Sul punto l’ordinanza ministeriale non è molto chiara: ci si limita ad affermare che il mancato rispetto delle misure previste costituirà una violazione dell’ordinanza. Tuttavia, è ragionevole pensare che, la violazione delle disposizioni contenute all’interno del provvedimento comportino l’insorgere della fattispecie di reato prevista e punita dall’art. 650 c.p., il quale punisce chi non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro. Pertanto, consiglio a tutti la massima osservanza di quanto disposto nell’ordinanza perché la violazione è già severamente sanzionata dal Codice Penale, senza tenere in conto l’ipotesi che dalla violazione del predetto articolo possa derivare una conseguenza ancora più grave, ossia il diffondersi del contagio, con conseguenze penali assai più gravi.

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