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Lo sguardo di beppe

Questa giustizia che non sembra uguale per tutti

Riforma Bonafede, prescrizione e lungaggini: penso di aver espresso con chiarezza il dubbio che ronza nella testa di moltissime persone che assistono attonite a questo duello all'ultimo sangue tra maggioranza e opposizione

Di norma, i problemi dibattuti in Parlamento dovrebbero rappresentare le necessità di tutta la popolazione e non di esigue minoranze, ma… siamo certi che il tribolato problema della prescrizione interessi la generalità della popolazione italiana?

Non pochi sospettano che il gran dibattere tra i differenti partiti di opposizione e una parte dei partiti di governo, nasconda il desiderio di stendere una rete protettiva riservata ad una sparuta minoranza, se si considera il numero di cittadini nei quali questo problema non suscita il benché minimo interesse. La “vox populi” non sempre da scartare, ma eventualmente da raffinare in alcune sue espressioni, sostiene che questo dibattutissimo argomento riguarda solo le persone che hanno problemi con la legge e che costoro siano una percentuale molto esigua della popolazione. Ne discende che gli interessi del popolo sono ben altri.

La maggior parte dei cittadini che nulla ha a che fare con procedimenti giudiziari, assiste attonita al dibattere del tema che nella sua prima stesura, certamente presenta qualche pericolo di troppo per coloro che son chiamati a rispondere alla legge perché, data la lentezza esasperante della giustizia, rischiano di morire da imputati prima di essere processati e dichiarati colpevoli o innocenti.

I  nostri politici ne han fatto una questione gigantesca, insormontabile al punto da mettere seriamente a rischio la sopravvivenza di questo governo. I toni meno concilianti non provengono solo da una destra irata contro la riforma Bonafede che, a dire il vero, se da una parte cerca di non lasciare impuniti il maggior numero possibile di reati, dall’altra sembra non essere controbilanciata da strumenti che velocizzino i processi e quindi, provochi un ingolfamento peggiore di quanto già si constati ai giorni nostri.

Il rafforzamento delle indagini preliminari potrebbe già essere un correttivo alla massa di cause che ingolfano i tribunali, ma l’equilibrio tra le differenti istanze non è certamente facile da trovare.

Il dubbio che cova in seno a ogni cittadino esente da problematiche giudiziarie è che ancora una volta, quella che ormai è definita la casta, sostenuta da un certo numero di persone e da entità giuridiche detentrici di grandi ricchezze, tenda a proteggersi da eventuali condanne per aver violato la legge, entro un lasso di tempo che non corrisponda all’intera vita delle persone e delle entità giuridiche sottoposte a giudizio. Il dettato dell’attuale legge prevede che se in primo grado un imputato viene condannato, la possibilità che il procedimento si prescriva viene a mancare fino a che l’iter processuale, nei suoi tre gradi di giudizio, non emetta il verdetto di innocenza o di colpevolezza.

Constatata, però, la durata pluriennale dei procedimenti penali nel nostro Paese, con l’applicazione della legge Bonafede, l’imputato resta appeso per lunghi anni al gancio della giustizia. La durata eccessiva dei processi non offende solo la parte sottoposta a giudizio, ma esaspera anche la parte offesa, costretta per anni interminabili a non veder sancito il suo diritto.

La materia non è delle più semplici, tant’è che con la legge approvata nel 2005 si tentò di dare un qualche respiro al numero enorme di processi da smaltire, con l’abbreviazione della prescrizione qualora si trattasse di reati di bassa o di medio-bassa gravità. Il tutto sta nell’individuare i criteri con i quali definire un reato di bassa o di medio-bassa gravità. Insomma siamo alla “vexata quaestio” già adottata dalla chiesa per classificare le colpe dei fedeli come peccati veniali o mortali. In una recente dichiarazione, il procutarore Nicola Gratteri definisce incivili i paesi che utilizzano la prescrizione.

I pareri su questo argomento dividono giuristi e Parlamento. Ma la domanda che continua a frullarmi in testa, sostenuta dai borbottii interpartitici della gente che ascolto, è la stessa che mi ponevo all’inizio di questa riflessione: una discussione così accesa tra le parti avverse su questo tema, non nasconde forse la paura che se i reati dei parlamentari o dei detentori di ricchezze non si prescrivono, anch’essi potranno assaggiare il gusto amaro della galera? Ed il fatto che su questo tema il governo rischi di franare la dice lunga a sostegno di questa tesi.

Perché negli altri Stati i tempi dei processi sono estremamente più corti di quelli italiani e il numero dei processi celebrati rappresenta una percentuale che va dal 10 al 20 per cento del totale? Per la ragione che la maggioranza degli imputati sceglie il patteggiamento. Ma c’è un’altra anomalia non irrilevante che contribuisce a dilatare i tempi dei processi che si celebrano: la possibilità, nonostante il patteggiamento, di ricorrere al grado di giudizio superiore.

Credo che una soluzione all’abbreviazione dei processi esista, ma il fatto che sull’argomento si spacchi lo stesso governo per via del leader di Italia Viva Matteo Renzi che ha dichiarato il voto contrario del suo partito al provvedimento, anche se rivisto e corretto in alcune sue parti, contribuisce ad alimentare il dubbio.

Ad esempio, si potrebbero allungare i tempi della prescrizione, legandoli ad ogni singolo grado di giudizio o vietare i ricorsi dopo i patteggiamenti. Se uno patteggia, significa che accetta il verdetto che contempla dei benefici alla pena determinata in funzione del reato commesso. Dotare i tribunali di maggior personale e di giudici in numero adeguato a smaltire la mole enorme di arretrati che li intasano, potrebbe essere un’altra logica parziale soluzione.

Credo però che in fondo in fondo, non sia campata in aria la percezione che la giustizia non è “uguale per tutti”. Il fatto che abili avvocati riescono a ottenere rinvii su rinvii, perché l’imputato può sopportare dispendiosissime parcelle, rappresenta il traguardo che pochi eletti vogliono raggiungere, incuranti che la fine del procedimento non rappresenta un verdetto di assoluzione. Ai comuni cittadini questo percorso, fatte salve rare eccezioni, non è consentito, non certo dalla legge, ma dal portafogli.

Quindi, il dubbio irriverente che la giustizia non sia proprio uguale per tutti, non è fondato sulla fantasia.

Chiedo venia per eventuali imprecisioni nell’uso del linguaggio giuridico, dovuto al fatto che non sono avvocato. Tuttavia penso di aver espresso con chiarezza il dubbio che ronza nella testa di moltissime persone che assistono attonite a questo duello all’ultimo sangue tra maggioranza e opposizione, quest’ultima rafforzata dal sostegno del più divisivo di tutti i parlamentari: Renzi. I bisogni della gente sono allocati altrove. Buona giustizia a tutti.

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