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Non metterla da parte

Henri Cartier-Bresson: l’attimo decisivo nella fotografia. E nella vita

Bresson entra a far parte della resistenza francese e viene fatto prigioniero per ben tre volte dai nazisti, riuscendo sempre a scappare. A New York, credendolo morto, si ha l’idea di organizzare una mostra celebrativa in suo onore al MoMA: il fotografo tornerà tempo in città per organizzare da solo la mostra in questione.

Il protagonista dell’articolo di oggi è Henri Cartier-Bresson: nato nel 1908 in Francia, pioniere del fotogiornalismo, venne soprannominato “l’occhio del secolo” a causa della sua capacità di cogliere, con la sua arte, l’essenza di un intero secolo e della società dei suoi giorni.

Leggendo di lui si scopre che fu uno dei rappresentanti della fotografia di stampo surrealista: il surrealismo, nato nel 1924, esalta l’inconscio come nuova chiave di lettura della realtà ed è proprio la fotografia ad essere uno delle forme d’arte più utilizzate dagli artisti che aderiscono a questa corrente. La realtà è ambigua, non definibile e i soggetti diventano misteriosi nel momento stesso in cui vengono fotografati.

La realtà che Bresson sa rappresentare così bene da essere definito occhio del secolo è quindi una realtà poco definita, dai contorni sbiaditi e cancellati, qualcosa che si riesce a cogliere solo ammettendo l’impossibilità effettiva di coglierlo. Il percorso artistico di Bresson parte dalla pittura e, solamente nel 1932, l’artista compra una Leica e si trasforma in ciò che è scritto che diventi.

Nonostante il suo campo d’azione sia quello del fotogiornalismo e quindi di una fotografia più pratica che ideale, egli non perderà mai di vista l’aspetto artistico del suo lavoro.

Quello che un buon fotografo deve cercare di fare è mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio.” -H. Cartier-Bresson

L’opera che Bresson, in quanto fotografo, si sente in dovere di compiere è quella di conservare gli attimi che in successione compongono la realtà. L’artista, ma soprattutto il fotografo, ha il dovere di bloccare attimi che altrimenti sarebbero solamente secondi in mezzo ai secoli, piccoli angoli in un universo intero, e di congelarli in un’eterna essenza di cristallo.

Bresson viaggia, conosce, scatta, osserva, scatta di nuovo.

Il mondo non è più così grande se lo si osserva nelle sue fotografie in bianco e nero che, oltre a segnare un’epoca, hanno anche segnato un nuovo modo di fare arte. Infatti Henri Cartier-Bresson, oltre ad essere icona fondamentale del suo tempo, è considerato anche teorico dell’attimo decisivo, pensiero per cui il compito del fotografo sarebbe quello di scattare la fotografia nell’istante esatto in cui mente, cuore e occhio si allineano, ovvero nell’attimo volto a catturare l’essenza della situazione alla quale ci si trova davanti cosicché la fotografia si trasformi in un “riassunto-immagine” di un tempo e di uno spazio ben definiti e che, in quella esatta combinazione, non potranno tornare più.

Ogni volta che premo il pulsante dello scatto, è come se conservassi ciò che sta per sparire.” -H. Cartier-Bresson

L’arte di cogliere l’attimo, potremmo definire così l’opera di Bresson, ha ruolo centrale nella vita del fotografo: è passione, dolore, cura. Come qualsiasi amore profondo esso si manifesta in maniera diversa ogni giorno, ma sempre conservando la propria indispensabilità affinché l’artista possa continuare a vivere. Perché funziona così con le passioni: amore, odio e fatica si fondono in un composto di pura forza a cui, una volta provato, non si può rinunciare più.

Una volta, non ricordo più dove, mi hanno chiesto cosa pensavo della Leica e ho detto che poteva essere un bacio bollente e appassionato, poteva essere anche un colpo di rivoltella, poteva essere il lettino dello psicanalista. Si può fare tutto con la Leica.” -H. Cartier-Bresson

Aneddoto divertente: Bresson entra a far parte della resistenza francese e viene fatto prigioniero per ben tre volte dai nazisti, riuscendo sempre a scappare. A New York, credendolo morto, si ha l’idea di organizzare una mostra celebrativa in suo onore al MoMA: il fotografo tornerà tempo in città per organizzare da solo la mostra in questione.

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