• Abbonati
Bergamo nel cuore

Tanti auguri al capitano Stromberg, lo svedese col cuore nerazzurro

Glenn Stromberg domenica 5 gennaio compie 60 anni e ormai da più di 25 vive a Bergamo girando per l'Europa commentando il calcio inn tv

La sera prima della festa il capitano aveva la febbre e non giocò, l’ultima partita di campionato a Bergamo, il 17 maggio 1992 contro il Torino di Mondonico.

Il capitano, quel capitano che per otto anni aveva vestito la maglia nerazzurra e non avrebbe mai accettato di trasferirsi altrove, qualche settimana prima aveva chiesto un colloquio al presidente. Che anche allora era Antonio Percassi. E pensava, il pres, di rinnovare il contratto a quel giocatore esemplare, che avrebbe voluto tenere tutta la vita in nerazzurro.

Invece la decisione del capitano era un’altra, quella di abbandonare il calcio a fine stagione.

Perfino l’allenatore, Bruno Giorgi, pure lui alla sua ultima partita a Bergamo, allargava le braccia sconsolato dopo l’amichevole di Rivolta: “Gliel’ho anche detto, ma come, ti ammali proprio adesso? Io credo che dovrebbe riuscire a giocare, anche per poco, vorrà dire che lo toglieremo subito…”.

Niente da fare. Poco meno di dieci giorni dopo allora, il 27 maggio, viene organizzata allo stadio la prima edizione del Trofeo Bortolotti, con Juventus, Borussia Dortmund e naturalmente Atalanta. Per ricordare Cesare Bortolotti ma anche per salutare il capitano: Glenn Stromberg.

Dopo il gol di Mirko Poloni avviene il commovente passaggio di consegne, Glenn abbraccia Montero che lo sostituisce e lascia per l’ultima volta il campo di Bergamo. Poi l’abbraccio ad Achille Bortolotti, che consegna al capitano il trofeo.

I tifosi nerazzurri ancora non ci credono, eppure è proprio vero: Stromberg abbandona il calcio, non intende più continuare, eppure ha solo 32 anni. Un anti-personaggio, che qualche mese prima, durante l’ultimo ritiro estivo, aveva detto: “Preferisco che su di me non si facciano titoli. Meno si parla, meglio è”.

E ancora: “Che cosa è cambiato rispetto a quando sono arrivato in Italia? Niente. C’è più televisione che parla di sport? Forse, ma io la seguo poco, comunque preferisco vedere un bel film”.

Libero o centrocampista? “Lo sapevo che giocando da libero avrei trovato un cammino tutto in salita, ma non ci penso più di tanto, io ho sempre fatto quello che mi chiedeva l’allenatore”.

Anche quando Glenn fu impiegato come centravanti? E lui rispondeva: “Io parto da un presupposto: prima viene la squadra, poi i miei interessi. Voglio dire che se la squadra può trarre qualche beneficio è questo che conta di più, non tanto che io possa fare brutta figura. Bisogna essere disponibili anche a qualche sacrificio per il bene della squadra. Negli ultimi anni ho fatto il play maker basso come nella nazionale svedese, se poi qualche volta mi hanno cambiato ruolo è perché sono un giocatore tuttofare, faccio tutto abbastanza bene senza eccellere in un ruolo particolare”.

Un signore, Glenn: chi non lo vedrebbe bene nell’Atalanta di Gasp? Oggi in Italia si parla quasi soltanto di due calciatori svedesi, Kulusevski è il fenomeno appena scoperto e lanciato dall’Atalanta, ha solo 19 anni e come gli ha augurato l’Atalanta, che lo ha venduto, “si prepara a una luminosa carriera nella Juve”. L’altro ha il doppio dei suoi anni, ne ha 38 ed è il fenomeno di ritorno, Ibrahimovic. Il Milan? “Casa mia”, dice, ma ha giocato e vinto anche con Juve, Inter, Ajax, Barcellona, Paris Saint Germain, Manchester United…

Forse quello di Glenn era proprio un altro calcio. Ma c’erano Van Basten, Gullit, Rijkaard, Baresi e Costacurta nel Milan quando ha lasciato, Cabrini, Scirea, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek nella Juve quando Glenn è arrivato in Italia e il Verona ha vinto lo scudetto e, l’anno dopo, Diego Maradona nel Napoli per vincere poi due scudetti. Insomma, sarà stato un altro calcio, ma quelli non erano proprio scartini.

E l’Atalanta aveva Evair e Caniggia e tanti altri ottimi giocatori, Ferron, Fortunato, Nicolini, Bonacina e un campione di correttezza, un esempio dentro e fuori dal campo: Glenn Stromberg, ex olimpico di ping pong, che dopo Goteborg e Benfica arriva a Bergamo. Accolto come una star, migliaia di tifosi lo acclamano sotto la sede dell’Atalanta, quando si affaccia alle finestre di viale Giulio Cesare. E lui si mette al servizio della squadra, scende in B ma trascina la squadra anche nelle notti europee, l’indimenticabile semifinale col Malines. Bergamo e l’Atalanta sono davvero casa sua. E quando non si sente più in grado di continuare con la stessa energia preferisce farsi da parte.

Il calcio? Ora preferisce spiegarlo commentando le partite a chi lo guarda in tv: troppo stress stare in panchina, fare l’allenatore o il dirigente. Prima viene la qualità della vita. E Stromberg, che ha commercializzato in Svezia vari prodotti (non solo casoncelli), dopo 25 anni di vita qui è sicuramente molto bergamasco. Anche nell’accento.

Domenica 5 gennaio saranno 60 anni per l’ex numero 7 svedese dalla chioma bionda. Tanti auguri, Glenn.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI