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Lo spettacolo

Mario Perrotta al Sociale: “Bisogna scuotere i padri d’oggi”

È dall'esperienza dell'essere genitori che nasce “In nome del Padre”, scritto e diretto dall'attore vincitore dei premi Ubu e Hystrio e seconda proposta della rassegna Altri Percorsi della Fondazione Donizetti

“Padre. Una parola che mette con le spalle al muro e riempie il mio quotidiano di nuove sfide e di nuove domande”. È dal porsi tante domande, alla ricerca di risposte e possibili soluzioni, che è nato “In nome del Padre”, spettacolo scritto e diretto da Mario Perrotta, attore vincitore dei premi Ubu e Hystrio. Seconda proposta della rassegna di Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, Perrotta, unico attore in scena al Teatro Sociale nella serata di giovedì 20 febbraio, ha portato sul palco una parte di sé, la più importante. Padre, prima ancora di essere attore, Perrotta fa convivere sul palco tre padri alle prese con figli adolescenti. Si tratta di padri assenti, incapaci di instaurare un dialogo e un rapporto con i propri figli. Le tre storie sono il pretesto per porsi una domanda: cosa vuol dire essere padri oggi e come bisogna esserlo?

Questo spettacolo nasce dall’esperienza di diventare genitori…

Nasce da questo. Dalle sane insicurezze dell’essere genitori. Mio figlio mi porta tutti i giorni a pormi delle domande. Essere padre o madre è un gioco di strategia e di posizionamento continuo. Mi sono guadato intorno, ho visto padri che arrancano e che non si pongono delle domande. Da qui ho capito che era giunto il momento di affrontare l’argomento.

Massimo Recalcati, con cui ha collaborato, sostiene che “il nostro è il tempo dell’evaporazione del padre e di tutti i suoi simboli”. Lei cosa pensa?

Sono assolutamente d’accordo. È evaporato il modello di padre “pre-sessantotto”, il padre della cinghia e del no a prescindere. Questo tipo di padre non esiste più, per fortuna, ma siamo passati all’estremo opposto. Quindi oggi ci sono padri ancora adolescenti, mai cresciuti, che il meglio che sanno esprime è vincere alla play station con i figli. È l’assenza del padre a essere il problema.

In tutto questo quale è il ruolo del figlio?

Il ruolo del figlio dovrebbe essere relativo, perché sei figlio in relazione a qualcuno. Mentre il padre è una questione assoluto: se scegli di diventare padre, dovresti poi esserlo fino in fondo. Nello spettacolo disegno tre ragazzi, una ragazza e due ragazzi, che vivono con padri assenti, due dei quali si comportano come i figli. Questo sottrarre ai ragazzi la possibilità di ribellarsi, impediamo loro di farlo.

I figli cosa possono ereditare da questo tipo di padri?

Nulla. Si sta sottraendo sempre di più ai nostri figli il senso del limite il non saper dire di no. Un bambino e un adolescente sono per natura senza limiti, se non gli vengono insegnati è un disastro. Bisognerebbe quindi scuotere i padri e costringerli a essere tali.

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