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Il lutto

Addio a Gigi Marone, agenda vivente e microfono del calcio di una volta

Aveva 83 anni: fu il primissimo a portare in televisione, negli anni Settanta, i talk show con il calcio bergamasco protagonista

È stato il primo vero almanacco del calcio bergamasco. Un’agenda vivente, nella sua testa erano registrati volti e nomi: se in qualche modo si occupavano di calcio, difficile (se non impossibile) sfuggire al suo microfono. Per raccontare un’impressione, una storia, un’emozione. Sempre in presa diretta, altrimenti non c’era gusto.

Gigi Marone non era un giornalista, non ha mai voluto esserlo e non si è mai ritenuto tale. Però la sua curiosità, anche la sua sfrontatezza nell’approccio con calciatori, dirigenti e allenatori avrebbero potuto insegnare molto a tanti, nel mondo della comunicazione. E in effetti qualche apprendista giornalista sportivo è cresciuto, alla sua ‘scuola’: se volevi, imparavi. Bastava metterci la grammatica (lui, Gigi, con quella un po’ litigava, preferiva ragionare sui numeri e la matematica), tanta passione e tanto tempo. Da dedicare al calcio, naturalmente e alla televisione.

Lui, se necessario, faceva anche il regista, il cameramen, il ‘giornalista’: bastava portare a casa il servizio, ovunque fosse. La partita, i gol, le interviste, le polemiche. Perché appena arrivava al campo capiva, dalle reazioni degli spettatori, dei dirigenti, che aria tirava e su quali domande puntare. Per poi sviluppare il tutto nel talk show settimanale.

Non erano tempi da social e nemmeno da telefonini o pay tv. Non c’era la concorrenza della Premier inglese, al massimo ’90° minuto’ che comunque non rubava certo spettatori alla domenica calcistica, su campi più o meno piccoli.

Marone su questi terreni era una specie di pass partout: conosceva tutti, dal custode del campo al presidente. E se non li conosceva, erano loro ad avere visto il Gigi in qualche trasmissione e perciò pronti a fargli strada per avvicinare prima possibile presidenti, allenatori, vincitori e vinti, ovviamente anche i giocatori magari ancora in accappatoio dopo una doccia volante, ma non si poteva rinunciare all’intervista. Di corsa, perché poi bisognava correre in tivù a montare il servizio.

Una bella scuola sul campo, perché dovevi essere sempre sul pezzo e soprattutto ti potevi costruire un archivio di conoscenze, reali non virtuali. Marone ti dava il la e, dopo i primi passaggi, cominciavi a districarti nell’ufficio facce e piazzare il microfono sotto il naso non era complicato, bastava avere l’intelligenza di non chiedere sempre ‘come si sente’ se uno aveva perso o ‘che cosa prova’ se aveva appena incassato quattro reti.

Marone li portava in tivù, con il suo fiuto capiva che il segreto era saperli intervistare senza interrompere continuamente, ma assecondandoli, magari in maniera un po’ ruffianesca ma efficace per la tv. Poi i personaggi si costruivano da soli: dal presidente del Dalmine Aurelio Giovinetti, una specie di Lotito più simpatico per le sue citazioni, al presidente della Trevigliese, Bertocchi, che poi avrebbe fatto anche le pubblicità pazze da imbonitore-venditore di mobili. Dai fratelli Sandro e Domenico Ghisleni, i patron della Virescit col loro faccione sorridente perché vincevano quasi sempre, al dottor Secomandi della Brembillese, la piccola squadra che aveva scalato dalla Seconda categoria alla Serie C, grazie alle cure del suo presidente medico. O Angelo Finazzi ambiziosissimo con la sua Intim Helen, che era poi la squadra di Telgate. Ma quello compariva meno in tivù, dove invece faceva audience il presidente del Verdello, Nozza. O quello dell’Albinese, Aldo Pezzoli. Tanto per citarne alcuni. E Marone stuzzicava e provocava.

E poi gli allenatori, non meno personaggi ma anche ben raccontati ai microfoni: che fossero Giancarlo Biffi o Luciano Magistrelli della Virescit, la squadra che il Gigi aveva visto crescere più di tutte e di cui era sicuramente più innamorato, oppure il mago di Lallio Gigi Bresciani col Leffe, Paolo Giupponi per la Brembillese, Nado Bonaldi per la Trevigliese, Angelo Passera del Verdello. I mister non erano poi tanto misteriosi davanti ai microfoni, si aprivano anche perchè Marone si avvicinava come uno di loro, senza mai essere troppo amico. Così con i giocatori, dai fratelli Astolfi a Zamuner, per dirla in ordine alfabetico, erano spesso belle storie colte al volo, al termine di una partita o dietro le quinte di un mercatino a Dalmine, o di un torneo notturno all’Olimpia di Borgo Palazzo.

Gigi Marone ha raccontato il calcio di un’altra epoca. Più alla mano. Con il sorriso, cercando sempre di dare risalto all’aspetto umano. Alla fine, non è solo il risultato che conta.

L’ultimo saluto a Gigi Marone sarà giovedì 13 febbraio 2020 alle 10,30 nella chiesa del Cimitero di Bergamo.

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