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La lanterna magica di guido

“A qualcuno piace caldo”: castigat ridendo mores

Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon uniti in un classico intramontabile dai toni irriverenti e dalla satira sferzante.

Sarò sincero: quando decido di vedere film attempati come “Some like it hot” sono spinto da due motivazioni. La prima, minoritaria, è senz’altro cercare di trarre dalla storia quelle stesse emozioni e quello stesso divertimento che il pubblico del 1959 vide al cinema; mentre la seconda, un buon 80% per intenderci, è guidato da una lacerante volontà di comprendere il motivo per cui una pellicola del genere, all’apparenza senza pretese e scanzonata, sia passata alla storia, tanto da riuscire ad invogliare alla visione uno spettatore a più di mezzo secolo di distanza.

Il motivo è presto detto: la satira sferzante che, partendo da argomenti umili, si eleva per condannare una realtà fatta di maschilismo e falsità. Non la solita commedia a cui siamo abituati direi.

In un momento di grandi cambiamenti socioculturali come furono gli anni ‘60, “a qualcuno piace caldo” riesce infatti ad essere croce e delizia dei costumi di quegli anni, raccontando allo spettatore una storia comica e leggera che lo farà ridere, spesso di gusto, ma allo stesso tempo facendolo riflettere su temi come la parità di sessi, tanto attuale oggi come 50 anni fa.

La storia è semplice: Chicago 1929, epoca del proibizionismo. Il sassofonista Joe (Tony Curtis) e il contrabbassista Jerry (Jack Lemmon) sono due musicisti di jazz squattrinati e vivono con scritture improvvisate. Rimasti senza lavoro dopo un’irruzione della polizia in un locale clandestino, i cosiddetti “speakeasy”, sono testimoni involontari della strage di San Valentino.

Scampati miracolosamente, ben consapevoli di essere braccati dalla gang mafiosa dell’italoamericano Ghette Colombo, esecutrice della strage, tentano di far sparire le proprie tracce travestendosi da donne e fingendosi suonatrici di jazz, Josephine e Daphne, e partendo con un’orchestra femminile in trasferta in Florida. Qui incontreranno la giovane Zucchero “Candito” Kandinsky (Marilyn Monroe) e inizieranno a fare di tutto per conquistarla, ben consci del fatto che la loro copertura non possa saltare.

Marilyn Monroe

Tralasciando il lato comico della storia, il film sarà in grado di far riflettere lo spettatore, soprattutto se maschio, sulle difficoltà troppo spesso sottovalutate che ogni donna deve affrontare durante la sua vita, partendo dall’essere trattate come schiave dal proprio capo, passando da tentavi di corteggiamento che tendono alla molestia e alla violenza psicologica e terminando, tra i tanti, con uno sconosciuto che, anche a fronte di plurimi rifiuti non si fa scrupoli a toccare le protagoniste (in realtà Joe e Jerry) in modo sfacciato.

Al pari di registi del calibro di Charlie Chaplin o di interpreti come i Fratelli Marx, Billy Wilder (7 Oscar, 1 BAFTA, 1 Gran Prix speciale della giuria a Cannes, 1 David di Donatello, 3 Golden Globes e tanto altro che non ho lo spazio di nominare) sarà in grado di farci ridere, in certi casi commuovere, ma ciò che non smetteremo mai di fare sarà pensare.

Pensare che non era giusto che il mondo andasse così e capire che non è giusto che il mondo vada così ancora oggi. Pensare che, sotto sotto, il mondo cambia ma di fatto non cambia mai nulla, nel bene e nel male.

Consigliato? Imperdibile. “Castigat ridendo mores” dicevano i latini ed è lecito pensare che Wilder, avendone capito il senso profondo, volesse creare una storia in cui il leit motiv fosse proprio questo: pensare tanto quanto far ridere. E di risate ce ne saranno davvero molte.

Battuta migliore:

Vecchio sporcaccione, che è successo?
Ho beccato un pizzico in ascensore 
Vedi che vita dura fanno le donne?
È incredibile: con questo schifo di faccia!
Non importa, basta che porti le sottane: è come sventolare una bandiera rossa davanti a un toro.
Sì… Be’, sono stufo di fare la bandiera. Voglio fare il toro!

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