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L'annuncio

Fondazione Dalmine, nuova casa per i 20 anni: progetto da 12 milioni nell’ex foresteria

La Fondazione uscirà dal perimetro aziendale di Tenaris dopo il recupero conservativo di un edificio degli anni '20.

La Fondazione Dalmine compie 20 anni e per l’occasione si regala un progetto ambizioso che la porterà fuori dal perimetro aziendale di Tenaris e le darà una nuova casa all’interno dell’ex foresteria di piazzale Leonardo da Vinci.

Ad annunciarlo sono stati la direttrice Carolina Lussana e il presidente di Tenaris Paolo Rocca, durante un evento a “Casa Dalmine” nel quale è stato anche tracciato un primo bilancio dell’attività portata avanti con costanza e determinazione in questi anni dalla Fondazione.

Un’iniziativa che richiederà un investimento di circa 12 milioni di euro, sostenuto in parti uguali da Tenaris e dalla Fondazione Fratelli Agostino ed Enrico Rocca: si tratterà di un recupero conservativo, su progetto dello studio Caruso Torricella e Associati, dell’edificio degli anni ’20 ideato dall’architetto Giovanni Greppi profondamente inserito in un quartiere storico della città di Dalmine.

“Dobbiamo dire grazie all’amministrazione presente e passata – ha sottolineato in apertura l’amministratore delegato di Tenaris Dalmine Michele Della BriottaDa loro abbiamo sempre avuto sostegno in questo percorso e pochi giorni fa abbiamo firmato la convenzione che ci consentirà di iniziare i lavori”.

Fondazione Dalmine
Il presidente Rocca a colloquio col sindaco di Dalmine Francesco Bramani

Lavori che, nei piani del presidente Rocca, si concluderanno nel marzo 2022: “Pensiamo di completarli in due anni – ha annunciato – Con la sua inaugurazione inizierà una nuova fase per la Fondazione, ancora più impegnata nella diffusione della cultura industriale, proiettando nel futuro l’immenso patrimonio che conserva”.

Per tradurlo in numeri significano 140mila fascicoli, 80mila volumi, centomila fotografie, 5.800 tra bozzetti e disegni, 900 audiovisivi, 900 oggetti, 32 mostre che hanno portato 42mila visitatori e ospitato oltre 31mila studenti.

Traguardi che, nei nuovi spazi, sono destinati a essere superati abbondantemente: “L’obiettivo è di portare 20mila studenti all’anno – ha spiegato Manuel Tonolini, responsabile area Education della Fondazione Dalmine – Ci saranno l’archivio, una sala consultazione, un centro culturale. Gran parte dell’edificio sarà legato al progetto Education con le scuole. Il primo piano e buona parte degli spazi li stiamo progettando a misura di studente, con sei grandi aule, laboratori, aree comuni per fare conoscenza e zone verdi per svolgere le attività. Ma non solo: abbiamo l’ambizione anche di portare la nostra attività dentro le scuole, chiudendo un cerchio iniziato 10 anni fa con i primi insegnanti che hanno bussato alla nostra porta chiedendo informazioni e materiali”.

Fondazione Dalmine
Carolina Lussana, che dirige la Fondazione Dalmine

Si tratta di uno scambio e di una contaminazione che sono sempre esistiti tra Dalmine e la Fondazione che, oltre ad aver ordinato, raccolto e conservato il proprio patrimonio ha potuto attingere anche dalle generose donazioni dei cittadini che inevitabilmente hanno legato il proprio nome a quello di un’azienda attorno alla quale si è sviluppata una città: “La Fondazione in questi anni ha provato a essere luogo di memoria dell’industria ma anche della comunità – ha ricordato Carolina LussanaE la memoria si costruisce con la partecipazione in prima persona dei protagonisti: in 20 anni abbiamo capito che il nostro patrimonio è solo la punta dell’iceberg delle esperienze condivise e assume senso e importanza solo se è vivo e accessibile. L’operazione della nuova sede si inserisce in questo quadro: la comunità ci ha dato fiducia, riconoscendoci come luogo di conservazione della memoria, noi vogliamo aprirci e favorire lo scambio generazionale”.

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La conclusione, affidata al presidente Rocca, è una lezione di cultura industriale: “Per noi la Fondazione non era solo un modo per riordinare, rendere pubblico e conservare un patrimonio unico. Volevamo dare forma alla nostra identità, ritrovare le nostre origini, ripercorrere la nostra storia per poterle raccontare nel mondo. Avevamo bisogno di dare un’identità comune a tutto il sistema, che ha fatto emergere due elementi cardine: la tenacia nel far fronte alle avversità e il profondo legame tra industria e comunità. Un senso di appartenenza che sentiamo anche lavorando dall’altra parte del mondo. L’ultima evoluzione della Fondazione ci aiuterà a diffondere il valore di una visione illuministica della società, con un approccio ai problemi basato su dati e fatti e non sull’istinto, sulla pianificazione e non sull’improvvisazione o sull’azzardo, sulla visione a lungo termine e sulla capacità di innovarsi sempre. Una visione razionale che si contrappone alla demagogia: è questa eredità che dobbiamo trasferire alle nuove generazioni”.

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