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36esima edizione

Trevi, Tuena, Parazzoli, Fusini, Pincio: i finalisti del Premio Narrativa Bergamo 2020

Sorteggiata la giuria popolare

Giovedì sera il Premio Nazionale di Narrativa Bergamo ha rivelato al pubblico i cinque titoli finalisti e i nomi dei loro autori con una cerimonia che si è tenuta nella splendida cornice della Sala Achille Funi di UBI Banca, un luogo storico e particolarmente caro al Premio, che già negli anni passati aveva accolto le precedenti edizioni. Luca Gotti, Responsabile della Macro Area Territoriale Bergamo e Lombardia Ovest di UBI Banca, dando il benvenuto a tutti i presenti, ha sottolineato come la vicinanza a progetti culturali ed artistici, tra cui il sostegno al Premio Narrativa Bergamo, è parte integrante dell’azione di UBI Banca a favore del territorio.

L’introduzione ufficiale alla 36esima edizione è stata del presidente Massimo Rocchi che ha sottolineato l’importanza di questi anni di attività che prosegue, con l’aiuto dei soci e degli sponsor che lo sostengono, nel suo compito di mantenere un appuntamento letterario di prestigio e di stimolo alla cultura, vista la consueta partecipazione allargata che ne testimonia il riferimento stabile e consolidato per chi ama i libri e gli scrittori.

Andrea Cortellessa, noto critico letterario e componente del Comitato Scientifico del Premio, ha presentato i cinque libri finalisti analizzando come sempre dettagli e particolarità della scrittura di ognuno, con la sua consueta profondità di lettura che ha stimolato curiosità e interesse nel pubblico presente in sala.

I finalisti del Premio Bergamo 2020 sono:

“Sogni e favole” di Emanuele Trevi (Ponte alle Grazie 2019)

“Le galanti” di Filippo Tuena (Il Saggiatore 2019)

“Il grande peccatore” di Ferruccio Parazzoli (Bompiani 2019)

“Maria” di Nadia Fusini (L’arcipelago Einaudi 2019)

“Il dono di saper vivere” di Tommaso Pincio (Einaudi Stile Libero Big 2018)

“Sogni e favole” di Emanuele Trevi (Ponte alle Grazie 2019)

libri finalisti premio narrativa 2020

Roma, 1983. Il Novecento brilla ancora. Emanuele, neppure ventenne, lavora in un cineclub del centro. Una notte, al termine di un film di Tarkovskij, entra in sala e vi trova un uomo solo, in lacrime. È Arturo Patten, statunitense trapiantato a Roma, uno dei più grandi fotografi ritrattisti. Per tutto lo scorcio del secolo, Emanuele ascolterà la lezione del suo amico, Lucignolo e Grillo Parlante assieme, che vive la vita con invidiabile intensità, e grazie a lui incontrerà Cesare Garboli, il «grande critico» cui è qui dedicato uno splendido cammeo, che prima di morire gli affiderà
la missione di indagare su Metastasio e sul suo sonetto Sogni, e favole io fingo. «Favole finge» tutta la grande letteratura moderna qui evocata, da Puškin a Pessoa fino ad Amelia Rosselli, somma poetessa italiana del Novecento, che abita nella stessa strada di Arturo e che come lui lascerà la vita per scelta; Emanuele incontrerà più volte quel meteorite umano, sempre in fuga da oscuri e spietati nemici, e con Arturo è lei, e la sua eredità, l’altra protagonista di questo folgorante «libro strano» di Trevi – romanzo autobiografico e divagazione saggistica assieme, sette anni dopo Qualcosa di scritto. Arturo, Amelia, Metastasio guidano lui e noi nel cuore di una Roma piovosa e arcaica, nel cerchio simbolico della depressione e dell’insensatezza, verso l’approdo vitale dell’illusione: se, come scrive Metastasio, le storie inventate suscitano in noi la stessa commozione delle vicende reali, forse di sogni e favole è fatta la vera vita.

“Le galanti” di Filippo Tuena (Il Saggiatore 2019)

libri finalisti premio narrativa 2020

Lo scenario allestito da Filippo Tuena nelle Galanti è una Wunderkammer sorprendente di storie, immagini, ricordi, incontri amorosi, le cui stanze hanno ornamenti Rococò, baldacchini ottocenteschi, ceramiche protocorinzie e lampadari Art Nouveau. Chi vi entra può scorgervi il passo agguerrito di Ulisse, gli occhi avvitati al passato di Van Gogh, i fianchi sensuali dell’Ermafrodito. Qui Roma brucia ancora una volta e crollano le alte mura di Troia, l’Italia è invasa dai nazisti e la Medusa di Géricault veleggia verso l’ignoto – mentre lì vicino, a pochi metri di
distanza, si consumano feste galanti in cui coppie di giovani amanti si avvinghiano sul talamo del più sfrenato erotismo. Un’opera-mondo, Le galanti, che ha il gusto della storia umana e il sapore dell’introspezione biografica. In queste pagine Filippo Tuena ha convocato tutte le sue muse artistiche, letterarie e pittoriche, da Michelangelo a Velázquez, da Venere alle Sirene omeriche, da Bernini a Stendhal, per raccontare le loro storie e farci scoprire come le ha incontrate; e ha riavvolto i fili di tutti gli amori di una vita: quelli passionali, quelli drammatici e quelli
consumati solo nella luce fioca della letteratura. Un viaggio diurno e notturno fatto di narrazioni, ekphrasis raffinate, poesie e riflessioni accumulate nell’arco di una vita intera. Diventate libri, a volte, altre volte invece rimaste in apnea nella ghiacciaia dell’immaginazione, e raccolte tutte qui – mutata veste – nella loro dialogante complessità, a comporre il libro definitivo di un autore magistrale.

“Il grande peccatore” di Ferruccio Parazzoli (Bompiani 2019)

libri finalisti premio narrativa 2020

Uscito dopo quattro anni dal penitenziario siberiano di Omsk, Fedor Michailovich è un uomo profondamente malato ma assetato di vita e di gloria letteraria. Nel suo animo, diviso tra l’orrore e l’attrazione del male, si agitano sentimenti opposti: l’amore, di cui va alla disperata ricerca, il rifiuto di concedersi, chiuso in un esasperato egocentrismo, e l’insanabile passione per il gioco d’azzardo. Chi lo racconta è Razumichin, personaggio di Delitto e Castigo, e amico di Raskòlnikov. Razumichin vive di espedienti, è un giovane ambizioso, cinico, roso dall’invidia e pazzo di ammirazione verso chi è ciò che lui vorrebbe essere: un grande scrittore, un uomo capace, come Dostoevskij, di perdersi e mettersi a rischio fino in fondo. Seguirà ovunque Fedor Michailovich. palesemente o di nascosto, fin dal suo ritorno a Pietroburgo, nel suo fanatico innamoramento per Marija e nelle drammatiche vicende del loro matrimonio, nei più abbietti bassifondi, nei viaggi attraverso l’Europa, nella disperata avventura con Polina Suslova, nelle miserie di accanito giocatore. Guidato da un amore-odio, che rasenta l’omosessualità, per il suo idolo, Razumichin diventa l’ossessionato e ossessivo biografo di un Dostoevskij sconosciuto agli ammiratori di ogni tempo. In questo appassionato romanzo, antibiografia di un grande scrittore, Ferruccio Parazzoli è entrato in ogni particolare della vita di Dostoevskij, scoprendola e raccontandola nei risvolti più intimi, con l’amore e la spietatezza con cui un figlio guarda al proprio padre.

“Maria” di Nadia Fusini (L’arcipelago Einaudi 2019)

libri finalisti premio narrativa 2020

«Sono venuta a confessare un delitto». È una creatura docile e gentile a proferire questa frase terrificante. Si chiama María, ha la fissità di una statua e negli occhi una luce ardente, la stessa dell’isola da cui proviene. L’agente di polizia che in Questura redige la confessione, pur intuendone la pericolosa ambiguità, resta ammaliato e desidera immediatamente conoscere ogni cosa di lei – forse perché, a volte, orientarsi nella vita di una donna significa per un uomo avvicinarsi con ostinazione a se stesso. Fra l’aspirazione al divino e la condanna di avere un corpo, María racconta la sua storia. E rievoca quando rinunciò a tutto per andare a vivere con quello che sarebbe diventato suo marito e insieme il suo carceriere: le loro notti di amore accanito e la vergogna del giorno dopo, la gabbia della gelosia e il miracolo della libertà che non si compie mai. Ammette di essere finita nel labirinto di una passione tanto ineluttabile quanto assassina. Adesso sta
scappando, alla ricerca del suo unico figlio. Nadia Fusini, dopo aver prestato la voce a Virginia Woolf ed Emily Dickinson, Mary Shelley, Katherine Mansfield e Sylvia Plath, disegna una figura di donna che resterà a lungo nella mente del lettore. Con appassionata intensità e nitido rigore, ci guida nei tormenti di una storia d’amore in cui verità e menzogna si spartiscono quel niente che il destino lascia nelle mani degli uomini. E delle donne.

“Il dono di saper vivere” di Tommaso Pincio (Einaudi Stile Libero Big 2018)

libri finalisti premio narrativa 2020

Esiste un dono del saper vivere, uno speciale talento nello stare al mondo, senza il quale ogni altra qualità finisce per risultare inutile? E che cosa puoi fare se scopri che non hai quel dono? Con queste domande, che prima o poi chiunque si pone nel corso dell’esistenza, ho fatto i conti per anni, lavorando in un luogo che somigliava alla fortezza del Deserto dei Tartari, una galleria d’arte situata nella stessa strada in cui Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, uccise e si avviò a una fine rovinosa. Ci ho fatto i conti perseguitato dal fantasma di un uomo che al genio artistico univa una spiccata propensione a cacciarsi nei guai, tanto da spingere un insigne studioso ad affermare che, seppure incredibilmente dotato, Caravaggio non disponeva del dono di saper vivere. Ci ho fatto i conti per anni, finché un giorno ho pensato che fosse il caso di risolvere la partita scrivendo un romanzo, ignaro, o almeno non abbastanza consapevole, che il raccontare può rivelarsi una maledizione Nella cella della prigione in cui è rinchiuso, un uomo narra la sua storia. E dal fondo della propria disfatta si domanda che cosa significhi saper vivere, se davvero esista qualcuno con un simile talento. Un talento che mancava persino a Caravaggio, l’artista da cui l’uomo è ossessionato. È questo l’innesco del nuovo libro di Tommaso Pincio, tra i piú originali scrittori italiani della sua generazione. Un vertiginoso gioco di specchi che sorprende il lettore, lo spiazza, non lo fa mai sentire al sicuro. Non è un romanzo su Caravaggio, ma forse è il piú appassionato, inedito ritratto che del pittore sia mai stato realizzato. Non è un’opera di fiction, e neppure un testo autobiografico. È il tentativo struggente di confessare che impresa fallimentare, antieroica, sia vivere, per ciascuno di noi.

Modalità di voto

Al termine sono seguite le comunicazioni del Segretario Generale Flavia Alborghetti riguardo le modalità di consegna delle schede voto (entro il 14 aprile) il ritiro dei libri per i giurati (da lunedì 4 febbraio) e la composizione della Giuria Popolare: 60 gli adulti (45 estratti fra oltre 300 richieste pervenute + 15 giurati storici e onorari), 40 giovani (selezionati su 150 domande), una dozzina di associazioni culturali (fra cui due gruppi del carcere) e 10 scuole. Infine, con sorteggio pubblico, è stata ufficializzata anche la composizione della Giuria Popolare con più di 25 anni (tutti gli elenchi della giuria saranno pubblicati nel sito a breve): le 45 persone estratte da tutta Italia, riceveranno via mail la lettera ufficiale di nomina e i residenti fuori provincia riceveranno per posta i libri finalisti in omaggio.

Gli incontri con gli autori

Il calendario degli incontri, condotti dalla scrittrice e docente Maria Tosca Finazzi con i finalisti, alla Biblioteca Tiraboschi alle 18.00, tranne giovedì 19 alle 18.30, è così suddiviso:

GIOVEDI’ 5 MARZO – EMANUELE TREVI
GIOVEDI’ 12 MARZO – FILIPPO TUENA
GIOVEDI’ 19 MARZO – FERRUCCIO PARAZZOLI
GIOVEDI’26 MARZO – NADIA FUSINI
GIOVEDI’2 APRILE – TOMMASO PINCIO

La cerimonia di premiazione

Infine, la cerimonia di premiazione, alla presenza di tutti e cinque i finalisti sabato 25 aprile alle ore 16.30 – Auditorium- p.za Libertà – Bergamo nell’ambito della 61° Fiera dei Librai organizzata da Liber e Promozione Confesercenti- La serata, realizzata in collaborazione con il Comune di Bergamo e con l’Associazione Il Cavaliere Giallo, sarà condotta dal giornalista Max Pavan e le letture saranno dell’attore/doppiatore Niseem Onorato. Ci sarà un prestigioso intervento musicale di Matt Loqi che si esibirà in acustico con la sua “astropentola” l’handpam.

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