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Cinema

La recensione

Piccole donne tornano nel nuovo millennio, alla luce dell’emancipazione femminile

Un film di cui abbiamo bisogno, ora più che mai, soprattutto alla luce degli ultimi spiacevoli accadimenti.

Titolo: Piccole donne

Regia: Greta Gerwig

Attori: Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Timothée Chalamet

Durata: 135 minuti

Giudizio: ****

Programmazione: UCI Cinemas Orio

Eccole: per l’ennesima volta nel corso della storia, tornano le Piccole donne. Meg, Jo, Amy e Beth. Eppure di loro non ne abbiamo mai abbastanza. I personaggi femminili del romanzo di Louisa May Alcott, pietra miliare del percorso di formazione di ogni bambino, evolvono nel tempo; e con i cambiamenti di ogni epoca, chiedono di essere ri-narrate, perché proprio loro ci narrano di noi.

Specchio della femminilità odierna, le Piccole donne della Gerwig, regista dell’acclamato Lady Bird, ci mostrano la forza e la bontà di pensieri e azioni sovversive, volte a stravolgere un sistema di valori ormai antiquato. Matrimonio o morte, dice l’editore newyorkese a Jo. Beh, ormai non è più così, o almeno non dovrebbe esserlo. Nella testa e nel cuore delle donne c’è molto di più.

La trama si ripete pressoché identica a quella originale, eccezion fatta per un finale che porta il segno di un’emancipazione finalmente riuscita, che nel libro mancava.

Jo, interpretata dalla musa della Gerwig, Soairse Ronan, tiene in mano le redini di tutta la vicenda. Orgogliosa, sognatrice e combattente, si fa carico del peso di lottare per i suoi diritti di donna, in un mondo fatto di uomini. Intorno a lei, una costellazione di donne, altrettanto forti, che con le loro personalità costituiscono un nucleo familiare caotico ma armonioso, animato da amore e rispetto.

Quattro sorelle, quattro amiche, che si amano più di ogni altra cosa al mondo. E anche qui è terribile, tanto quanto lo era nel libro, quando una di queste viene a mancare.

Unite oltre ogni cosa, intuiscono che l’amore è un privilegio, e non un obbligo; che il matrimonio dovrebbe essere una scelta dettata dalla felicità, e non un contratto economico da stipulare tra uomo e donna.

Tuttavia, queste donne riescono a brillare grazie anche alla capacità degli uomini che hanno intorno di riconoscere e rispettare la loro indipendenza. Efficace l’interpretazione di Timothée Chalamet, nei panni del fascinoso Laurie. Quasi ininfluente, invece, l’interpretazione di Louis Garrel nei panni del professor Bhaer (peccato, mi vien da dire).

Insomma, un inno alla libertà individuale, contro a quei limiti di genere che ancora dominano la società. Un film di cui abbiamo bisogno, ora più che mai, soprattutto alla luce degli ultimi spiacevoli accadimenti; e di cui continueremo ad avere bisogno, finché non sarà ben chiaro a tutti che per ogni donna, oltre al matrimonio e alla bellezza, c’è molto ma molto di più.

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