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Il lutto

Addio alla partigiana Pierina Vitali, coraggiosa “biondina della Val Taleggio”

È possibile visitare la salma alla chiesa di San Rocco, vicino all'ospedale di San Giovanni Bianco, da dove martedì 18 febbraio avranno inizio le esequie

Si è spenta la partigiana Pierina Vitali. Lo ha comunicato l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Anpi Valle Brembana nella serata di domenica 16 febbraio: “Ci ha lasciati serenamente all’età di 96 anni, Piera Vitali, partigiana, ‘la biondina della Val Taleggio'”.

In queste ore molti stanno esprimendo messaggi di cordoglio e vicinanza ai famigliari anche tramite i social. In un post su Facebook l’Anpi Valle Brembana scrive: “Il Presidente Claudio Plevani, il Direttivo e tutti i Soci della Sezione, porgono le più sentite condoglianze a tutta la famiglia. È possibile visitare la salma presso la Chiesa di San Rocco, vicino all’Ospedale di San Giovanni Bianco, da dove martedì 18 febbraio alle 14,45 avranno inizio le esequie funebri”.

Pierina Vitali

Piera Vitali, originaria di Sottochiesa di Taleggio e abitante di San Giovanni Bianco, è stata una coraggiosa staffetta partigiana. Da giovanissima si mise al servizio della Resistenza, facendo da collegamento tra le squadre partigiane in Val Taleggio e Valsassina.

Nel 1944 partecipò alla cattura di un alto ufficiale della Gestapo, un certo Dick. Pochi mesi dopo l’episodio che le segnò la vita: Piera venne mandata a Primaluna, in Valsassina, dove era imminente un rastrellamento fascista. Avrebbe dovuto condurre in salvo la moglie di un comandante partigiano. Con sé aveva una lettera di presentazione per la persona che non la conosceva. Durante il tragitto, però, venne fermata a un posto di blocco: non aveva nessun documento perché il suo nome ormai era diventato noto ai fascisti. Portata in caserma, fece a pezzetti la lettera che aveva con sé nascondendoli sotto una mattonella della cantina ma i militari la scoprirono e risalirono alla sua identità. Iniziarono, così, a torturarla: la misero al muro e si divertirono a sparare il più vicino possibile al suo corpo, ma lei non parlava: proseguirono con schiaffi, insulti e minacce finché un militare, stanco, disse agli altri di lasciarla stare perchè sarebbe stato inutile.

Venne trasportata al carcere a Monza dove rivide il colonnello Dick che, nel frattempo, era tornato in libertà. Quel giorno la chiamò “la biondina della Val Taleggio” e le propose di passare dalla sua parte, ma lei non accettò. E in cambio ricevette altri insulti e torture. Dopo qualche giorno venne condotta nella redazione del Corriere della Sera, il suo nome venne pubblicato e lei additata come soggetto pericolosissimo. Seguì un periodo in carcere a San Vittore finché venne caricata su un pullman diretto ai campi di concentramento tedeschi: ruppe un finestrino, si gettò e riuscì a fuggire con altri partigiani. Camminò per giorni finché riuscì a tornare a casa salva: era il 30 dicembre 1944, due mesi dopo la sua cattura. Finita la guerra venne riconosciuta dal governo come ex patriota combattente.

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