La pesante reazione annunciata dall’Iran contro gli Stati Uniti dopo l’omicidio del generale Qassem Soleimani è arrivata: nella notte italiana tra martedì 7 e mercoledì 8 gennaio una pioggia di missili lanciati da Teheran hanno colpito due basi americane in Iraq.
L’attacco principale a Ayn ak-Asad mentre i militari italiani presenti a Erbil sarebbero riusciti a rifugiarsi in bunker antiaerei.
Donald Trump, che aveva ordinato al Pentagono l’attacco al generale iraniano venerdì scorso, ha affidato momentaneamente a Twitter le sue prime parole: “Va tutto bene – ha scritto – Missili lanciati dall’Iran a due basi militari in Iraq. Stiamo facendo una ricognizione dei danni e delle vittime in queste ore. Finora va bene! Abbiamo le truppe più forti e meglio equipaggiate al mondo! Rilascerò una dichiarazione in mattinata”.
C’è grande attesa per le parole che arriveranno mercoledì dalla Casa Bianca, dopo che a ridosso dell’attacco il tycoon ha incontrato il capo del Pentagono Mark Esper e il segretario di Stato Mike Pompeo.
I rapporti tra le due Nazioni non sono mai stati così tesi: l’Iran ha già avvertito gli Usa che un eventuale contrattacco produrrebbe reazioni contro gli stessi Stati Uniti e Israele, anche se il ministro degli Esteri Javad Zarif ha negato di voler iniziare così una guerra.
Zarif ha parlato di vendetta per l’uccisione di Soleimani e di misure di auto-difesa proporzionate, attaccando la base dalla quale è partita l’operazione contro il generale.
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