• Abbonati
L'intervista

La storia di Giada: “Non ci si ammala di anoressia, ci si ammala di carezze risparmiate”

Giada ha 21 anni e un profilo Instagram. In passato ha sofferto e non ha la minima intenzione di nasconderlo. È stata ed è tutt’ora forte, così forte da voler dedicare parole, post e lunghe didascalie a un problema troppo spesso taciuto e ignorato: quello dei disturbi alimentari.

Giada Salvi è una ragazza bergamasca di 21 anni, studia psicologia e, come la maggior parte delle persone su questa terra, ha un profilo Instagram: @babasalvi. Al contrario però di quanto fanno gli altri, a lei non interessa mostrare, falsamente, quanto perfetta sia la sua vita né quanto bene lei si senta. Giada infatti in passato ha sofferto e non ha la minima intenzione di nasconderlo. Giada è stata, ed è tutt’ora, forte, così forte da voler dedicare parole, post e lunghe didascalie a un problema troppo spesso taciuto e ignorato: quello dei disturbi alimentari. A tal proposito noi di BGY le abbiamo posto qualche domanda:

Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?

Ho 21 anni, nella vita studio psicologia e lavoro in un bar.

Come stai oggi?

Oggi posso dire di stare finalmente bene.

Girovagando nel tuo profilo di Instagram è ancora possibile vedere segni del tuo periodo difficile, qual è il senso di tenere quel genere di testimonianza?

Sicuramente non è stato semplice decidere di mostrare la parte più fragile di me, nonché la meno “attraente”, al popolo dei social. Se ho scelto di farlo è perché ho ritenuto più importante denunciare la drammaticità di questo disturbo piuttosto che preservare “l’immagine perfetta” che mi ero costruita.

In questi casi il messaggio visivo può essere più forte di quello verbale?

Si, sicuramente. Ho letto che il nostro cervello è 60.000 volte più veloce a elaborare immagini rispetto a un testo scritto. Volevo che la gente si scontrasse con una realtà non filtrata che, se pur cruda, avrebbe celato il vero volto del disturbo di cui soffrivo. Volevo illuminare quella parte d’ombra a molti sconosciuta, far luce sugli effetti impietosi della devastazione. Solo una fotografia ne sarebbe stata capace.

Non tutti sono preparati ad affrontare una situazione del genere, quale potrebbe essere la risposta migliore da parte di: un genitore, un fidanzato, un amico?

Siamo tutti impreparati di fronte al dolore. Certo ritengo sia molto importante la vicinanza emotiva dei familiari nonché il loro atteggiamento nei confronti del problema. Il consiglio che mi sento di dare ai genitori è quello di non minimizzare la sofferenza, piuttosto riconoscerla, accettarla. Pazienza, affetto e sensibilità sono le parole chiave per accompagnare la persona che soffre in un percorso di rinascita. Credo che gli amici non abbiano sempre gli strumenti adatti per rapportarsi con il dolore dell’altro; per questo, la loro presenza è importante solo quando sincera e non giudicante. In balia della tempesta interiore, la persona che ami diventa la luce di un faro nella notte più buia. Io sono stata fortunata: l’amore incondizionato del mio fidanzato mi ha salvata, dandomi la forza di tornare a vivere… stavolta per davvero!

Giada Salvi

In che periodo della tua vita sei stata colta da questo momento molto difficile?

I disturbi alimentari, come qualsiasi altra malattia, hanno un tempo di incubazione prima che si manifestino sintomi evidenti. Io soffrivo già da molto prima… ed è quel “prima” che va interrogato, analizzato, approfondito.

Capita sempre più spesso che la persona con disturbo alimentare venga colpevolizzata, come se l’anoressia fosse un atteggiamento volontario. Che cosa vorresti dire ad una ragazza/o che si trova ad affrontare questa situazione?

Come diceva De Andrè “per tutti il dolore degli altri è dolore a metà…”. Il mio consiglio è quello di eliminarsi almeno temporaneamente dai social perché in un momento così delicato, il confronto con la “meravigliosa vita degli altri” diventa inconsciamente ossessivo e amplifica sentimenti auto-svalutativi. Credo sia importante svolgere attività piacevoli a contatto con gli altri. In questo modo spostiamo l’attenzione morbosa da noi stessi verso il mondo e riprendiamo contatto con la realtà che ci circonda.

Se potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti alla Giada del passato?

La abbraccerei soltanto.

Nel tuo profilo Instagram, in una storia, si legge “anche nei vicoli ciechi si può aprire una porta inimmaginabile”, qual è la porta più grande che Giada, rispetto al passato, ha aperto?

La consapevolezza, per me, è stata la chiave per spalancare la porta che si apre sulla vita.

Giada Salvi

L’anoressia per molti, troppi, è “Non è nulla, cosa ti costa mangiare un po’ di più?”, cosa diresti a queste persone?

A queste persone consiglierei di non sprecare parole sterili: a volte, la voce migliore non è quella che parla, ma quella che ascolta.

“Non ci si ammala di anoressia […] ci si ammala di tristezza, di carezze risparmiate, di sofferenze mai svelate” Qual è il senso di queste parole?

Con questa frase voglio sottintendere un concetto importante, per cui chi soffre di un disturbo alimentare nasconde un “dolore dell’anima” ben più profondo, celato. Sul corpo si materializza il tormento interiore, una sofferenza che proprio perché sconosciuta e apparentemente insensata, si tenta di far scomparire. In che modo? Perdendo peso per “farle perdere” consistenza, dimagrendo per far “dimagrire” anche il dolore. Non esiste nulla di più sbagliato.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI