I primi dubbi li sollevò più di tre anni fa, nel dicembre 2016. Il vicepresidente del Senato, il leghista bergamasco Roberto Calderoli, espresse qualche dubbio e timore dopo l’omicidio della manager Daniela Roveri a Colognola, pochi mesi dopo quello di Gianna Del Guadio a Seriate.
“Fermo restando che ci sono indagini in corso e che le nostre forze dell’ordine e i nostri investigatori stanno lavorando bene e dobbiamo lasciarli continuare senza clamore e in tutta tranquillità, fatta questa premessa, leggendo le notizie di cronaca sul brutale omicidio di Colognola, confrontandolo con i dettagli emersi rispetto all’omicidio di Seriate, pensando all’età delle due donne, al fatto che sono state colpite entrambe alla gola ed entrambe a casa o nel condominio, non riesco a non pormi una domanda inquietante: non c’è la possibilità che un assassino seriale stia colpendo nella Bergamasca?” si era chiesto Calderoli.
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Giovedì 13 febbraio, durante il processo a carico di Antonio Tizzani, accusato dell’omicidio della moglie Gianna Del Gaudio, i carabinieri del Ris in base alle tracce di dna analizzate non hanno escluso un possibile collegamento tra i due delitti. A parlare, sul banco dei testimoni, il tenente colonnello Alberto Marino e il maresciallo Dario Cappati dei Ris di Parma, che hanno condotto le indagini scientifiche sull’assassinio Del Gaudio. I due esperti, in una lunga e dettagliata esposizione di fronte alla corte presieduta dal giudice Giovanni Petillo, hanno ricostruito il lavoro svolto in laboratorio su reperti e tracce di sangue legati ala morte dell’ex professoressa.
“Quando per primo ho ventilato l’ipotesi mi hanno preso per matto – commenta ora Calderoli -. Purtroppo tre anni e mezzo dopo emergono dettagli che vanno in quella direzione. Ovviamente spero di sbagliarmi, vediamo che succede”.
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